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Sul Monte Bianco a lezione di riscaldamento globale – di Enrico Martinet

Articolo di Enrico Martinet, da La Stampa Montagna  del 15.10.2017

 

La montagna è un libro di testo. Lo diventa. La cattedra è la Val Veny, un ramo di quella «Y» che s’infila ai piedi del Monte Bianco, tra ghiacci e graniti. Ieri una classe di professori ha seguito glaciologi e geologi in un viaggio didattico in quella che è considerata l’unica vallata himalayana delle Alpi. Lezione pratica dopo quelle teoriche: visita guidata tra morene e crepacci. Insegnanti di scuole medie e superiori hanno sperimentato sul campo gli effetti del riscaldamento globale. La mappa febbricitante della Terra è nel gelo: il ghiaccio si ritira “quasi a vista d’occhio, almeno per noi abituati a guardare lingue e fronti glaciali”, dice Gianni Boschis, fra gli organizzatori di questo corso, geologo impegnato in un dottorato proprio sul cambiamento climatico con le Università di Camerino, Siena e la francese Savoie-Mont Blanc. 

Il viaggio didattico dimostra come la montagna possa insegnare ed è stato organizzato nel solco dell’indirizzo della riforma scolastica che individua l’esigenza di dare conoscenza su quanto accade al clima. L’iniziativa “Ghiaccio fragile” ha già avuto il “sì” da ministero attraverso la direzione regionale scolastica del Piemonte. E curato dal dipartimento di Scienza della Terra dell’Università di Siena e ha il sostegno del Museo nazionale della Montagna, di Torino. Fanno parte anche aziende dell’energia, come l’Iren di Regio Emilia o editoriali come la Zanichelli. 

“C’è un grande interesse per fortuna – dice Boschis -. La conoscenza di fenomeni che riguardano il cambiamento climatico devono passare per la formazione degli insegnanti e andare nelle classi. In realtà è materia multidisciplinare, esiste un coinvolgimento che passa dalla geologia alla fisica, dalla fisica all’economia, fino alla filosofia. Conoscere per i ragazzi significa poi fare scelte di vita consapevoli. Un’etica del comportamento che s’imapara proprio “sfogliando” i nostri ghiacciai”. Si parte da quanto accade ai ghiacciai del Monte Bianco per comprendere un’emergenza climatica mondiale. Proprio in Val Veny quest’estate si è verificata un’anomalia, il modernissimo rifugio Gonella, costruito su un’isola rocciosa in mezzo ai ghiacciai, ha dovuto chiudere per mancanza di acqua. La fonte, un nevaio è scomparso anzitempo. Ma anche se ci fosse stata acqua, la condizione dei ghiacciai era tale da sconsigliare, per pericolo, qualsiasi escursione alpinistica. “Gli effetti climatici sulle Alpi sono devastanti”, dice Boschis. Le cifre mostrano l’allarme, tanto che i parametri decisi a Parigi per la tutela ambientale sono saltati. Quel grado di aumento della temperatura media da non superare, osserva Boschis “è soltanto utopia”. Se nell’ultimo secolo la temperatura terrestre è aumentata di 0,8 gradi, sull’arco alpino occidentale i gradi sono stati 2, nell’Artico addirittura 3. Il massiccio del Monte Bianco ne è la prova. Il ritiro di fiumi glaciali come il ghiacciaio del Miage in Val Veny ne sono la prova. La montagna mostra un volto inedito, rocce dilavate da antichi strati di ghiaccio emergono in balzi, pareti mai scalate. 

 

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