Alpinismo

Cerro Torre, via dei Ragni. Il racconto di Matteo Della Bordella

“Dopo dieci giorni fuori non ci aspettavamo, al rientro, una notizia così pesante” racconta il presidente dei Ragni di Lecco facendo riferimento alla tragedia avvenuta sul Nanga Parbat e che ha coinvolto il suo amico Daniele Nardi e lo scalatore inglese Tom Ballard. Sono queste le parole con cui Matteo Della Bordella inizia a raccontare quello che sarebbe dovuto essere un momento di gioia per aver ripetuto con successo la storica via dei Ragni al Cerro Torre.

Aperta nel 1974 da un folto gruppo di Ragni capitanati da Casimiro Ferrari, la via si è imposta nel tempo come una delle più belle vie di ghiaccio al mondo. Sale elegantemente lungo la parete Ovest del Torre percorrendo un tracciato misto di ghiaccio e roccia dove la scalata impegna sia fisicamente che psicologicamente, ma non solo. Nei momenti di sosta è il panorama a dominare su tutto, regalando uno stupendo sguardo sullo Hielo Patagonico sur, uno dei ghiacciai più estesi del mondo. “Dopo il tentativo di aprire una nuova via sulla Est del Torre mi sono spostato a Ovest con l’obiettivo di ripercorre la via che ha reso il nostro gruppo celebre nel mondo ci racconta Matteo. Compagno di scalata del presidente, Nicola Lanzetta, “amico sardo e soprattutto figlio di Mimmo Lanzetta, componente della spedizione che aprì la via”.

I due si sono conosciuti a El Chalten, per caso. “Parlando ho scoperto che Nicola era di ritorno dalla salita del Fitz Roy, cosa che mi colpì positivamente. Da lì nacque un’amicizia che abbiamo coltivato fino ad oggi”. I due scalatori, nel segno del tempo e della tradizione, si sono quindi legati insieme lungo questa via che ha visto la sua prima ripetizione italiana nel 2009 ad opera di Matteo Bernasconi (grande assente patagonico quest’anno) e Fabio Salini.

Si trattava di una delle ultime salite da realizzare per un film. “Un lungo lavoro che sto portando avanti da due anni insieme al regista Fulvio Mariani e che vuole raccontare la storia di Casimiro Ferrari. La via dei Ragni è il fiore all’occhiello di questo film, una delle salite più significative per Casimiro e per il gruppo”.

Bivacco nel crepaccio sotto lo Scudo. Foto archivio Della Bordella
Bivacco nel crepaccio sotto lo Scudo. Foto archivio Della Bordella

La cordata, che avrebbe dovuto realizzare la salita, era composta da quattro persone. Il duo da filmare era ovviamente Della Bordella-Lanzetta mentre, davanti a loro, si sarebbero dovuti trovare Matteo Pasquetto (già compagno di Della Bordella nel tentativo alla Est del Torre) e il cameramen Jonathan Griffith. Le cose non hanno però preso il verso giusto. “Fin da subito le condizioni climatiche sono andate peggiorando e siamo stati colpiti da una bufera patagonica, qualcosa di veramente difficile da descrivere e capire se non la si è mai vissuta”. Con queste condizioni sarebbe stato impossibile affrontare la salita e anche la marcia di avvicinamento che, nel giro di poco tempo, si è trasformata in qualcosa di impossibile che costringe il gruppo a rifugiarsi all’interno di un crepaccio, dove passare la notte. “Il giorno dopo, visto il persistere delle pessime condizioni climatiche scegliamo di rientrare verso il rifugio ‘Gorra Blanca’ dove asciugarci e riposare” qui, Matteo e Nicola si ricongiungono ai due compagni di spedizione e succede qualcosa di totalmente inaspettato.

“Tutto sembrava tornare alla normalità quando il fornelletto smette di funzionare. Impossibile pensare di scalare il Cerro Torre senza un fornelletto, è utile quanto l’imbrago precisa Matteo. “Fondamentale per fondere la neve e potersi reidratare durante la scalata”. Così Griffith decide di rientrare mentre “noi preferiamo aspettare, sperando in un miracolo”. Segnale divino che si manifesta nella figura di Martin Lopez Abad, “amico argentino che, capitato nel nostro stesso rifugio, si offre di lasciarci il suo fornelletto. Bene, la spedizione continua.

Il Cerro Torre. Foto archivio Della Bordella
Il Cerro Torre. Foto archivio Della Bordella

“A questo punto anche Pasquetto sceglie di rientrare mentre io e Nicola proseguiamo verso il Torre. La nostra motivazione è molto forte, ci eravamo preparati e allenati per questo obiettivo. Io, che non sono uno scalatore su ghiaccio, ho speso tantissimo tempo per prepararmi a questa salita”. Un’ascensione che va sulle tracce della storia, che vede il presidente dei Ragni calcare le tracce della storia del gruppo. “Saliamo con un tempo non perfetto e con un forte vento che non smette di soffiare fino in cima, dov’era bello forte”.

Un vento che, insistente, picchia con violente folate per tutto il giorno, finché “Nicola ricorda un racconto fattogli da Mario Conti a El Chalten prima della partenza. Un crepaccio, giusto sotto l’Elmo, in cui nel 1974 la spedizione trovò riparo e pace dal vento”. Con sorpresa i due alpinisti si trovano a bivaccare proprio in un crepaccio sotto l’Elmo, che sia lo stesso? L’importante in quel momento era essere al riparo dalla forte corrente.

Il giorno dopo via fin sulla vetta. “Non è stato certamente come aprire una nuova via sulla Est, ma pur sempre la ripetizione di una via affascinante sia da un punto di vista tecnico che psicologico. Una bella salita che, prima che ci arrivassero le notizie della cronaca himalayana, abbiamo vissuto con un mix di emozioni positive”. Unica pecca, l’assenza della “cordata video”. “Un po’ ci spiace per le riprese, che abbiamo realizzato noi senza avere a disposizione il cameramen. Confidiamo però nella bravura del regista che saprà ben montare il nostro materiale ottenendo un risultato spettacolare” ride Matteo al telefono. Non rimane che aspettare fine anno per scoprire il risultato.

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