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I pesticidi della Pianura Padana nei torrenti glaciali alpini

Una ricerca condotta dall’Università di Milano-Bicocca ha recentemente associato l’utilizzo dei pesticidi utilizzati lungo la Pianura Padana alla potenziale perdita di biodiversità tra i macroinvertebrati che popolano i torrenti glaciali alpini, soprattutto per quanto concerne gli insetti.

Una associazione che potrà sembrare apparentemente complessa da comprendere ma che in realtà deriva dal fatto che tali sostanze, utilizzate per incrementare la produttività agricola, non restano confinate a livello della pianura ma risalgono fino alle quote dei ghiacciai, dove vengono ciclicamente immagazzinate e rilasciate nelle acque di scioglimento, esercitando così i loro effetti dannosi sulle comunità acquatiche.

Lo studio dal titolo “Analisi spazio-temporale e caratterizzazione del rischio di pesticidi in acque di fusione dei ghiacciai alpini”, pubblicato sulla rivista Environmental Pollution, ha in particolare evidenziato come i pesticidi possano minacciare gli insetti nel loro stato larvale.

Per giungere a tale conclusione, i ricercatori del gruppo di ecotossicologia dell’Università, sotto la guida della dottoressa Sara Villa, insieme al gruppo di glaciologia, coordinato da Valter Maggi, docente di geografia fisica e geomorfologia del dipartimento di Scienze dell’Ambiente e della Terra del medesimo ateneo, hanno effettuato dei carotaggi sul ghiacciaio del Lys, nel massiccio del Monte Rosa in Valle d’Aosta. Dalle analisi delle carote glaciali è emersa una forte correlazione tra le quantità dell’insetticida chlorpyrifos e dell’erbicida terbutilazina rilevate nei sedimenti d’alta quota e il loro intenso utilizzo in Pianura Padana a partire dal 1996.

Sono stati inoltre raccolti dei campioni di acqua di fusione proveniente da altri cinque ghiacciai alpini oltre al Lys, il Morteratsch nel Massiccio del Bernina, il Forni nel gruppo dell’Ortles Cevedale, il Presena nel gruppo della Presanella, il Tuckett nel gruppo del Brenta e il Giogo Alto nel gruppo del Palla Bianca-Similaun. Lo scioglimento del manto nevoso in primavera determina difatti, come immaginabile, il rilascio di eventuali contaminanti presenti nel ghiaccio.

Il dato allarmante è dunque rappresentato dall’evidenza che i ghiacciai dell’arco alpino stiano fungendo da accumulatori degli inquinanti trasportati nell’atmosfera, immagazzinando e rilasciando nelle loro acque di scioglimento insetticidi ed erbicidi in uso molto più a valle.

In una nota d’Ateneo si legge chiaramente che “la valutazione del rischio ecologico per la comunità acquatica dei torrenti glaciali alpini indica una situazione di rischio per le concentrazioni di chlorpirifos – superiori di quasi cento volte rispetto al valore soglia – presenti nelle acque di fusione di alcuni ghiacciai. La comunità a rischio è quella dei macroinvertebrati, tra i quali i gruppi faunistici più frequenti sono gli insetti, in particolare chironomidi tra cui le specie Diamesa cinerella e Diamesa zernyi“.

Il quantitativo di sostanze accumulate e la loro distribuzione, come spiegato dall’ecotossicologo di Milano-Bicocca Antonio Finizio, non vanno sottovalutate. Anzi determinano la necessità di aggiornare le procedure di valutazione del rischio ecologico, prendendo in considerazione anche quello è il peso del trasporto atmosferico a media distanza.

Per proteggere le comunità acquatiche alpine sarebbe difatti opportuno introdurre anche questo parametro per consentire una attenta valutazione in fase di concessione dell’autorizzazione alla messa in commercio di un prodotto fitosanitario a livello ministeriale.

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