Pareti

Monte Waddington. Prima salita sulla cresta ovest per Simon Richardson e Ian Welsted

Lo scozzese Simon Richardson e il canadese Ian Welsted hanno realizzato la prima salita sulla cresta ovest del Monte Waddington (4.019 m). Con alta probabilità si tratta anche della prima traversata completa da ovest a est della montagna, dal Fury Gap al Rainy Knob.

Il Monte Waddington

Trattasi della vetta più alta delle Coast Mountains, in Canada, la cui prima salita della cima principale risale al 1936, ad opera di Fritz Wiessner e William House. Nonostante l’altezza non estrema della montagna, le difficoltà di quella prima ascesa lungo la parete Sud Ovest portarono a paragonarla alla Nord dell’Eiger. Per anni è stata considerata di fatto la salita più complicata del Nord America.

La prima ascesa in assoluto, con raggiungimento della vetta nord-ovest, risale invece al 1928, ad opera di Don e Phylis Munday. Un obiettivo raggiunto dopo 3 anni di tentativi vani.

La prima salita sulla cresta Ovest

La coppia Richardson-Welsted ha raggiunto il Fury Gap, passo glaciale tra il monte Chris Spencer (3.006 m) a nord-ovest e il Fireworks Peak (2.986 m) a sud-est che rappresenta il punto più occidentale del Waddington, la mattina del 3 agosto. Da lì nel medesimo giorno hanno dato il via alla salita.

Nei primi due giorni sono andati in tranquillità, al massimo 6 ore quotidiane di arrampicata seguendo la classica via Munday, che si estende per circa 3,5 km lungo la parte bassa della cresta, così da consentire nel mentre alla neve caduta nella settimana precedente di consolidarsi lungo la cresta e alla vetta di ripulirsi totalmente.

Il terzo giorno si sono trovati finalmente nella zona superiore ancora vergine della cresta ovest (ribattezzata Epaulette Ridge). Qui la via Munday scende per 100 metri circa per arrivare all’Angel glacier. Al posto di seguire la via scelta dagli alpinisti che si sono cimentati sulla cresta oovest finora, hanno proseguito la salita fino all’Epaulette glacier, probabilmente mai raggiunto da nessuno prima d’ora. E si sono ritrovati di fronte a una uscita inaspettatamente complessa. Come dichiarato al magazine americano Alpinist da Richardson, l’attraversamento della cresta è stato reso complesso dalla presenza di neve soffice “a lama di coltello” con ampie cornici molto sottili.

“Abbiamo traversato sotto la cresta, affrontando due tiri veramente da paura su neve ripida sul versante nord fino a compiere poi un salto nel vuoto nel crepaccio che porta a una zona piatta denominata ‘The Terrace’ (il terrazzo, a 3,900m)”. 

“Non ho mai realizzato un dyno in discesa in ambito alpinistico”, si legge sul blog di Welsted in merito a questo salto nel vuoto.

Hanno quindi salito la falsa vetta e la cima Nord Ovest, entrambe sui 4.000 m, prima di ridiscendere a 3.700 m e campeggiare in attesa di affrontare la vetta principale.

Il mattino del quarto giorno hanno dunque intrapreso la salita lungo la via classica South-East Chimneys fino alla cima principale, nonostante il forte rischio di caduta di blocchi di ghiaccio. Il quinto giorno (7 agosto) sono scesi verso il Bravo glacier, anche questo in pessime condizioni che lo hanno reso più complesso del previsto. Da lì hanno raggiunto il Rainy Knob (2.161 m), punto più orientale della montagna e termine della traversata. Qui, recuperati da un elicottero, hanno fatto ritorno alla civiltà.

Tra saliscendi, dynos e qualche imprecazione contro i cambiamenti climatici, Simone e Ian hanno affrontato in totale 12 km e più di 2000 metri di dislivello positivo. Il loro nuovo tratto, ribattezzato Epaulette Ridge, si estende per 1,5 km dal Dais Couloir (3.350 m) all’Angel Glacier (3.850 m).

La loro salita sulla vetta principale del Waddington sembrerebbe essere la sola impresa conclusa con successo in questa stagione. Motivo base, come dichiarato da Richardson, è che il riscaldamento globale sta profondamente alterando le condizioni dei ghiacciai, rendendo il percorso classico di avvicinamento al Bravo glacier decisamente più complesso che nei decenni passati.

Un’avventura nata da un incidente

“Devo ammettere che mi sentivo nervoso all’idea di intraprendere questo viaggio – ha confessato Richardson al magazine AlpinistIan è parecchio più forte, preparato e veloce di me e mi sono chiesto perché mai stessi facendo squadra con un Piolet d’Or 12 anni più giovane di me”.

D’altro canto Welsted non aveva dubbi su chi portare con sé in questa avventura. La scelta è caduta su Richardson dopo aver affrontato insieme la salita della Storm Mountain (3.095 m) sulle Montagne Rocciose canadesi nel 2017. In tale occasione, come spesso accade, è stato un piccolo incidente a far stringere ancor di più la loro amicizia.

“Stavo posizionando un nut e stavo spostando un minuscolo pezzo di roccia, quando con grande orrore ho sentito un ‘uggh’ da dieci metri sotto, dove quel piccolo frammento aveva appena colpito Simon – ricorda Ian – Il mio primo pensiero è stato ‘Ho ucciso Simon Richardson’ ma dopo 5 minuti di recupero abbiamo proseguito verso la cima”.

Nel mese di luglio i due sono anche stati protagonisti di un’altra impresa: la prima ascesa della parete Nord del monte Phillips (3.246 m) sulle Montagne Rocciose canadesi.

 

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