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Sulle Tracce dei Ghiacciai, intervista a Fabiano Ventura – di Stefano Ardito

Un fotografo della Garbatella, storico quartiere popolare di Roma, testimonia da nove anni il ritiro delle grandi colate glaciali della Terra. La sua tecnica, la “Repeat Photography” lo porta a scattare le sue immagini dagli stessi punti e con le stesse ottiche di Vittorio Sella e di altri grandi fotografi del passato. 

Federico Santini e Andrea Bollati

La prima spedizione, nel 2009, ha portato Fabiano Ventura sul ghiacciaio Baltoro e ai piedi del K2. Poi sono arrivate la Patagonia, il Caucaso e l’Alaska. Quest’anno, insieme al filmmaker Federico Santini e al geologo Andrea Bollati, il fotografo romano è stato ai piedi del versante nepalese del Kangchenjunga e di quello tibetano dell’Everest. 

Foto storiche, foto moderne. In cosa consiste il vostro lavoro?

Sono sempre stato appassionato di foto storiche e di bianco e nero. Da alpinista, ho sempre amato le immagini di Vittorio Sella, che mi hanno dato lo spunto per la prima spedizione. Altrove, dove Sella non è andato, seguo le immagini di altri fotografi. In Patagonia, nel 2016, abbiamo utilizzato le immagini di padre Alberto Maria de Agostini, custodite nel Museo Nazionale della montagna di Torino. 

Come funziona la “Repeat Photography”?

Per poter fare dei paragoni utili sulla consistenza dei ghiacciai devo ritrovare il punto esatto da cui sono state scattate le foto storiche, e usare ottiche uguali o simili a quelle di una volta. Utilizzo macchine fotografiche a grande formato, una Linhof 5 x 4 e una Technorama 6 x 17, simili a quelle di Vittorio Sella. 

Immagini a confronto, il Kanchenjunga

Quanto pesa la sua attrezzatura?

Macchine e cavalletti arrivano a una ventina di chili, se si aggiungono computer, cavi e altri accessori il totale aumenta molto. Le nostre sono delle vere spedizioni, con molti portatori e una logistica complicata. 

Fabiano Ventura al lavoro davanti allo Jannu. Foto @ Fabiano Ventura

Quest’anno siete andati al Kangchenjunga e all’Everest, giusto?

Sì. Il trekking verso la base del Kangch e dello Jannu è stato magnifico, da 1900 metri siamo scesi a 950 e poi siamo risaliti fin oltre i 5000. Poi siamo tornati a Kathmandu, e abbiamo avuto dei problemi con il visto per la Cina. Alla fine lo abbiamo ottenuto, e abbiamo approfittato dell’acclimatazione sul Kangch per salire rapidamente sul ghiacciaio di Rongbuk.    

Da dove arriva la sua passione per i viaggi e la montagna?

Da bambino, con i miei, ho viaggiato molto con l’auto e la roulotte, fino a Capo Nord e alla Turchia. Ho iniziato a camminare a 14 anni, in Abruzzo, con amici più grandi di me. Più tardi ho iniziato ad arrampicare.

E la passione per la fotografia? 

Il mio primo amore è stata l’astrofotografia. Dopo le escursioni in montagna aspettavamo la notte, e puntavamo il telescopio verso il cielo. Un giorno ho attaccato al telescopio una macchina fotografica. Quando ho visto il risultato, ho deciso che quella sarebbe stata la mia vita.

Come ha iniziato a vivere di immagini? 

Con dei reportage per riviste di viaggio, in giro per il mondo ma anche nei parchi nazionali italiani. La svolta è arrivata nel 2004, quando sono diventato il fotografo ufficiale della spedizione al K2, per i 50 anni dalla conquista. 

Cosa fa quando non è in giro per il mondo? Si riposa? Si allena? Fa il fotografo a Roma? 

La parte più faticosa del mio lavoro è certamente quella in Italia. Devo cercare fondi per le spedizioni, e preparare mostre e servizi per riviste di vario tipo. Partecipo spesso a eventi e festival sulla scienza. Ho bisogno di molto tempo per gestire i rapporti con gli sponsor del progetto “Sulle tracce dei ghiacciai”. Il nostro main sponsor è ENEL Green Power, ma sono importanti anche Epson e Ferrino. 

Come si fa a seguire il risultato del suo lavoro? 

Sui siti www.sulletraccedeighiacciai.com e www.fabianoventura.it si trovano testi, immagini e i report completi delle spedizioni. Ho curato dei servizi per National Geographic Italia. I documentari girati da Federico Santini sono stati mandati in onda da varie reti nazionali, e compaiono spesso nei festival. Altro materiale si trova sui siti e nelle pubblicazioni dei ricercatori con cui collaboriamo, a iniziare dal glaciologo Claudio Smiraglia dell’Università di Milano. 

SK 122 da pellicola

Il cambiamento climatico è un tema di cui è bene parlare anche nelle scuole, no?

Certamente. In autunno, con la collaborazione dell’editore Zanichelli, inizierò una serie di conferenze nelle scuole di tutta Italia. E’ un progetto che mi attira molto. 

Voi partite in spedizione ogni due anni. Dove volete andare nel 2020?

Faremo un viaggio sui ghiacciai delle Alpi, tra il Monte Bianco, il Monte Rosa e il Cervino, che sono tra i più colpiti dal cambiamento climatico. Sarà un viaggio ecologico, a bordo di camper elettrici. Vorrei che ci fosse anche una mostra fotografica itinerante, e una serie di incontri con residenti e turisti per parlare dei ghiacciai e del clima. Organizzare tutto questo richiede un lavoro pazzesco. 

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