Storia dell'alpinismo

Everest: 41 anni fa la prima salita senza ossigeno. Quest’anno in 1000 tenteranno la vetta

Saranno circa mille le persone che quest’anno tenteranno di raggiungere la vetta dell’Everest, tutte (a parte pochi alpinisti che si contano sulle dita di una mano) grazie all’utilizzo delle bombole d’ossigeno. Mille è un numero che mette un certo timore, soprattutto quando lo si sente in montagna. Se poi lo si porta in altissima quota sa di svendita e commercializzazione di valori, nella data odierna ancor di più. Cade infatti oggi l’anniversario della prima salita dell’Everest realizzata senza utilizzo di ossigeno supplementare. Com’è noto i due alpinisti protagonisti di questa epica cavalcata al picco più alto del mondo furono Reinhold Messner e Peter Habeler. Due folli con tendenze suicide per l’opinione pubblica di allora, anche la scienza dubitava di questa scalata. Per i medici il corpo umano sarebbe collassato, sotto la mancanza di ossigeno, una volta raggiunti gli 8600 metri di quota circa. Così non è però stato e i due alpinisti sono riusciti a toccare la quota più alta senza barare, utilizzando solo quel che il loro fisico aveva da dare.

Una salita che in poco tempo fa il giro del globo diffondendo lo spirito alpinistico in tutto il mondo: Messner e Habeler sono riusciti in qualcosa di impossibile. Ma “l’impossibile è solo qualcosa che non è ancora stato fatto” ci insegna l’altoatesino e infatti da allora i limiti umani in altissima quota si sono spinti ancora più in là raggiungendo traguardi impensabili al tempo, nonostante questo però, come già detto, saranno circa mille le persone che quest’anno saliranno agli 8848 metri dell’Everest utilizzando l’ossigeno. Vuol dire “circa 2000 bombole che gireranno lungo la valle del Khumbu e sulla montagna”, scrive Agostino Da Polenza. Poche di quelle bombole ritorneranno a casa con i loro utilizzatori, molte verranno consegnate a qualche buio anfratto del ghiaccio.

Una fatica continua scalare l’Everest senza ossigeno, affermò Messner al rientro da questa salita a cui, come sempre, fece seguito un inevitabile strascico di polemiche. Impossibile salire senza ossigeno, certamente portarono con se delle piccole riserve ben nascoste nello zaino. Una supposizione che i più accaniti detrattori portarono avanti per due anni, fin quando Reinhold tornò in vetta al mondo, di nuovo senza ossigeno. Questa volta lo fece da solo e in piena stagione monsonica.

Quella dell’ossigeno sugli Ottomila oggi è una diatriba accesa più che mai. C’è chi lo usa inseguendo il sogno di collezionare le 14 più alte vette del mondo, c’è invece chi lo utilizza per raggiungere un luogo da sogno come gli 8848 metri dell’Everest. L’astronauta Maurizio Cheli ci aveva confessato di non aver alcuna ambizione alpinistica quando la scorsa primavera ha raggiunto la vetta della montagna con l’ossigeno. “L’ho fatto per me stesso, era il mio sogno” ha detto precisando poi che la sua spedizione ha riportato a valle tutti i rifiuti non biodegradabili prodotti sulla montagna. Possiamo solo sperare che questi esempi siano d’aiuto a quelle mille persone che quest’anno affronteranno la più alta montagna del Pianeta, oppure che più alpinisti inizino a pensarla come Messner, Mondinelli, Urubko, Loretan, Kaltenbrunner, Martini e molti altri che han messo davanti a tutto l’etica scegliendo anche di rinunciare al proprio sogno per dedicarsi a qualcosa di magari meno ambizioso ma ugualmente soddisfacente.

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