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Montagne affollate e limiti necessari

Stagione calda sia per le temperature che per i problemi innescati dal sovraffollamento sulle montagne più rappresentative del mondo: dall’Everest, dove ormai si sale in coda con tempi di attesa lunghissimi e con l’ossigeno che si esaurisce per aspettare, al K2, dove mancano i portatori ed entra in gioco la mafia dei pagamenti esagerati per accaparrarseli, dal Monte Bianco, con le regole e l’obbligo di prenotazione al rifugio Gouter per salire e il divieto di pernottamento in tenda, al Cervino, con obbligo di prenotazione alla Capanna Carrel.

La cosa strana è che illustri alpinisti rilasciano interviste non propriamente “imparziali”. Chamonix difende le scelte di regolamentazione sul Bianco, Valtournanche difende la prenotazione alla Capanna Carrel, le guide alpine proteggono il loro lavoro (qualche privilegio ci vuole per i professionisti), il ministero del Turismo nepalese invece non vuole limitare il numero di permessi, come pure in Pakistan, dove finalmente per loro si vedono incrementare esponenzialmente le entrate.

Che dire? Pensiamo a cosa succede negli uffici postali, in ospedale o nei supermercati: si deve prendere un biglietto d’ordine e aspettare il proprio turno. Una volta non succedeva. Tanta affluenza richiede un po’ d’ordine e oggi prenotare un albergo o un ristorante via internet è diventato indispensabile e tutti lo fanno senza porsi problemi. In caso contrario si deve rinunciare alla camera o alla cena. Perché scandalizzarsi se si deve prenotare un rifugio? Una volta il rifugio era un punto di ricovero per gli alpinisti, e ricordo diversi pernottamenti estremi sul pavimento di ferro della Capanna Vallot dopo aver salito il Pilone Centrale o altre vie sul versante Sud. Da parecchi anni i rifugi sono diventati alberghi in quota, e dormire sotto o sopra i tavoli non è più accettabile. Ricordo quando i servizi igienici al Gouter erano un foro sul pavimento e tutto finiva direttamente sul ghiacciaio; o la puzza insopportabile del gabinetto della Vallot. Oggi tutto questo non è più sostenibile e l’attenzione all’ambiente, per fortuna, viene posta in primo piano. Sul Denali, in Alaska (dove non ci sono rifugi e si dorme in tenda), a ogni alpinista viene consegnato un bidoncino (clean mountain can) da riportare ai ranger dopo la salita con dentro tutti i propri escrementi: lo accetteremmo sul Bianco?

Scrivevo che non mi piace una montagna “esclusiva” per pochi ricchi o eletti e che non sono un nostalgico del passato, quando in montagna ci andavano in pochi, ma i problemi ambientali sono estremamente rilevanti oggi e non possiamo più trascurarli. Quindi dobbiamo trovare dei sistemi di gestione dei rifiuti (umani e non) in ambiente montano, dalle Dolomiti all’Everest. Ma con procedure serie, non solo false immagini di facciata come spesso accade.

“La libertà non è star sopra un albero. Non è neanche il volo di un moscone. La libertà non è uno spazio libero. Libertà è partecipazione” cantava Giorgio Gaber. La libertà in montagna è consapevolezza di un mondo che è cambiato e va affrontato in una visione positiva. Ma anche che si devono accettare delle limitazioni per la sopravvivenza di tutto l’ambiente. Importante è aumentare la conoscenza della montagna e del modo di affrontarla correttamente senza pestarsi i piedi.

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