Rifugi

Rifugio Bosconero, ecosostenibilità ad alta quota

Testo di Cristina Zerbi

Oggi sempre più rifugi puntano sull’autosufficienza, il risparmio energetico e il riutilizzo delle risorse. Ma esemplare rimane il caso del Rifugio Bosconero, dove già una quindicina di anni fa è iniziata la sperimentazione di un sistema di biodepurazione e produzione di bioenergia in quota per iniziativa della Fondazione “Giovanni Angelini “di Belluno, in collaborazione con l’Università di Padova, la sezione zoldana del Cai e il Comune di Forno. La fondazione ha un legame profondo con la Val di Zoldo, perché Giovanni Angelini era originario di quelle montagne, che continuò a frequentare per tutta la vita. Non stupisce dunque che per il progetto “Bioenergia nei rifugi alpini” la scelta sia caduta proprio sul Rifugio Casera Bosconero (1475 m) nelle Dolomiti della Val di Zoldo.

L’impianto di biodepurazione, attivo dal 2006, interessa sia le acque reflue che i rifiuti solidi di bagni e cucina. I materiali di scarto vengono convertiti in sostanze utili sia tramite fitodepurazione, grazie a vasche con specie vegetali come senecio, ortica e menta, sia tramite digestione anaerobica, grazie a un apposito digestore. Dal primo processo si ottengono acque pulite da riutilizzare, per esempio, come acqua di scarico dei wc; dal secondo si ricava biogas. Un progetto davvero innovativo, al quale Monica Campo Bagatin, scomparsa l’estate scorsa e che ha gestito il Bosconero per oltre trent’anni, ha creduto fin dall’inizio.

Il tema dell’ecosostenibilità in montagna, come scrive Antonio De Rossi (direttore dell’Istituto di architettura montana del Politecnico di Torino) sull’ultimo numero di Meridiani Montagne dedicato ai più moderni rifugi delle Alpi, “è oggi considerato non solo importante o di moda, ma anche di valore strategico per il futuro”. Lo sanno bene gli architetti, che hanno trovato nelle alte quote “un laboratorio, una sfida da cogliere sotto molteplici aspetti, da quelli ambientali a quelli tecnologici”, scrive sempre su Meridiani Montagne l’architetto e storico Luca Gibello. Non solo le nuove strutture – non moltissime, per la verità – ma anche i vecchi edifici vengono oggi completamente ripensati, in un’ottica che guarda lontano ma senza tradirne la storia. Ne è un esempio il piccolo Refuge de l’Aigle nel massiccio francese degli Ecrins, che offre un’ottima commistione tra vecchio e nuovo. O la Cabane de Tracuit raccontata da Enrico Camanni, dalla storia quasi centenaria, la cui facciata rivolta a sud è oggi interamente costituita da pannelli fotovoltaici che garantiscono energia pulita e a costo praticamente zero.

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