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Rigopiano, tra dubbi e polemiche

Sono passati tre giorni e si sta ancora scavando nella neve tra le strutture del complesso alberghiero Rigopiano. Una costruzione realizzata a 1200 metri di quota, bella, accogliente, moderna e di lusso, con quella spa che si espandeva anche all’esterno con una piscina riscaldata. Costruito a ridosso di un bosco, ma di fatto al fondo di un canale, su un terrazzo leggermente sopraelevato rispetto al fondo geologico della ampia valle.

“L’albergo non avrebbe dovuto stare là. Il disastro sarebbe potuto accadere anche se non ci fosse stato il sisma”. Così a numerosi quotidiani Francesco Stoppa, 60 anni, docente del corso di laurea in geologia dell’Università Gabriele d’Annunzio di Chieti e di Pescara, che non ha dubbi: “A monte dell’albergo c’è una forma geologica produttrice di valanghe. C’è una valletta nella quale scaricano molti canaloni che vengono dalla cresta del monte Siella”, la cui quota è di poco superiore ai 2000m. Basta guardare Google Earth per rendersi conto che nella parte alta del versante ci sono costoni e canali molto ripidi, giù fino a 1600/1700 metri dove inizia il bosco. Continua Foppa: “Nella parte più alta ci sono piccoli circhi glaciali nei quali si accumula neve. Da lì scivola verso valle in certe condizioni meteorologiche”.  E quelle dei giorni scorsi erano sicuramente più che eccezionali.

Il geologo, che con la moglie all’hotel Rigopiano ha soggiornato lo scorso novembre, ha ammirato certamente il luogo con l’occhio dell’esteta naturalista, ma anche del geologo e aggiunge al suo racconto: “Quello che conta davvero è la stratigrafia geologica del terreno sul quale si trova l’albergo. È costruito sopra una piccola collinetta che si è formata per l’accumulo di massi e di detriti portati lì da vecchie frane e da vecchie valanghe. L’ultima, a memoria degli anziani del luogo, si è verificata negli anni trenta”. “Quando ci sono andato, ho verificato che non ci fossero lesioni provocate dal terremoto. Non ce n’erano. L’albergo ha retto perfettamente sia al sisma dell’Aquila, sia a quello di Amatrice-Norcia. Insomma era integro. Era costruito nel posto sbagliato, ma era solido”.

So che a taluno queste informazioni, mentre si scava per recuperare i dispersi e i morti, potranno sembrare fuori tempo e inopportune, ma più leggo le agenzie e i giornali e guardo le fotografie di questa terribile disgrazia più mi pare umano cercare di capire, perché i dubbi mi son venuti quasi subito e poi son cresciuti. Mi sono chiesto perché non sono andati ad evacuare prima gli ospiti dell’albergo che avevano a più riprese chiesto di rientrare a valle fin dalla mattinata, dopo colazione. C’era stato un terremoto, forte, di 5.5 gradi, la terra aveva tremato insieme all’hotel e questo li aveva impauriti. Volevano scendere, rientrare e si erano preparati, facendo le valigie e lasciando le stanze, aspettavano nella hall. Alle ore 11 dall’albergo era partita una richiesta di aiuto via email certificata.

@ Repubblica

Perchè dopo 7/8 ore erano ancora li? A quelli che chiamavano per scendere e a quelli che rispondevano di aspettare, non è proprio passato nemmeno per un attimo il barlume che quella enorme massa di neve là sopra, non più eccezionale, ma unica nella storia degli uomini che lì vivono, poteva essere potenzialmente pericolosa. Era già accaduto negli anni trenta del secolo scorso che la neve avesse fatto disastri e morti. E poi perché dopo la deflagrazione bianca delle 17,40 che tutto e tutti ha travolto, le numerazioni telefoniche d’allerta non hanno creduto alla richiesta insistente e drammatica di aiuto e hanno reagito con minuti e ore di ritardo. Assuefazione da eccesso di disgrazie? E perché con due metri di neve fresca, quando la tragedia è diventata una notizia certa, erano presumibilmente le 19, qualcuno non ha messo ai piedi gli sci e non si è precipitato lassù. Una decina di chilometri, che anche con la neve alta due metri e la bufera più cupa, con un paio di sci si percorrono in un paio d’ore. I primi soccorsi sono arrivati al Rigopiano, dove le luci e le caldaie della spa erano accese, dopo le 4 di mattina. E poi chi dava ordini alle molte squadre che sono arrivate sul posto? L’impressione è stata che ogni gruppo lavorasse con informazioni e gerarchie e ordini propri. Una sensazione nata leggendo le agenzie e seguendo i servizi televisivi, ma anche chiamando al telefono amici guide, soccorritori, giornalisti; perfino il numero dei superstiti e recuperati per moltissime ore è stato ballerino.

Non c’è dubbio che l’abnegazione, il valore e il coraggio dei singoli soccorritori sia una realtà di cui essere orgogliosi e grati. Lo siamo.

L’Hotel in estate

Ma la struttura dell’allerta, dell’intervento e del soccorso sono apparse inadeguate, sfilacciate, soprattutto ai vertici della gerarchia delle decisioni; senza consapevolezza e capacità di reazione immediata e efficace, senza mezzi funzionanti, adeguati e operativi, e probabilmente senza conoscenza specifica ed esperienza fisica, geografica e tecnica della realtà della montagna.

C’è ancora, quando si parla delle montagne dell’Abbruzzo, del Lazio e delle Marche l’impressione che l’essere situate tra due mari, l’Adriatico e il Tirreno, entrambi visibili dalle vette di queste catene montuose, le abbia relegate, come accade già normalmente per qualsiasi montagna, a territori di serie B, forse anche di serie C o D. Lasciate al margine senza programmi, progetti. C’è l’impressione che i vertici che governano questi territori, ma anche a Roma, non abbiano la consapevolezza che si tratti di montagne, dure e complesse, da rispettare, capire e sulle quali la vita delle popolazioni va governata con grande attenzione, capacità, consapevolezza e prevenzione. Del resto i montanari hanno scarsa se non irrilevante rappresentanza politica e le regioni montane “autonome” si fanno gli affari loro.

Dice ancora il geologo Francesco Stoppa: “L’hotel Rigopiano Gran Sasso Resort aveva anche una piscina interna e una esterna, una spa, una palestra e un grande giardino. Ci lavoravano tanti giovani felici d’aver trovato un lavoro. Gli abruzzesi lo consideravano una sorta di piccolo sogno hollywoodiano”. Una speranza spezzata, ma da ricomporre con coraggio e perseveranza, doti che non mancano certo ai montanari.

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2 Commenti

  1. Ad essere sincero, essendo pure io geologo, e volendo vedere dov’era questo posto, su Google maps ho notato subito la posizione poco sicura dell’albergo

  2. Ho visto valanghe anno 1985 in zona Passo San Pellegrino , scendere da un versante, scavalcare la strada statale e risalire sul versante opposto di parecchie decine di metri , distruggendo baite e malghe vuote con l’impatto e lesionandone altre solo per lo spostamento d’aria.Quindi la collinetta detritica su cui sorgeva il resort ..non era al sicuro…una valanga del genere non si ferma a fine corsa ma risale.Inizia il rimpallo di fax e documenti.Ho visto rifugi e alberghetti fuori mano che si automuniscono di: cisterna gasolio, trattore con fresa applicabile,gruppo elettogeno potente, mezzo cingolato per trasporto clienti in arrivo o partenza , addirittura ponte radio da radioamatore.Poi il pubblico se arriva e’meglio , ma intanto provvedono per conto proprio e solo poi , tentano di avere contributi.

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