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Fucili sulle montagne dell’orso – di Stefano Ardito

Sui monti dell’orso marsicano si spara. Da qualche settimana, nella Zona di Protezione Esterna del Parco d’Abruzzo, Lazio e Molise, accanto al suono del vento sulle foglie, e a quello dei torrenti al disgelo, echeggiano gli spari delle carabine della caccia di selezione al cinghiale. 

Un guardiaparco del PNALM – foto Stefano Ardito

A renderlo possibile, per la prima volta in Italia, è un accordo firmato lo scorso 24 ottobre a Pescasseroli da Antonio Carrara, presidente del Parco, e da Marco Del Castello e Antonio Petrocco, rispettivamente presidente e rappresentante del Comitato di Gestione dell’Ambito Territoriale di Caccia di Sulmona. 

La Zona di Protezione Esterna, estesa su 80.000 ettari, molto più vasta del Parco che ne misura quasi 50.000, è una caratteristica unica dell’area protetta che interessa l’Abruzzo, il Lazio e il Molise. Per i Parchi più recenti, la legge-quadro in materia (la n. 391 del 1994) prevede delle “aree contigue” che sono state istituite solo in pochi casi. 

Un orso marsicano – foto Ecotur Pescasseroli

Nella Zona di Protezione Esterna, fin dalla sua istituzione negli anni Settanta, la caccia non è espressamente vietata. Ma la presenza del lupo, del camoscio, del cervo e di quasi la metà dei circa 50 orsi marsicani sopravvissuti sull’intero Appennino impone la massima attenzione. Rientra nell’area che è stata aperta ai fucili la Valle del Sagittario, che ospita Scanno e il suo lago, e dove si registrano ogni anno centinaia di avvistamenti di orsi. 

Negli anni Ottanta, l’allora direttore del PNALM Franco Tassi aveva più volte vantato come un ottimo risultato una gestione della caccia concordata tra il Parco e le Aziende Faunistico-Venatorie, poi trasformate in Ambiti Territoriali di Caccia. 

Meno cacciatori, e più legati al territorio, sembravano una garanzia di tutela. Da allora, e fino alla fine del 2017, si è sparato solo nella stagione venatoria, dalla fine di settembre a gennaio.      

La Zona di Protezione Esterna del Parco – foto Stefano Ardito

A spingere le associazioni venatorie a chiedere l’apertura della caccia tutto l’anno è l’emergenza causata dalla diffusione del cinghiale. Una specie introdotta proprio a scopi venatori, e che in Abruzzo si è moltiplicata fino a superare i 200.000 esemplari, con enormi problemi per le coltivazioni. 

A sparare sul confine del Parco non sono tutti i cacciatori abruzzesi ma 300 “selecacciatori”, formati attraverso degli appositi corsi. 

I commenti da parte dei gestori della caccia sono ovviamente positivi. “Abbiamo lavorato intensamente per avviare una fase nuova di dialogo con le autorità di gestione delle aree protette” spiega Marco Del Castello, presidente dell’ATC di Sulmona. “La tutela dell’orso bruno marsicano, grazie a questo protocollo, è rafforzata” aggiunge il suo collega Antonio Petrocco.

I due rappresentanti dell’ATC esprimono la speranza che l’accordo (sperimentale, e valido solo per il 2018) possa essere esteso in futuro anche al Parco nazionale della Majella e alla Riserva regionale Monte Genzana-Alto Gizio. 

Dario Febbo – foto Stefano Ardito

In Abruzzo, come in tutto l’Appennino, la moltiplicazione dei cinghiali è certamente un’emergenza. Ormai vengono fotografati anche sulla spiaggia di Pescara” risponde Dario Febbo, il biologo che ha diretto fino al febbraio 2017 il Parco d’Abruzzo e Molise. Da allora, è bene ricordare, il Ministero dell’Ambiente non ha ancora nominato un nuovo direttore. 

L’aumento dei cinghiali è esponenziale, in linea di principio può essere giusto abbatterli o catturarli con trappole, come si fa nei Parchi dei Sibillini e del Gran Sasso e dei Monti della Laga”. “D’altro canto, come dimostrano le ricerche, i cinghiali forniscono più di metà della dieta del lupo. E la caccia, anche se praticata con attenzione, crea comunque un disturbo serio all’orso” continua Dario Febbo. “In autunno, nella stagione venatoria tradizionale, la presenza di cacciatori e cani disturba il plantigrado che dece accumulare scorte di cibo per l’inverno. Ora, al disgelo, le orse escono dal letargo con i cuccioli, e il disturbo può essere ancora più grave”.   

Un altro problema serio è quello dei possibili incontri ravvicinati tra cacciatori di cinghiali ed escursionisti. I 700 chilometri di sentieri segnati del Parco si svolgono anche nella Zona di Protezione Esterna. 

Al contrario di quelli del Gran Sasso, che percorrono pascoli e zone rocciose, quasi tutti i sentieri del PNALM si svolgono nel bosco. Molti attraversano dei valichi, e permettono di arrivare dall’alto in valloni dove potrebbe essere in corso una battuta. 

Dopo un inverno che ha portato metri e metri di neve, la vera stagione dell’escursionismo nel Parco inizia ora. Ci auguriamo che la presenza dei 300 “selecacciatori” armati di carabina non crei problemi all’orso marsicano, una specie rarissima e preziosa. E, naturalmente, nemmeno agli appassionati dei sentieri.        

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