AlpinismoAlta quota

Verso la solitaria invernale all’Everest: Jost Kobusch e l’Amotsang: “Le cose semplici sono noiose”

Il 24 ottobre scorso la giovane promessa dell’alpinismo tedesco Jost Kobusch ha realizzato la prima ascesa della vetta nepalese dell’Amotsang (6.393 m), in solitaria.

L’annuncio, arrivato qualche giorno dopo attraverso un post apparso sul suo profilo Instagram, non conteneva molti dettagli, fatta eccezione per la tempistica dell’arrivo in vetta, sul calare del giorno, con necessità di godersi il panorama giusto un istante e poi iniziare la discesa.

Finalmente Jost ha trovato negli scorsi giorni tempo per dettagliare meglio questa sua impresa, preparatoria alla ben più impegnativa salita in solitaria dell’Everest, lungo l’Hornbein couloir, in programma per il prossimo inverno.

Amotsang: il racconto in due puntate

Sull’Amotsang ho campeggiato il primo giorno proprio sulla sponda di un fiume a 4.600 m di quota. Quando parlo di ‘campo’ non dovete immaginare un campo base con altra gente, Sherpa, cuochi. C’erano solo la tenda, il cibo e il piccolo Jost immerso nella natura”. Inizia con una immagine simpatica, a tratti tenera, il racconto della salita, diviso in due puntate su Instagram.

“A proposito del fiume, in realtà è un torrente. I movimenti delle pietre nel letto del fiume sono risultate quasi di disturbo. Diciamo che la nottata è trascorsa abbastanza tranquilla. Il mattino successivo sono partito per realizzare il mio piano: risalire la valle del fiume fino a raggiungere la parete di Sud-Ovest. Ci è voluto poco a scoprire una enorme roccia a strapiombo da cui cadeva una cascata. Non avevo idea della presenza di tale cascata. Dopo aver valutato bene i rischi, ho capito che non avrei mai potuto arrampicarmi lassù da solo né scendere. Questo è il bello di una prima ascesa. Non è quasi MAI possibile pianificare”

Era necessario un secondo piano. La cascata era alimentata da un fiume che giungeva da Est. Per raggiungere la vetta ho iniziato a risalire lungo tale fiume. Dopo altre 2 notti nel campo, sono partito per arrampicare sulla parete Est. Ben presto ho scoperto la fregatura. I primi 50 metri della Est erano rappresentati da un masso gigantesco. Senza un compagno di cordata non avrei avuto possibilità di salita. E allora ho dovuto cercare un’altra via”.

“In momenti come questo, tocca giocare di istinto e esperienza. Ho guardato bene le mie opzioni, ho letto la montagna e le sue vie. Ho capito che la cresta Sud sarebbe risultata l’opzione migliore. Mi ha anche riservato delle simpatiche sorprese. L’ascesa si è protratta. Per un giorno o due ho anche sofferto per una indigestione leggera, motivo per cui sono arrivato in vetta quasi KO. Me l’aspettavo più facile. Ma che ci vuoi fare con le cose semplici, le cose semplici sono noiose, o no?”.

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Un commento

  1. finalmente dell’alpinismo genuino e interessante e non le solite spedizioni sponsorizzate e in cerca della difficoltà tecnica

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