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“La via perfetta. Nanga Parbat: sperone Mummery”, la solitudine di Daniele Nardi

Daniele se ne sta solo, in mezzo alla neve, sulla copertina del suo libro postumo La via perfetta. Nanga Parbat: sperone Mummery(Einaudi, 2019) scritto insieme ad Alessandra Carati. È solo, nell’ambiente che più amava, con uno sguardo che sembra fonte di tanti interrogativi. Pare chiedersi quale sia la sua strada, il suo destino. Un destino infausto che se l’è portato via a soli 42 anni mentre inseguiva un sogno divenuto per molti ossessione.

Ossessione, che termine brutto per definire l’idea di Nardi. Nel libro compare una sola volta, nella forma delle romantiche parole di Alda Merini: “Mi nacque un’ossessione e l’ossessione diventò poesia”. Non un malessere che ti porta via la ragione, ma un qualcosa che ti spinge a riflettere, a ricercare chi sei veramente scavando nel tuo profondo. Daniele, aiutato da Alessandra, lo fa nel suo libro. Ne esce il vero Daniele Nardi, la persona, con le sue forze e le sue debolezze. Con i suoi successi e con i fallimenti brucianti, quelli che ti segnano e che ti porti addosso tutta la vita.

Voleva solo essere capito, traspare da ogni pagina. Voleva essere compreso e accettato dagli alpinisti del nord. Voleva che quel soprannome, “Romoletto”, affibbiatogli con simpatia al campo base del Gasherbrum II, venisse dimenticato. Voleva essere un alpinista e non più l’alpinista nato al di sotto del Po.

La montagna di questo libro è diversa, non parla di tecnicismi, di ore di luce o di fatica muscolare. È una montagna interiore, una vetta da scalare per capirsi e conoscersi. Daniele era il manager di se stesso, difficilmente qualcun altro avrebbe potuto esserlo. Il suo carattere a tratti esuberante, a tratti complesso; spesso aperto e sincero, esce di pagina in pagina. Daniele si denuda al cospetto della montagna, il Nanga Parbat, che diventa psicologa crudele della sua anima. La piccozza e i ramponi ne scalfiscono solo la superficie, ma il cuore e la passione stanno dentro ben protetti da ghiaccio e roccia. Non si è mai indebolita quella fiamma che lo spingeva inverno dopo inverno alla ricerca della “via perfetta”, di quel tracciato che forse con un po’ di arroganza avrebbe voluto sbattere in faccia a chi lo additava come terrone, fanatico, suicida.

In pochi sono riusciti a capirlo veramente e questo è stato il più grande dei suoi mali. In molti sono arrivati a pensare che sia andato sul Nanga alla ricerca di una scalata difficile ed estrema, per fare proselitismo. Follie dettate da chi non ha mai sperimentato l’ambizione sfrenata dell’alpinismo, di chi non si è mai rapportato con chi, per uno stupido quanto affascinante desiderio di conquistare l’inutile, si è dedicato per anni a progetti allora ritenuti estremi, impossibili. L’alpinismo, il non sport della montagna, dove non vigono regole se non quelle etiche (che purtroppo non sempre trovano compimento), è così difficile da comprendere che attribuire un significato alternativo alla domanda delle domande (Perché?) è spesso più facile che lasciarla insoluta.

Daniele una risposta prova a darla nel testo, prova a raccontare come la montagna sia stata rifugio sicuro nei momenti più duri. Di come “le vie più incredibili, le linee più eleganti nascono da due battaglie, una tecnica e una interiore, dentro le nostre parti più oscure. Ognuno di noi nasconde una paura atavica, inconfessabile, che ci teniamo stretti. Una paura con la quale ci confrontiamo e lottiamo costantemente ogni giorno. È un’amica? Ci salva la vita? Oppure ci annienta e ci blocca sempre di più?”. Lassù, alle quote dove l’aria si fa rarefatta e una porzione della ragione può scivolare via per esplorare il proprio inconscio, si fa pace con se stessi. Daniele accarezzando lo sperone Mummery ha chiuso i conti i fantasmi del passato, riuscendo a riversare su carta la sua anima più vera e sincera. Un ragazzo che voleva solo farsi capire e che in pochi sono riusciti a comprendere nel suo profondo. Io per primo non l’ho saputo comprendere, forse non abbiamo saputo comprenderci, lasciando che l’amicizia si sfilacciasse innalzando muri di ideali che oggi non hanno alcun valore.

Questo libro racconta di una grande passione, ma anche di una montagna che si spoglia di ideali per tornare a essere un’inutile mucchio di sassi.

 

Titolo: La via perfetta. Nanga Parbat: sperone Mummery
Autore: Daniele Nardi, Alessandra Carati
Editore: Einaudi
Pagine: 264
Prezzo: 17,50 €

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