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E la montagna cataloga i propri beni archeologici

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MODENA — Tesori archeologici custoditi dalle montagne. Spesso nascosti, sconosciuti, inosservati. La Provincia di Modena li ha fatti risplendere, raccogliendo tutti i beni della sua montagna in un “Atlante dei beni archeologici della montagna modenese”.

La ricerca rappresenta forse la prima raccolta sistematica del patrimonio archeologico dell’Appennino. Un censimento che si sviluppa lungo 370 schede e che mette in mostra le ricchezze artistiche di 18 comuni della provincia. Dalle spade in bronzo risalenti al 1300 avanti Cristo trovate sulla vetta del Cimone, alle monete di epoca romana provenienti dagli scavi nella zona di ponte Ercole a Lama Mocogno, fino ai resti dei primi insediamenti del neolitico, cinquemila anni prima di Cristo, della rupe del Pescale.

La rupe del Pescale in particolare rappresenta un sito dal pregiato valore archeologico. Alcuni scavi eseguiti nel 1937 e nel 1942 dal paleontologo modenese Fernando Malavolti hanno portato alla luce tracce di un abitato neolitico con fondi di capanna, focolari, tombe, manufatti in pietra e osso, oggetti di terracotta e vasellame in ceramica risalenti al sesto millennio avanti Cristo, ora conservati presso il Museo civico di Modena.

Il volume è stato realizzato dalla Provincia di Modena in collaborazione con il Museo civico archeologico ed etnologico di Modena e la Soprintendenza per i beni archeologici dell’Emilia Romagna.

Elisa Lonini

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