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Scout morto in Cadore: un anno ai capi

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OSPITALE DI CADORE, Belluno — Il processo ai due capi scout accusati di omicidio colposo per la morte del 16enne avvenuta lo scorso 4 gennaio sulle montagne bellunesi del Gruppo del Bosconero, si è concluso con un patteggiamento. Un anno di reclusione ai due imputati, due 24enni di Villorba. E se il processo penale si è chiuso, la questione rimane però aperta più che mai. E’ giusto che dei ragazzi così giovani si prendano la responsabilità di portare in montagna dei minorenni? E’ sufficiente la preparazione che ricevono all’interno del movimento scout?

Era il 4 gennaio del 2009. Diciotto giovani del gruppo scout di “Villorba 1” si trovavano in val Bona per un’escursione sulle montagne bellunesi del Gruppo del Bosconero. Erano sul sentiero 488 che porta a Casera Girolda a 1.400 metri di quota, quando un ragazzo di 16 anni del “reparto” (in gergo scoutista) è scivolato sul ghiaccio. Una slavina di neve interrompeva il percorso: secondo quanto riferisce il Corriere delle Alpi, i soccorritori l’hanno definita una “pista di bob”, perchè con le bassissime temperature di quei giorni, era completamente gelata.

Secondo le ricostruzioni, i capi scout si erano resi conto della difficoltà nel superare il tratto ghiacciato, tanto che avevano ancorare una corda al terreno, con chiodi o comunque dei fermi, per segnare un percorso alternativo al tratto ghiacciato poco più sopra. La Tribuna di Treviso riferisce che uno dei due capi aveva raccontato agli investigatori di aver creato dei piccoli gradini usando una piccola accetta per far sì che i ragazzi camminassero in maggiore sicurezza durante l’attraversamento. Tre scout erano riusciti ad oltrepassare il ghiaccio e tendevano una corda che avrebbe dovuto fungere da passamano.

La vittima comunque non avrebbe partecipato ai lavori, semplicemente avrebbe aspettato in disparte il suo momento per attraversare il tratto pericoloso. Ciò nonostante avrebbe perso l’equilibrio, precipitando nel canalone sottostante per oltre 200 metri, morendo nella caduta.

Secondo l’accusa, i capi scout, due giovani che oggi hanno 24 anni, non avrebbero tenuto conto del ghiaccio e delle altre avversità climatiche nel decidere di condurre il reparto lungo un sentiero della Valbona. Anche l’attrezzatura e l’abbigliamento, per i consulenti del pm, non sarebbero stati adeguati. In sostanza omicidio colposo.

L’altro ieri, al Tribunale di Belluno, il processo si è concluso con un patteggiamento che condanna gli imputati alla pena di un anno di reclusione. L’Associazione degli Scouts Europei inoltre, ha intenzione di risarcire, attraverso le proprie assicurazioni, la famiglia della vittima, costituitasi parte civile. Le guide e scouts d’Europa cattolici della federazione della scautismo europeo inoltre, avrebbero espresso, in un comunicato, vicinanza ai familiari del ragazzo, la mamma e il fratello che, anche dopo il tragico evento, “ha continuato il suo percorso educativo nel gruppo scout. Grazie a loro, alle tante testimonianze di apprezzamento e incoraggiamento, unite alla rinnovata fiducia delle famiglie dei ragazzi, il gruppo Fse di Villorba ha trovato la forza e il coraggio di proseguire la propria attività educativa”.

La drammatica vicenda insomma è arrivata a una conclusione, ma la questione è più che mai aperta e non può non suscitare tra i frequentatori e i cronisti della montagna alcuni interrogativi importanti. Senza nulla togliere al valore della tradizione, alla straordinaria capacità formativa e aggregativa del movimento scout, sorgono invece dubbi sulla preparazione impartita ai capi, spesso giovani, che si assumono la responsabilità di portare dei ragazzi in montagna. Giovani che diventano capi più per esperienza e capacità acquisite all’interno del movimento scout, che per abilità certificate da enti esterni.

E’ giusto che dei ragazzi si prendano la responsabilità di portare in montagna dei minorenni? Ricevono una formazione adeguata? Quanti incidenti che li vedono coinvolti si potrebbero evitare con una diversa preparazione?

Sono interrogativi aperti, rispetto ai quali vorremmo conoscere la vostra opinione. Le pubblicheremo nei prossimi giorni insieme alle interviste ad alcuni esperti del mondo della montagna.

Valentina d’Angella

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