Bonington: il rischio? Life is for living
KATHMANDU, Nepal — Incontro con una leggenda. Solo così si può definire questa videointervista, catturata una mattina di aprile nell’Hotel Malla di Kathmandu. Il protagonista è Sir Chris Bonington, un nome che evoca pareti impressionanti come la Sud dell’Annapurna o il Freney, dove le prime salite portano la sua firma. Sorridente, gentile e con quell’irresistibile punta di humor inglese, Bonington racconta aneddoti e opinioni sull’alpinismo. "Penso che la vita sia fatta per essere vissuta" ci ha detto nell’intervista, che sul finale si trasforma in un simpatico scambio di opinioni con Silvio "Gnaro" Mondinelli, che stavolta, è dietro la telecamera.
Abbiamo incontrato Bonington di rientro da un trekking al campo base dell’Everest, il primo dell’agenzia appena aperta da suo figlio. Si è fermato con noi per una lunga chiacchierata, in cui ci ha raccontato aneddoti e retroscena delle sue spedizioni, in particolare della sudovest dell’Everest e della Sud dell’Annapurna: forse pochi lo crederanno, ma andò laggiù soltanto con una fotografia, senza aver fatto nessuna ricognizione. E riuscì a vincerla.
Attraverso episodi della sua storia e impressioni raccolte nei viaggi più recenti, Bonington descrive un pungente e affascinante quadro dell’alpinismo e dei grandi cambiamenti. "Negli ultimi 10 anni i media hanno cambiato questo mondo – dice Bonington – perché attirano l’attenzione prima su di loro. Ci sono miriadi di record inutili, che sono risultati straordinari a livello individuale, ma non c’entrano con l’alpinismo, che è un’altra cosa. Secondo me l’alpinismo riguarda la scoperta, l’innovazione, l’impegno, lo stile alpino".
Bonington parla anche della sua famiglia, dei premi alpinistici che "sono simpatici ma vengano presi troppo sul serio", del fattore di rischio delle spedizioni esplorative e dell’alpinismo italiano: temi sui quali si lascia andare ad uno scambio di battute con Mondinelli, vidooperatore d’eccezione ma anche parte attiva di questa intervista.