Trail running

Mira Rai, la trail – runner nepalese eletta avventuriera del 2017 da National Geographic

Una volta trasportava sacchi di riso in Himalaya, ora vince gare internazionali di trail e ispira giovani donne nepalesi.

Ogni anno National Geographic nomina dieci persone in tutto il mondo per il premio dell’ Avventuriero dell’Anno: individui che abbiano realizzato grandi imprese nell’esplorazione, la conservazione, il ripristino culturale, lo sport o in cause umanitarie e, appunto, che abbiano sostenuto grandi avventure.

“Da bambina mi sentivo ripetere costantemente di ricordare quale era il mio posto, di sopprimere la mia voce e comportarmi in un certo modo. Per me acquisire la libertà da queste tradizioni è già un grande sogno”. Così ricorda Mira Rai, vincitrice del titolo di “Avventuriera dell’anno 2017”,  dopo esser cresciuta in un villaggio rurale ad est delle montagne Bhojpur in Nepal nutrendo sogni che andavano ben al di là delle normali aspettative delle donne nepalesi.

Come sorella maggiore di cinque fratelli era suo compito procurare l’acqua, occuparsi del grano e del bestiame e aiutare con i mestieri di casa. A 12 anni lasciò la scuola per andare a portare, a spalla, sacchi di riso su e giù per ripidi sentieri, spesso a piedi nudi, per venderli al mercato. Un lavoro duro, ma che ha contribuito al suo allenamento. A 14 anni arrivarono i ribelli maoisti al suo villaggio e lei decise di unirsi a loro alla ricerca di soldi e di una vita diversa. Trascorsi due anni tornò a casa senza aver combattuto nemmeno una battaglia, ma dopo essersi distinta nella corsa. A quel punto si chiese cosa potesse fare con questo suo talento, dal momento che in Nepal non vi era l’abitudine di partecipare a competizioni sportive professionali e in particolar modo se si è donne.

Due anni fa, per caso, Rai ottenne la sua chance: stava correndo fuori Kathmandu quando due trail runners la invitarono a partecipare ad una gara, la Kathmandu West Rim 50k. Non aveva né l’attrezzatura né l’allenamento per una tale distanze; era anche l’unica donna che avrebbe partecipato. Mira batté tutti e fu la volta che corse più lontano di sempre. Da quel momento una community di supporters si è riunita per dare a Rai la possibilità di competere in gare di trail a livello internazionale.

Ora il mondo la riconosce come un fenomeno del trail running ad altezze elevate e lei, dal canto suo, cerca di aiutare uomini e donne nepalesi attraverso gli sport e spiega: “Ho potuto fare ciò che ho fatto perché molte persone hanno creduto in me, si sono esposte per me e voglio contraccambiare in modo che altri possano avere le possibilità che ho avuto io”.  Per esempio, intanto che recuperava da un’operazione al ginocchio lo scorso ottobre, ha organizzato una gara nel suo villaggio di origine per introdurre allo sport i più giovani. E, anche se ritiene che il suo impegno per dare una possibilità anche agli altri sia solo all’inizio, Mira dice: “Abbiamo constatato che il Nepal ha un’enorme capacità di sviluppare fortissimi atleti professionisti. Per questo stiamo organizzando una serie di gare di trail a Kathmandu, percorsi brevi destinati sia ai novizi che ai runners più esperti”. L’obiettivo è quello di costruire una piattaforma dove i ragazzi e le ragazze più talentuosi possano farsi notare.

Oltre alla gare Mira fornisce consigli a uomini e donne riguardo alla corsa e li incoraggia a perseguire una carriera nello sport, visitando anche le scuole e le case per condividere la sua esperienza e l’importanza di uno stile di vita attivo; sta inoltre lavorando con il governo nepalese per creare un ambiente in cui il trail running si diffonda come sport principale e i giovani promettenti e interessati possano crescere e migliorare le loro performance internazionali. Anche secondo Wasfia Nazreen, la prima donna proveniente dal Bangladesh che ha scalato le Seven Summits, Mira ha avuto un impatto straordinario sulle giovani donne nepalesi grazie al suo esempio, a maggior ragione arrivando da un villaggio rurale come la maggioranza di loro, e grazie al fatto di poter parlare di uguaglianza di genere a livello nazionale e attraverso le sue vittorie, fonte di stimolo e incoraggiamento per tutti. Anche per Ben Ayers, il direttore della dZi Foundation a Kathmandu, Mira suscita speranza in Nepal, Paese tutt’ora vessato da povertà e corruzione, e dice: “Mira impersona le aspirazioni di un’intera generazione di giovani nepalesi”.

Se poi si chiede a Mira se sia più difficile, dal suo punto di vista, correre lungo impervi sentieri o rompere gli stereotipi di genere lei risponde: “Correre non è difficile, rompere gli stereotipi sì. Nella società in cui viviamo, fare qualcosa di diverso dalle convenzioni è molto problematico. Sei definita ribelle e se si tratta di uno sport che implica dei rischi, nessuno ti incoraggia. Anche se qualcosa sembra stia cambiando, ci si muove ancora a passo di lumaca e c’è ancora molta strada da compiere prima che le donne nella società nepalese siano alla pari agli uomini. Questa è la triste realtà.”

Prossimamente potremmo vederla correre la Ultra-trail du Mont Blanc perché, parole sue,  “mi piacerebbe molto vedere dove riuscirei a posizionarmi in questa gara”.

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