Cronaca

Monte Rosa. Ghiacciaio impraticabile, mucche in alpeggio con l’elicottero

A causa del troppo caldo sulle Alpi piemontesi le mucche salgono in alpeggio in elicottero. Una soluzione estrema che si è resa necessaria negli scorsi giorni a Macugnaga (VB). Il piccolo villaggio walser è forse l’ultimo baluardo della cosiddetta transumanza glaciale: il trasferimento estivo delle vacche nei prati in quota, con attraversamento di un ghiacciaio. Una tradizione trasmessa di generazione in generazione, che vedeva un tempo i pastori partire da Macugnaga per raggiungere gli alpeggi ai piedi della parete est del Monte Rosa (4.635 m).

Paolo Rabogliatti è uno dei pochi allevatori che continua a praticare questa antica transumanza. Come dichiarato negli scorsi giorni al quotidiano La Stampa, quest’anno per la prima volta non è riuscito a condurre le mucche all’Alpe Fillar, passando a piedi lungo il ghiacciaio del Belvedere. Troppo critiche le condizioni del ghiacciaio che, in continua evoluzione per effetto del cambiamento climatico, quest’anno si è “abbassato nella sua parte finale”. Si è così venuto a formare “un enorme cratere con una parete ripidissima”, non certo attraversabile dal bestiame. Per Rabogliatti non c’è stata altra soluzione se non quella di utilizzare un elicottero per portare le vacche sui pascoli in quota.

La tradizione dell’alpeggio a Macugnaga

La transumanza glaciale nel territorio di Macugnaga rappresenta una tradizione plurisecolare. Per decenni, trasmettendo la tecnica di padre in figlio, i pastori hanno condotto le vacche in alpeggio. Il bestiame veniva trasferito nei pascoli in quota da maggio a settembre. Nel mentre in malga (o alpe) venivano prodotti formaggi speciali, resi prelibati dalle essenze botaniche dei prati.

Una delle mete principe è stata a lungo rappresentata dall’Alpe Fillar. La si raggiungeva partendo dai 2.000 m del Belvedere di Macugnaga, con un’ora di cammino tra i crepacci del ghiacciaio del Belvedere. Si risaliva poi sulla morena opposta, approdando infine ai pascoli. Le baite dell’Alpe Fillar sono state distrutte nel 1951 da un’alluvione. I pastori hanno continuato però a praticare l’alpeggio ogni estate. Le condizioni attuali del ghiacciaio, in continuo peggioramento, mettono a rischio l’antica usanza.

Meno critica la situazione dell’Alpe Pedriola, dove gli allevatori di Macugnaga sono riusciti ad arrivare senza difficoltà anche quest’estate. In questo caso l’attraversamento del ghiacciaio genera meno problemi. Si segue infatti la traccia battuta dagli escursionisti diretti al Rifugio Zamboni-Zappa.

L’evoluzione del ghiacciaio del Belvedere

Il ghiacciaio del Belvedere è stato oggetto di studi fin dal 1787. La massima espansione della superficie è datata 1922. Il costante ritiro della massa glaciale viene invece rilevato a partire dal 1992. Lentamente, tra il 1992 e il 2000, il ghiacciaio è arretrato di 14 metri. Una involuzione che ha mostrato una accelerazione nel 2001, con spostamento del ghiacciaio sempre più in quota. Nel 2006 il CNR ha dato il via a un progetto di monitoraggio, tuttora in corso, dei movimenti del ghiacciaio. Un team di glaciologi coordinato da Gianni Mortara dell’Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica del Consiglio Nazionale delle Ricerche, ha posizionato una serie di paline ablatometriche nei punti più significativi del ghiacciaio. I dati ottenuti hanno consentito di misurare il ritmo di fusione del ghiaccio. Oltre a un’ablazione tra i 3 e i 6 centimetri al giorno, è stato evidenziato come nel bacino si moltiplichino i fenomeni di instabilità, quali crolli di seracchi e di roccia o collassi di morene. I dati più recenti hanno evidenziato la formazione di due nuove fratture nella morena del Belvedere. Eventi che, di pari passo con l’innalzamento termico, sono destinati a diventare più frequenti e estesi.

 

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