AlpinismoStoria dell'alpinismo

K2 2008, una delle più grandi tragedie nella storia degli Ottomila

Il racconto dei tragici eventi sul K2 nell'agosto 2008, in cui undici alpinisti persero la vita durante l'ascesa e la discesa dalla vetta. Il ricordo di Marco Confortola, uno dei sopravvissuti

 

Sono passati anni dalla tragedia del 2008 sul K2, ma la memoria è viva come mai. Impossibile dimenticare la cronaca che in quei giorni arrivava dalla montagna degli italiani. Giorni passati ad ascoltare notizie strazianti e giudizi su quanto intanto accadeva a oltre seimila chilometri di distanza.

La tragedia del K2 nel 2008

Tutto iniziò nel primo giorno d’agosto, quando un folto gruppo di alpinisti era impegnato nell’attacco di vetta al K2. Il primo a morire fu Dren Mandic, precipitato nei pressi del traverso mentre slegato cercava di raggiungere un compagno di spedizione superando un altro alpinista.

Questo incidente, unito ad alcuni errori nel posizionamento delle corde fisse e al grande affollamento di persone, fece si che gli alpinisti raggiunsero la vetta molto tardi. Un errore di calcolo che fu fatale per molti degli uomini impegnati sulla montagna. In cima al K2, tra le 17.20 e le 19.30, arrivarono svariati gruppi. I primi a salire furono i norvegesi, quindi i coreani e infine gli olandesi con l’italiano Marco Confortola.

Tutti raggiunsero la vetta senza problemi, ma in discesa con il buio iniziò il vero dramma. Intorno alle 20.30 il grande seracco che insiste sul Collo di Bottiglia ebbe un distacco che travolse e uccise Rolf Bae, norvegese in rientro dopo aver rinunciato alla vetta. Con lui il crollo portò via anche le corde fisse rendendo la discesa molto complicata. Poco dopo infatti morì, scivolando di stanchezza dopo il traverso, il francese Hugues d’Aubarede. Altri scalatori passarono per il Collo di Bottiglia con il buio, nel dettaglio furono le cordate norvegese e coreana e due alpinisti olandesi. Riuscirono a superare il difficile tratto nonostante l’assenza di corde arrivando al sicuro, a campo 4, verso l’una di notte.

Ancora nove scalatori si trovavano sulla parte alta della montagna e alcuni scelsero di bivaccare attendendo l’alba. Tra questi anche Marco Confortola che decise di fermarsi intorno agli 8400 metri perché a causa della scarsa visibilità non mi sentivo sicuro di continuare la discesa. Al mio fianco si fermò anche Gerard “Jesus” con cui scavammo due piccoli buchi nella neve e senza materiale da bivacco cercammo di affrontare la notte nel migliore dei modi”. Più tardi i due furono raggiunti da Wilco Van Rooijen leader della spedizione olandese.

Dopo essersi posizionato per il bivacco, Confortola chiamò via satellitare l’amico Agostino Da Polenza (con cui era stato al K2 nel 2004) per informarlo della difficile situazione sulla montagna. I due si lasciarono dandosi appuntamento per la mattina successiva con la promessa di Marco: “Non ho mai mollato in vita mia, non mollo sicuramente adesso”.

La testimonianza di Marco Confortola

Fermiamo qui per un attimo il racconto degli eventi, prima di proseguire nella cronologia degli accadimenti vorremmo offrirvi un piccolo spunto di riflessione attorno a quanto accaduto e lo facciamo attraverso le parole di Maurizio Gallo. Riflessioni che la guida alpina ha rilasciato a “ilsussidiario.net” pochi giorni dopo la tragedia: “Penso che la causa di quel che è successo sia maggiormente ascrivibile alla sfortuna. Si è trattato sicuramente di una tremenda fatalità la cui causa è tutt’al più da attribuire a fattori climatici difficilmente calcolabili piuttosto che all’inesperienza. […] Quando crolla un seracco come quello e segue una valanga di neve non credo che si possa dare la colpa al fatto che la spedizione fosse commerciale. La caduta di un seracco che rimuove tutte le corde fisse è un evento in sé straordinario e rappresenta un grave pericolo a prescindere dal carattere più o meno commerciale della spedizione che ne rimane vittima. Personalmente non mi entusiasma l’idea di portare persone prive di un’adeguata preparazione a 8.000 metri di quota. Ma anche qui dobbiamo distinguere. Infatti vengono chiamate “commerciali” anche spedizioni come questa sul K2, che di commerciale ha ben poco.”

All’alba del 2 agosto 2008 sulla montagna gli alpinisti ricominciarono a muoversi. Wilco Van Rooijen scese per primo, seguito poi da Gerard McDonnel e Marco Confortola. I tre si trovavano ancora sopra il traverso del Collo di Bottiglia e la strada da compiere per arrivare in sicurezza a campo 4 era ancora lunga. Van Rooijen però non ci arrivò mai in quanto, colpito da una parziale cecità, si perse lungo la via Cesen dove venne recuperato solo il 3 agosto da Pemba Gyalje sherpa.

Confortola e McDonnel invece, durante la discesa, decisero di fermarsi in prossimità del traverso per aiutare due coreani e un portatore nepalese scivolati durante la notte e rimasti appesi a testa in giù ad alcune corde fisse.

Da questo punto in poi il racconto degli avvenimenti diventa confuso e presenta due differenti versioni. Quel che però è certo è che McDonnell non è più tornato dalla montagna mentre Confortola è stato recuperato da Pemba che l’ha trovato esausto e addormentato ai piedi del Collo di Bottiglia su cui si trovavano ancora cinque alpinisti: i tre che han passato la notte a testa in giù e due sherpa saliti per aiutarli. Durante la loro discesa dalla parete si staccò un’altra valanga che lasciò vivo solo uno dei cinque, Tsering Bhote.

In questi due giorni la grande montagna si è portata via 11 vite: Dren Mandic, Jehan Baig, Rolf Bae, Hugues D’Aubarede, Meherban Karim, Gerard McDonnell, Kyeong-Hyo Park, Hyo-Gyeong Kim, Dong-Jin Hwang, Jumic Bhote, Pasang Bhote.

“Ritornando a quei giorni mi viene in mente la grandezza della montagna e la voglia che avevo di salirla. Quando l’anno prima ero stato in vetta al Broad Peak vedendo la seconda montagna della terra le avevo chiesto di farmi salire e lei mi ha concesso questo privilegio”, ci racconta Marco Confortola“Del K2 ho un bel ricordo perché mi ha permesso di salirlo senza ossigeno e perché con me è stato gentile concedendomi di continuare a vivere. Dall’altra parte però è stato spietato con chi dalla montagna non è più tornato”. Torneresti al K2? “Vorrei tornare, vorrei andare al campo base, per ringraziarlo”.

Articolo scritto originariamente da Gian Luca Gasca, aggiornato in redazione il 31 luglio 2024.

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6 Commenti

  1. Mi sono sempre chiesto perché non sono tornati indietro finchè erano in tempo; non si arriva in vetta al k2 alle 7 di sera

  2. A 10 anni già passati ho visto la storia e mi sono davvero dispiaciuto….Che possiate riposare in pace

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