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Filippo Canetta, Non è mai troppo tardi per imparare la lezione dello sport

“Sono sposato, ho dei figli e non vivo di corsa. Vivere di corsa in Italia è difficilissimo però, alla base di tutto, c’è l’idea che per me la corsa è passione e voglio che rimanga una cosa personale”. Si presenta così Filippo Canetta, miglior italiano all’ultima edizione della Marathon des Sables, fondatore della linea d’abbigliamento Wild Tee e più volte atleta della nazionale di trail running. Filippo, classe 1972, vive a Milano ma ama la natura e ci si tuffa ogni volta in cui ne ha occasione. L’ambiente e la fatica sono il suo scarico, il suo modo per rigenerarsi ritrovando quel giusto contatto con il territorio.

Filippo però è anche un campione, un campione delle lunghe distanze scopertosi non da giovanissimo anzi. Ma lasciamo che sia lui a parlarcene.

 

Sei uno specialista delle lunghe distanze… cosa significa correre per oltre 24 ore?

È innanzitutto un’esperienza pazzesca. Quando corri per così tante ore, per uno o due giorni, esci dalla comfort zone e scopri cose nuove. Quando ti trovi in condizioni difficili, senza dormire o mangiare, scopri cosa c’è oltre le cose a cui siamo abituati.

Amo scoprire come reagisce il mio corpo e come si comporta la mente. Questa è la mia filosofia di corsa, oltre alla competizione che mi piace sempre. Però scoprire come si reagisce di fronte al dolore muscolare, di fronte alla mancanza di sonno, quando si pensa che sia tutto finito.

Superare le difficoltà inaspettate è una soddisfazione grandissima.

Si può dire che sei un masochista?

Forse si perché chi va a fare queste cose va ricercando il dolore, ma lo fa per imparare a superarlo e gestirlo. Chi non riesce a superarlo dopo un po’ molla questo tipo di gare.

Ci racconti la tua prima corsa?

Il mio più grande rammarico è quello di aver iniziato a correre tardi, senza grandi basi. Ho iniziato a correre in seguito a un evento molto spiacevole della mia vita. Ero arrabbiato e non sapevo cosa fare per calmarmi, così sono andato in palestra e ho iniziato a muovermi sul tapis roulant.

Prima di quel momento conducevo una vita sedentaria e fumavo. Pian piano poi ho capito che la corsa mi dava quell’energia, quella voglia di fare che avevo perso. L’ho imparata tardi, ma ho imparato la grande lezione dello sport.

Eri un fumatore?

Ho fumato per tanti anni e, come per tutti, si trattava di un genere di conforto. Mi sono però reso conto che facendo attività fisica non ne avevo più bisogno, così ho smesso. È stato facile smettere perché anche solo facendo un minimo di attività fisica, facendo pochi chilometri di corsa, stavo mentalmente e fisicamente meglio che fumando.

Quanti anni avevi quando hai corso per la prima volta?

Trentasei. Appena ho messo piede sul tapis roulant però mi sono appassionato. Mi sono appassionato alle lunghe distanze in un periodo in cui ancora non c’era un metodo e non si sapeva molto bene come approcciarsi a queste distanze. Era intrigante fare qualcosa che sapeva di pionieristico. Inventarsi allenamenti che potessero andare bene per gare da 26 o 36 ore.

Ricordo che non c’era nemmeno una letteratura scientifica a riguardo.

Quindi è stata una scoperta in tutti i sensi…

Esatto. Ho scoperto un ambiente meraviglioso. Ho scoperto che l’uomo in mezzo alla natura sta meglio che in città. Io purtroppo vivo a Milano, però quando posso vado a correre in mezzo alla natura.

Cosa ti da questo contatto con la natura?

Alla Marathon des Sables ho dormito per terra, sui sassi, senza acqua corrente, senza elettricità, con poca acqua da bere, a temperature non proprio favorevoli. Nonostante tutto questo però sono stato benissimo. Mi sono reso conto che forse l’uomo ha bisogno di meno per star bene.

Vivere queste esperienze permette di andare a scoprire qualcosa di se in mezzo alla natura. Permette di stupirsi di fronte al mondo, di fronte alla sua bellezza, esattamente come si fa nei trek di più giorni con zaini pesanti. Solo che noi condensiamo tutto in poche ora. Magari mentre corri non apprezzi tutto quanto perché sei concentrato sul gesto atletico, ma nei giorni successivi ripensi a tutto quel che ti è passato davanti agli occhi e le immagini sono spettacolari, come i momenti vissuti.

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Un commento

  1. Grazie per questo magnifico articolo, leggendo si riesce a percepire chiaramente l’amore e la passione che lega l’atleta allo sport e come quest’ultimo doni agli appassionati quella pace, realizzazione e tranquillità che altrimenti ci illuderemmo di trovare in altre cose!! Davvero una bella lezione di sport!!! Spero valga da deterrente per chi disprezza gli atleti indicandoli come dopati!

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