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La montagna e il Trento film festival raccontati dai manifesti: una storia lunga 65 anni

Inaugurerà oggi la mostra dal titolo “I manifesti del Trento Film Festival dal 1952 al 2017” alla presenza dei presidenti delle Camere di Commercio di Trento e Bolzano, dei vertici del Trento Film Festival e dell’architetto Roberto Festi, curatore della manifestazione. L’esposizione è ospitata a Trento, a Palazzo Roccabruna, dall’11 novembre al 6 gennaio e a Bolzano, a Palazzo Mercantile, dal 9 febbraio al 17 marzo.

La mostra si sviluppa lungo le splendide sale di Palazzo Roccabruna attraverso un itinerario cronologico, offrendo al visitatore la possibilità di potere ammirare i manifesti di tutte le edizioni della rassegna realizzati dai vari artisti che si sono succeduti negli anni, da Emanuele Luzzati a Ro Marcenaro, da Raymond Peynet aFlavio Faganello, da Xavier Poiret a Samivel, da Guido Scarabottolo Sergio Toppi.

«Questa mostra – spiega il Presidente del festival Roberto De Martin – racconta 65 anni di storia del festival, durante la quale grandi artisti hanno riassunto ciò che voleva esprimere ogni edizione della rassegna con grafiche e illustrazioni che costituiscono delle vere e proprie opere d’arte che, ancora oggi, continuano a rappresentare il primo atto con il quale la manifestazione si presenta al suo pubblico. In questo senso i manifesti indicano, per le edizioni di Trento e Bolzano del festival, un cammino da seguire insieme, così come si fa in montagna quando si percorrono i sentieri in compagnia di amici o dei propri pensieri, alla ricerca di quelle sensazioni che le alte quote possono regalare. E il catalogo, in tre lingue, nel quale sono stati raccolti tutti i manifesti costituisce una sorta di “libro di vetta”, con le firme dei grandi artisti che hanno lasciato il segno del loro passaggio e che ognuno di noi raggiunta la meta legge, aggiungendo una propria testimonianza».

«L’esposizione, sotto certi aspetti, rappresenta anche un piccolo “Bignami” della nostra storia – evidenzia la direttrice Luana Bistesti – perché ogni manifesto è una sintesi di ciò che ogni anno la rassegna voleva esprimere e raccontare, ponendosi anche come anticipatore di future tendenze. E tutto questo il festival lo ha fatto privilegiando l’arte del disegno come forma di comunicazione, così come si faceva fino agli anni Cinquanta del secolo scorso, quando poi la fotografia ha avuto il sopravvento nella pubblicità attraverso i manifesti. Sotto molti aspetto l’uso del disegno è diventato così un tratto distintivo del festival».

La mostra è curata da Roberto Festi, architetto, autore di numerosi studi storico-artistici, molti dei quali dedicati alla grafica pubblicitaria, all’illustrazione a al fumetto, pubblicati come cataloghi di mostre. Il curatore, profondo conoscitore peraltro dei temi legati alla cultura mitteleuropea e in particolare alle arti viennesi di inizio Novecento, si è occupato altre volte della rassegna, scrivendo per i cinquant’anni della stessa un volume proprio sui manifesti del festival.  

Opere la cui esposizione permette di rivivere – così come ha spiegato nella prefazione del catalogo Franco De Battaglia – le emozioni che molti di essi provocarono al loro apparire, le visioni nuove che aprirono. Il primo grande impatto venne dallo Studio Rumor (Ugo Busarello) nel 1958, con le montagne trasformate in lingue futuriste, di rosso e di nero, di fuochi e precipizi. Così come si rimane letteralmente affascinati dal più recente grande “trio” che riassume quasi tutti i messaggi del Trento Film Festival: “La felicità di boschi e rocce” (Bernardo Carvalho), le “preghiere” al vento che uniscono fedi e nazioni, rilanciando vecchi oggetti smarriti e pensieri dimenticati (Michele Tranquillini), “il labirinto di oggi che la montagna può però sgarbugliare” (Guido Scarabattolo).

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