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Tomek Mackiewicz, l’occasione sprecata del Trento Film Festival

Se ne è fatto un gran parlare della serata di ieri dedicata a Tomek Mackiewicz, nonostante ciò la sala dell’auditorium Santa Chiara era gremita, ma non sold out come in occasione di altri ospiti, forse più conosciuti al pubblico del Trento Film Festival.

Che dire dell’ora e mezza trascorsa ieri a Trento.

La prima cosa che viene da scrivere è un grazie ad Emilio Previtali, che, comparso al termine della serata, ha regalato a tutti noi una video-intervista davanti ad un caffè da lui realizzata al campo base del Nanga Parbat nell’inverno del 2014. Non tanti minuti, ma sufficienti per conoscere davvero Tomek, il suo rapporto con la montagna, il Nanga, il perché faceva quel che faceva, in quel modo. Un desiderio viscerale di tornare all’autentico alpinismo polacco invernale, che se ne è andato assieme alle storie di alpinisti come Jerzy Kukuczka. Significativa la conclusione della clip di Previtali che termina con Tomek che racconta una storia: un giorno un cacciatore per catturare una scimmia prende una grande noce di cocco, fa un buco nel guscio, vi mette dentro una banana e la lega ad un albero. La scimmia arriva, sente l’odore della banana allora ci infila la mano, tenta di estrarre la banana, ma non ci riesce. Il cacciatore arriva, la scimmia lo vede, sa che sta arrivando, le basterebbe solo aprire la mano e lasciare andare la banana per scappare, ma non può farlo, non ci riesce. La stessa cosa, conclude Tomek, accade quando scali una montagna.

A parte l’intervento di Previtali, la serata è parsa un po’ troppo confusionaria. Comprensibile per chi ha seguito da vicino vicende narrate, ma che, sentendo varie opinioni, ha lasciato interdetti coloro che invece non conoscevano benissimo i fatti.

La serata è stata divisa in due parti, la prima dedicata alle invernali in generale, la seconda al Tomek uomo, ben poco al Tomek alpinista, ma ne parleremo più sotto.

Le luci si sono accese sull’invernale di Alex Txikon di due anni fa, a cui è stata dedicata una decina di minuti divisi tra presentazione della montagna, un paio di domande (la più interessante, fatta da Luca Calvi, riguardo al progetto K2 ed abilmente evitata dall’alpinista) ed un filmato riassuntivo della spedizione. Dopo 10 minuti entra Denis Urubko, oggettivamente ingestibile per i due presentatori nella sua esuberanza russo-orobica, a parlare della spedizione invernale di quest’anno al K2. Anche in questo caso una decina di minuti tra montagna, filmato dell’alpinista e qualche domanda, con la parte del poliziotto cattivo recitata ancora una volta da Luca Calvi (che di nuovo non ottiene risposta).  

Interviene il meteorologo Filippo Thiery che, con l’aiuto di alcune slide, spiega in modo molto didascalico e con toni abbastanza divulgativi per tentare di farsi capire da tutta la platea le correnti a getto e cosa sono le finestre di bel tempo. Interessante, ma a posteriori, troppo lungo per l’economia della serata.

Fino ad ora quel che si è capito è che in inverno su un 8000 fa freddo, tira vento ed è una cosa “sovraumana”, prendendo a prestito il titolo del film che Txikon presenta al Festival di Trento.

Finalmente, dopo 40 minuti, si arriva a parlare almeno del Nanga Parbat e poi, qualche battuta dopo, di Tomek. Ed ecco la nota dolente: comprensibile voler raccontare del Tomek uomo, dell’amore per i suoi figli, della sua passione per quella montagna che lo aveva stregato, il Nanga Parbat, ma forse del tempo da dedicare per parlare del Tomek alpinista lo si poteva anche trovare. Non si è raccontato nulla, o poco nulla, dei suoi vari tentativi – alla fine per ben sette volte ci ha provato, qualcosa da dire c’è -, ma nemmeno dell’incredibile impresa che ha realizzato su quella montagna con Elisabeth lo scorso gennaio: un’invernale in stile alpino lungo la Messner-Eisendle, via mai salita fino alla vetta nemmeno in estate.

Che hanno raggiunto la vetta non viene detto e, anzi, beffa vuole che nella slide con tutte le vie del Nanga Parbat manchi proprio quella straordinaria salita da lui e dalla Revol. E qui apriamo e chiudiamo in men che non si dica una piccola polemica: non se ne può davvero più di sentire dire – come è stato fatto sul palco di ieri sera e pure in conferenza stampa a Milano il 10 aprile scorso – che chi sostiene che Tomek fosse un bravo e libero alpinista lo fa solamente per mettere in cattiva luce altri alpinisti ed altre salite. È una bugia: la salita dello scorso inverno con Elisabeth lo dimostra e questo non toglie nulla al valore di quanto fatto da altri. Tra l’altro, anche una leggenda come Wojciech Kurtyka, dopo la morte di Tomek, ne ha parlato come un artista, un uomo libero, che ha realizzato una cosa incredibile, paragonandolo a Jerzy Kukuczka. Anche Kurtyka voleva sminuire qualcuno? Chiusa polemica.

Tornando a noi. Sul palco Urubko e Txikon in qualche risicata battuta ricordano quando avevano conosciuto Tomek, poi arriva Anna Solska, la moglie.

