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Venezuela: scoperti minerali “marziani” prodotti dai microbi

Uno studio recentemente pubblicato sulla rivista Scientific Report, condotto nell’ambito di una ricerca internazionale multidisciplinare guidata da una equipe di speleologi e microbiologi dell’Università di Bologna, ha dimostrato che in Venezuela, nella più grande grotta di quarzite al mondo, sia presente della silice opalina prodotta da complesse comunità microbiche, che appare simile a depositi rocciosi rilevati sulla superficie di Marte. La scoperta potrebbe condurre all’ipotesi di una presenza microbica negli ambienti sotterranei del Pianeta rosso.

Il lavoro, supportato da un finanziamento del Rolex Award for Enterprise assegnato a Francesco Sauro (Università di Bologna) e Hosam Zowawi (Queensland University, Australia), ha coinvolto ricercatori del KAUST (Arabia Saudita) e di altre università italiane (Università degli Studi di Genova e Università degli Studi di Firenze).

Imawari Yeuta (“la casa dove dimorano gli dei”), questo il nome in lingua indigena Pemon Kamarakoto del complesso sistema di grotte oggetto dello studio. Una successione di sale e gallerie impressionanti che corrono all’interno della Auyantepui, la “Montagna del Diavolo”, da cui ha origine anche il Salto Angel, la cascata più alta del pianeta. La scoperta di quello che è ad oggi considerato il sistema carsico quarzitico più vasto al mondo, ad opera dell’Associazione La Venta e del gruppo venezuelano Theraphosa, risale al 2013. Nel corso di una seconda spedizione svolta nel 2016, gli speleologi sono riusciti a prelevare e riportare in superficie alcuni campioni di “speleotemi di silice”, depositi minerali molto particolari mai osservati prima in termini di dimensioni e varietà rilevate.

Un approfondito studio geochimico e microbiologico ha portato i  ricercatori a concludere che questi depositi siano derivanti da processi di bio-mineralizzazione mai descritti in precedenza, attribuibili all’attività metabolica di comunità microbiche complesse, che mutano nel corso della trasformazione da quarzo ad opale.

La scoperta risulta importante sotto due punti di vista. In primo luogo perché mostra un ruolo inedito dei microrganismi sotterranei, in secondo luogo perché i processi di mineralizzazione riscontrati in Venezuela potrebbero essere in atto anche su altri pianeti del sistema solare.

Questi risultati sono di particolare interesse per la comunità scientifica internazionale” – afferma Francesco Sauro, uno degli speleologi del team – “Depositi di silice simili a quelli analizzati, infatti, sono stati rilevati su Marte dal rover Spirit della NASA: le analogie osservate potrebbero quindi fornire informazioni sullo sviluppo di comunità microbiche anche negli ambienti sotterranei di altri pianeti”.

I microrganismi isolati nella grotta, finora sconosciuti al mondo scientifico, potrebbero inoltre rivelarsi preziosi nel campo delle biotecnologie.  L’ambiente in cui si sono adattati a vivere e riprodursi è infatti caratterizzato fa una severa scarsità di nutrienti organici, condizione  per cui potrebbero presentare delle capacità metaboliche inattese.

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