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Montagne del Pakistan sotto schiaffo Covid19

Dai 4.700 metri del Khunjerab pass la Cina è veramente vicina al Pakistan. Il “Grande Corridoio Economico”, che dal Kunjerab porta all’oceano Indiano percorrendo prima l’Hunza valley e poi quella dell’Indo puntando dritto al mare (dove hanno costruito una loro città portuale), è più un portone spalancato. È stato voluto dai cinesi con la determinazione “imperiale” che li caratterizza e concordato pochi anni fa con il Governo del Pakistan, investendoci decine di miliardi di dollari.

Si temeva che il Covid-19, dopo esser transitato in quota con le migliaia di tecnici e operai cinesi, sarebbe dilagato nelle valli dell’Hindu Kush, del Karakorum e dell’Himalaya pakistani. Per la verità, i pakistani temono anche i contagiati siriani che si muovono più o meno clandestinamente nelle aree tribali ai confini con l’Afganistan. Ma, complice probabilmente la giovane età della popolazione, i danni sono contenuti (almeno rispetto a quelli ai quali ci siamo abituati in Italia), anche se il fatidico picco non sembra ancora raggiunto. In morti sino ad ora sono 9 e 650 gli infettati dall’inizio con un incremento giornaliero di una decina di casi.

Quello che nel frattempo è diventato un dramma è la situazione socioeconomica della popolazione che negli anni scorsi aveva vissuto positivamente il boom di turisti interni pakistani, passati da 35.000 di 8 anni fa ai 2 milioni dello scorso anno. Quest’anno il flusso è vicino allo 0 e i 10.000 tra trekker e alpinisti internazionali, che annualmente visitano le più belle e selvagge montagne del mondo, non arriveranno

Inam Kharim, di Hunza, dice alla BBC: “Ho sprecato non solo i miei risparmi di anni, ma anche i prestiti delle banche e di altre fonti solo perché quest’anno avrei investito di più e avrei guadagnato di più. Ma ora la situazione è che l’industria alberghiera è completamente ferma. Non sono in grado di rimborsare il prestito dalla banca e non sono in grado di pagare gli stipendi dei dipendenti”. Secondo Muhammad Zahid Khan, proprietario di Qalandar Rent-A-Car ad Abbottabad, la sua attività dipende fortemente dai turisti nazionali e internazionali che visitano il Pakistan. “Abbiamo acquistato 4 nuove auto ma ora dobbiamo chiudere, vendere” dice sempre alla BBC. “Quest’anno avevo già avuto delle prenotazioni di lavoro da turisti stranieri, ma ora tutti hanno cancellato”, testimonia Muhammad Asif, che ha lavorato come guida nella valle di Kagan, nel Kashmir e nelle aree adiacenti per molti anni.

Iqbal Hussain, direttore del dipartimento del turismo di Gilgit-Baltistan, racconta che il 70% dell’economia del Gilgit-Baltistan dipende oggi dal turismo. Secondo una stima conservativa, ogni turista che viene qui spende in media 23.000 Rs (127 €). Attualmente, ci sono oltre 1300 hotel e pensioni registrati a Gilgit-Baltistan. Nel 2014 erano meno di 500. L’aumento del turismo ha favorito l’industria delle costruzioni e creato occupazione. Anche le dimensioni dei negozi, dei supermercati, dei trasporti e di molte altre imprese sono aumentate.

Il presidente dell’associazione alberghiera del GB, Nasir Ali, ha definito la situazione attuale catastrofica: “A causa di questa situazione tutte le attività legate a questo settore si sono fermate e si è arrivati alla carestia”.

Mentre Ayaz Shugri, presidente dell’Associazione dei tour operator del Baltistan, afferma che il 50% della popolazione del Baltistan (da Skardu verso il K2 per intenderci), dove la maggior parte delle spedizioni alpinistiche e dei trek internazionali arrivano d’estate, dipende da queste entrate ora azzerate. Mentre Akram Mohammad Baig, presidente dell’Associazione dei tour operator di Gilgit-Baltistan, (l’intera regione montana da Gilgit a Skardu) racconta che le previsioni erano per  una presenza di 150 gruppi di turisti internazionali che avrebbero generato un fatturato di 10 milioni di dollari. “Ma ora è tutto cancellato. E in più dovremo restituire le caparre con un valore del dollaro decisamente più alto”.

Una situazione critica, per non dire disperata, che in qualche modo ripete quella delle regioni turistiche di tutto il mondo. Qui resa drammatica dal fatto di non avere “le spalle coperte” dal passato.  Ovvia la richiesta di prestiti senza tassi di interesse e contributi a fondo perduto al Governo e, pare di essere in Italia, di politiche e indicazioni chiare a breve e medio periodo per la riapertura post covid e per il futuro.

Ma la vera emergenza sociale e umana è quella dei lavoratori di più bassa categoria, soprattutto i portatori e il personale impiegato nei servizi turistici, di pulizia, cucina, trasporto. Sono migliaia di famiglie che faranno letteralmente la fame. Qualche iniziativa di aiuto, anche internazionale, sta partendo e speriamo che possa servire a dare una mano a questi amici che hanno accompagnato anti alpinisti e trekker lungo le loro meravigliose valli e montagne.

Anche noi di Montagna.tv ci stiamo pensando, insieme all’Associazione EvK2CNR. Vi terremo informati.

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Un commento

  1. Secondo me i cosiddetti “lavoratori di basso livello” sono coloro che sanno sopravvivere meglio di tutti i cosiddetti “lavoratori di alto livello”: sanno lavorare la terra e sanno accontentarsi di poco.

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