Si passa quindi ad una veloce e molto approssimativa, dettata anche dai tempi stretti e dai segni che venivano da fuori campo di stringere, ricostruzione dei soccorsi. Parla Anna che riferisce della difficoltà del contattare l’ambasciata polacca in Pakistan, Thiery della situazione meteo complessa, Urubko del salvataggio e della decisione di salvare Elisabeth e non proseguire in alto per raggiungere Tomek. “Non c’era tempo” chiosa il padrone di casa della serata, “c’era tempo, avevamo tempo” lo prende in contropiede il russo, dimostrando per l’ennesima volta di essere del tutto ingovernabile (più volte, confessiamo, il nostro pensiero è volato a Wielicki ed alla pazienza che deve aver avuto al K2). Alla fine tutti sono concordi nel dire che c’era tempo, ma ciò avrebbe comportato il rischio molto concreto che Elisabeth morisse. Per questo la decisione finale. Filmato del momento in cui nella notte viene ritrovata la francese.

Chiusa la veloce parentesi soccorsi, carrellata di foto di Tomek con i bambini mentre la moglie racconta il Tomek privato.

La serata si conclude con il video di Emilio Previtali, di cui vi abbiamo parlato sopra, ed una breve clip di pochi secondi, che ha l’intenzione di mostrare il Tomek spensierato e felice, in cui lo si vede al campo base del Nanga Parbat in inverno ballare con un suo compagno di spedizione.

Ringraziamenti, applausi, serata conclusa. 

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8 Commenti

  1. Chissà se ci sarà l’occasione di verificare se c’era tempo e quanto, di rilevare quanto ha aspettato. Grazie per avere riferito le parole eterne di Urubko. Sublime.

  2. non si é parlato della vetta perché probabilmente non é stata raggiunta, (a parte il dire della Revol), non ci sono prove, l’ultimo filmato della francese é stato fatto alle ore 17 e si vede che erano ancora lontani dalla vetta raggiunta, secondo la Revol, alle ore 18 dunque ancora, a mio parere, con luce sufficiente per foto o video (per chi capisce il francese nel video che allego vedere al minuto 10:38) in una situazione “storica” come quella é molto strano che, anche per rispetto degli sponsor e la Revol ne aveva, che non si abbiano riscontri tangibili la mia opinione é che le condizioni del povero Tomek siano peggiorate ed immediatamente abbiano fatto marcia indietro.
    certo cose come queste alimentano le polemiche e probabilmente anche io ne sto facendo una ma più che delle polemiche e degli eroi abbiamo bisogno di certezze e sopratutto della verità altrimenti lasciamo aperte porte che danno accesso all’inconfutabile e all’arbitrario.
    Così’ agendo dobbiamo accettare che Maestri é salito sul Cerro Torre, che Steck (R.I.P.) ha fatto l’Annapurna, che Martini e De Stefani hanno fatto il Lhotse, e qui provoco, che anche Cesen ha fatto la sud del Lhotse e via dicendo, ma come nel sistema giudiziario esistono due modi di agire, il primo dice che una persona é innocente fino a che non portiamo le prove della sua colpevolezza, la seconda maniera di giudicare dice che uno é colpevole (giudizio a carico) fino a che non dimostri la sua innocenza.
    ai posteri l’ardua sentenza
    cordialmente

    https://www.youtube.com/watch?v=f8pqBGkW4wo

  3. Non hai tutti i torti anche se il Torre di Maestri è stato provato che non sia stato neppure avvicinato dalle foto diPataclimb pubblicate in tutto il mondo.
    Però c’era alla serata? Io sì. Penosa. Un tapepto rosso a txicon, alpinista mediocre tutto marketing e una chiara volontà di non scalfire la salita di moro col dubbio che si sia fatto molto molto meglio. perchè non si è proprio detto sono arrivati in cima o forse sono arrivati. neppure un accenno. ultima cosa la storia della Revol è quella di un’alpimnista che si taglierebbe un rbaccio pur di fare o dire cose non vere a differenza di altri che sappiamo

    1. Charlie Buffet scriveva in un articolo di tanti anni fa riguardo al Cerro Torre che il fatto che Cesare Maestri asserisse di avere raggiunto la vetta potesse venire dalla colpevolezza, e di conseguenza senso colpa, di non avere potuto impedire la morte di Egger dandogli così’ una riconoscenza postuma. So che la Revol é reputata nell’ambiente dell’alpinismo per essere una persona integra e pulita ma dinanzi alla tragedia (non avrei mai voluto essere al suo posto né a quello di Maestri) la psiche può generare comportamenti non forzatamente distruttivi, anzi in questi due casi sicuramente protettivi ma illusori, e sia ben chiaro che tutto ciò é totalmente ed umanamente comprensibile, ma penso cheTomek non aveva bisogno di ciò, lui con la montagna ha avuto un rapporto pulito, sincero e romantico se si può aggiungere, ricordiamocelo così’ vetta o non vetta.
      Le manifestazioni pubbliche sono fatte per vendere, (di conseguenza il tappeto rosso a Txicon, Moro, North Face ecc. ecc. ecc. ecc., come a Cannes, mi sembra normale) libri, film , materiale, viaggi ecc. ecc. ed é così in tutti i settori non solo riguardo alla montagna (e ben chiaro non c’é niente di male c’é gente che ci vive), ma a me personalmente non interessano, il film posso vederlo dopo, l’intervista leggerla dopo ma come diceva mia nonna “ogni testa é un piccolo mondo” e fa quello che vuole.
      cordialmente

  4. “il fatto che Cesare Maestri asserisse di avere raggiunto la vetta potesse venire dalla colpevolezza, e di conseguenza senso colpa, di non avere potuto impedire la morte di Egger dandogli così’ una riconoscenza postuma.”

    a parte il fatto che la riconoscenza è (sarebbe!) andata tutta a Maestri, ma l’unico senso di colpa che proverei è raccontare palle sulla morte del mio compagno…

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