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“Il Passo del Diavolo”, il mistero irrisolto del Passo Dyatlov – Mountain & Chill

Un Mountain and Chill dai toni horror quello che vi presentiamo questa settimana. La pellicola del giorno è “Il Passo del Diavolo – Devil’s Pass” (1h40’, 2013), disponibile su Prime Video. ll racconto, sotto la regia di Renny Harlin, di una vicenda realmente avvenuta nel febbraio del 1959.

Nove escursionisti russi si avventurano in una zona remota dei monti Urali. Dopo due settimane i loro corpi vengono ritrovati senza vita, senza abiti e senza alcuna apparente ferita esterna.

Vi ricordano qualcosa tali particolari? Torniamo indietro di due mesi, alla notte di Halloween. In tale occasione vi avevamo raccontato dello strano caso del passo Dyatlov. La vicenda raccontata ne “Il Passo del Diavolo” è esattamente la medesima.

Un incidente particolare, irrisolto. Da alcuni imputato a incontri alieni, da altri a cospirazioni governative. La verità resta ancora un mistero. Ripercorriamo insieme la vicenda.

Partenza alla volta degli Urali

Siamo a fine gennaio 1959. Dieci esperti giovani sciatori partono per un lungo viaggio, in treno e camion, fino a Vizhai, nella provincia settentrionale di Sverdlovsk, nel cuore degli Urali. Loro obiettivo è la salita del monte Otorten.

Capospedizione è Igor Alekseevič Djatlov. Insieme a lui il maestro di sci Aleksandr Aleksandrovič Zolotarëv; i tre ingegneri Rustem Vladimirovič Slobodin, Jurij Alekseevič Krivoniščenko, Nikolaj Vasil’evič Thibeaux–Brignolles e cinque studenti, Jurij Nikolaevič Dorošenko, Zinaida Alekseevna Kolmogorova, Ljudmila Aleksandrovna Dubinina, Aleksandr Sergeevič Kolevatov, Jurij Efimovič Judin.

Judin è l’unico a salvarsi in quanto, per una malattia improvvisa, non prenderà parte all’escursione.

Sul Passo Dyatlov

Il 27 gennaio il team parte per la fase di avvicinamento. Il 1 febbraio iniziano la salita verso il Passo Dyatlov. La sera i ragazzi si accampano ai piedi del monte Cholatčachl, la “Montagna della morte”, su un pendio ghiacciato, decisamente esposto alle intemperie e alla tempesta in atto. Ma non sarà il maltempo a rovinare la spedizione. Nella notte succede qualcosa di strano.

Cosa è successo?

I familiari di Igor Alekseevič Djatlov, in attesa tra il 10 e il 14 febbraio di un messaggio mai arrivato dal giovane, lanciano l’allarme. Il 20 febbraio un folto gruppo di ricerca parte alla volta degli Urali. Tra squadre di terra, aerei e elicotteri, le prime tracce dei ragazzi vengono avvistate il 26 febbraio. Semplicemente una tenda divelta e vuota. Seguendo le impronte nella neve, i soccorritori trovano i ragazzi nel bosco poco distante.

Jurij Nikolaevič Dorošenko e Jurij Alekseevič Krivoniščenko sono in biancheria intima sotto un grande cedro. Probabilmente morti per ipotermia. Igor Alekseevič Djatlov, Zinaida Alekseevna Kolmogorova e  Rustem Vladimirovič Slobodin vengono ritrovati a metà strada tra l’albero e il campo. I restanti quattro, Nikolaj Vasil’evič Thibeaux-Brignolles, Aleksandr Aleksandrovič Zolotarëv, Ljudmila Aleksandrovna Dubinina e Aleksandr Sergeevič Kolevatov, saranno ritrovati solo quattro mesi dopo, coperti da due metri di neve in un burrone.

Strani indizi

I cadaveri dei quattro ragazzi mostravanono fratture ingenti, al cranio e al costato. Addirittura Vasil’evič venne trovata senza lingua, con una parte di mascella ed entrambi gli occhi mancanti. Nessuno di essi presentava però lesioni esterne. I loro indumenti rivelarono un elevato grado di radioattività. Accanto ai corpi furono inoltre trovati dei frammenti metallici di incerta natura.

Non è mai stato possibile trovare una spiegazione chiara e univoca alla vicenda, ma una spedizione che era nella zona affermò di aver visto in cielo delle sfere arancioni. Le autorità dichiararono si trattasse di missili R-7 ma noi vi lasciamo la libertà di immaginare le ipotesi più plausibili.

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