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Nirmal Purja, il sicario perfetto dell’himalaysmo punta al K2 invernale

Nirmal Purja, il perfetto killer dell’alpinismo “impossibile”, non poteva che essere il primo gurkha a entrare nelle forze speciali britanniche.

Si è presentato sulla scena del delitto con una preparazione fisica assoluta, ogni muscolo al massimo della potenza e pronto allo scatto come la più ricercata molla d’acciaio, ma a fare la differenza è stata la preparazione mentale, la sua granitica volontà, l’incrollabile fiducia nel proprio pensiero dominante, nella propria potenza energetica e nella capacità di lottatore. Come anche il perfetto dominio dei mezzi a disposizione e degli strumenti della tecnologia: uomini di supporto, campi predisposti, ossigeno sempre pronto e abbondante, elicotteri, mezzi di comunicazione, equipaggiamento e alimentazione sofisticati. A suo agio anche con la generosità dell’eroe, che commuove ed esalta: una sorta di Rambo dell’Himalaya.

Perfino la disarmante ingenuità di quel distaccato modo di raccontare le sue imprese: “Ora abbiamo le ultime 3 montagne prima che io realizzi la mia promessa di fare il record mondiale, le 14 montagne più alte del mondo in 7 mesi”, scrive senza stabilire se questo record riguardi l’alpinismo o il Guinness dei Primati rendendo il tutto “naturale” e accettabile. Un perfetto sicario dell’alpinismo himalayano.

Agli occhi del mondo del web e dell’informazione Nirmal Purja sarà l’eroe dell’alpinismo dell’alta quota e poco conta del come abbia salito le 11 vette, che diventeranno 14 a breve, in pochi mesi. E ancor meno importerà il “vechiume” alpinistico che da più di duecento anni ispira il pensiero e l’azione di uomini che sulle Alpi e in Himalaya hanno fatto la storia dell’alpinismo, da Mummery a Messner, passando per Ueli Steck fino a Denis Urubko, senza tralasciare il nostrano “Gnaro” Mondinelli.

Impresa formidabile quella di Purja, sia chiaro. Un’impresa eccezionale da un punto di vista atletico e logistico. Ma è un po’ come se un ciclista super forte e motivato ripetesse il Giro d’Italia, che i ciclisti percorrono in una ventina di giorni, in 4 giorni con un’ebike. L’ossigeno supplementare sta al motore corporeo come la carica elettrica dell’ebike al super ciclista.

Chi osa vince”, scrive Nirmal Purja. Potremmo chiedergli di osare la salita dei 14 ottomila senza ossigeno e in stile alpino. Sono sicuro che potrebbe vincere e diventare un grande alpinista.

Potremmo anche chiedergli di sfidare il K2 in inverno, cosa che ha annunciato di voler fare, senza l’uso dell’ossigeno e copiando lo stile di molti alpinisti del passato che con la montagna hanno preferito un rapporto leale, anziché di forza. Magari imitando il Denis Urubko di questi giorni che in stile alpino ha aperto una nuova via sul Gasherbrum 2.

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