Arrampicata

Così l’arrampicata arrivò in Molise e si costruì una storia

Carmine Radassao

Testo di Carmine Radassao – Foto di Carmine e Pietro Radassao (Carmine Radassao, appassionato di arrampicata è stato uno dei primi a portare questa pratica in Molise. Tra i primi chiodatori delle falesie molisane e ideatore dell’associazione L’Arpiglio di Campobasso. Un luogo dove ancora oggi molti giovani sperimentano per la prima volta l’emozione di salire in verticale. Istruttore di arrampicata e delegato CONI Molise. Ha ricevuto dal CONI la croce di bronzo per meriti sportivi)

Non ricordo più se nel ‘93 o inizio ’94 incontrai per strada il mio compagno di banco ai tempi del liceo,  Alfredo. Dopo qualche giorno andammo alla Morgia di Mirabello, a 10 chilometri da  Campobasso, dove lui ed il compianto Alberto avevano attrezzato, rigorosamente a mano con pianta spit e con i vecchi spit da speleologia,  un paio di tiri di 10 metri. Le prime vie di arrampicata della regione Molise e le mie prime vie, tra il 5b e il 6a.  Nacque lì il mio amore per la roccia, unico amore continuativo della mia vita, unico, vero e inossidabileAlfredo Colitto, ora famoso per i suoi numerosi romanzi di successo, era un abile speleologo, appena laureato al Dams di Bologna dirigeva una cooperativa di servizi ma, qualche tempo dopo il nostro incontro, si sarebbe licenziato per andare in Messico a cercare pozzi e vivere facendo la guida. Grande in tutti i sensi il mio vecchio fratellino del liceo! Alberto Burigana, invece, un laureando in veterinaria, giunto a Campobasso in seguito agli spostamenti lavorativi del papà, era di Genova ed aveva già scalato a Finale ed in Piemonte. I due anni successivi scalai con lui sia ad Oratino, ove chiodammo tre vie, sempre col pianta spit, e poi sul Gran Sasso e in Dolomiti.  Ci spostavamo in 500 ed avevamo una mezza corda in due ma anche un solo martello, una sola serie di rinvii, tre nuts e qualche chiodo. Ci salvammo dalla roccia ma, dopo qualche anno, quando io ormai ero a Cuneo e lui a Genova, il povero Alberto non si salvò da un imbecille che contromano lo investì mentre era in moto. Con Alberto, subito prima di lasciare il Molise, perlustrammo la Morgia Quadra di Frosolone e vi piantammo i primi due spit: ci calammo esattamente ove ora si trova la linea di “Queimada”.

Dopo diversi anni passati nella Provincia Granda (Cuneo, ndr), ma soprattutto ad Andonno col mio compagno di cordata Giorgio Bosco, tornai in Molise. I romani, nel frattempo, avevano abbondantemente chiodato a Frosolone. Finalmente anche a Campobasso si poteva scalare ma c’era un piccolo problema: con chi? In quel periodo, dal ’92 al 2002, quando nacque la ASD L’Arpiglio, ogni anno riuscivo a coinvolgere qualche amico in sostituzione del compagno dell’anno precedente: Sergio il poliziotto, Vincenzo il vigile del fuoco, Francesco il pugile. Nessuno di questi ha continuato a scalare eccetto Nuccio, illustre architetto oggi ancora sulla breccia, almeno come dirigente e pilastro della nostra associazione di arrampicata. Tra il 2002 e il 2004, con Nuccio chiodammo alcuni nuovi tiri a Frosolone e una decina di tiri sul versante a Nord della Rocca di Oratino ma, cosa più importante, costruimmo una struttura di arrampicata da gara con la quale partecipammo al “Mediterraneo Block” di Aristo Aloi della Fasi e, inoltre, demmo un grande impulso ai corsi di arrampicata in una saletta interna ad una grossa palestra di fitness: non c’era più il problema del compagno di scalata, eravamo numerosi. A Campobasso era finalmente arrivata l’arrampicata sportiva.

L’Arpiglio era ancora, a quell’epoca, l’associazione di un gruppo di miei amici più o meno coetanei: Pietro (Radassao, ndr) si divideva tra le elementari e il Judo; Lucia (D’Alonzo, ndr) aveva appena finito la scuola materna, me la ricordo la prima volta che venne in palestra in braccio al padre che la posò, sollevandola, su un paio di prese, Luca ed Emilio (Silvaroli, ndr) ancora terrorizzavano l’asilo infantile con l’adorante Consuelo (Sallustio, ndr) al seguito. Pochi ragazzi nell’associazione, tra essi il fortissimo ma incostante Mirko Cirucci: una vera stella, purtroppo di brevissima durata. Ma i bambini sopra nominati crebbero in fretta ed io e Fabrizia, madre dei gemelli Luca ed Emilio, da scalatori accompagnati dai figli, fummo presto degradati al rango di assicuratori servili e derisi accompagnatori. I ragazzi cominciavano a macinare vie e a partecipare con bei risultati ai campionati giovanili: L’Arpiglio era diventata la loro associazione. Fummo utilizzati ed umiliati senza pietà ma è stato il periodo più bello della mia vita: vedere quei ragazzini macinare gradi e passare tutto il loro tempo libero sulla roccia era esaltante. La mia progenie rampicatoria mi vendicava, conquistava e dominava “La Signora di Calcare” che così avara di corrispondenze era stata con me: mediocre scalatore dell’ultim’ora. Quelle bestiole di ragazzotti lo subodoravano questo meccanismo da frustrazione e soprattutto mio figlio iniziò a godere nel suo ruolo di irridente aguzzino nei miei confronti. Ma sia quel che sia, giusto così, la legge sia legge: il contrappasso è di natura il frutto! Tanto più che per nulla avaro di insulti fui, ai tempi che ancora potevo permettermelo, nei loro gracili confronti.

Man mano che i piccoli si sono fatti grandi il sottoscritto, oltre a fare l’allenatore, ha ripreso a chiodare vie per loro. Le gare, i gradi da chiudere, i compagni che ci sono stati portati via dal destino, come Marco Berardo, le manifestazioni, le altre associazioni formatesi nel frattempo, come Orizzonti Verticali e i Malatesta e le diverse attività da esse portate avanti nel nostro campo. Grazie a tutto questo adesso l’arrampicata nel Molise ha anche una storia.

Non privo di incertezze è, tuttavia, il futuro: la crisi economica, la carenza di strutture artificiali, l’incuria e, talvolta, l’impotenza della politica, nonostante il grande sostegno offerto dal CONI regionale e dal suo Presidente al nostro sport, gettano ombre oscure  sul nostro futuro sportivo. La speranza che la nostra nuova palestra, ormai quasi pronta dopo anni di duro lavoro volontario, possa segnare la svolta.

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