15 protagonisti della montagna che ci hanno lasciato nel 2025
Giovani scalatori in attività e veterani che hanno scritto pagine importanti della storia delle Terre Alte. Anche nel 2025 l’elenco di coloro che sono andati avanti è lungo. Forse troppo
Ci sono articoli che non vorremmo dover scrivere, e che invece siamo costretti a compilare con dolore alla conclusione di ogni anno. Nel corso del 2025 ci hanno lasciato atleti nel pieno della giovinezza e del vigore, ma anche nonni o bisnonni che si erano fatti notare per i loro exploit nel passato. Nel nostro breve (e parziale) elenco compaiono climber e alpinisti d’alta quota, dilettanti e uomini morti lavorando in montagna, capitani d’industria, atleti in attività e militari in pensione. Che il loro ricordo si conservi a lungo. E ci ispiri negli anni a venire.
Felix Baumgartner

“A volte bisogna andare molto in alto per capire quanto siamo piccoli”. Lo ha scritto qualche anno fa Felix Baumgartner, il paracadutista e base jumper austriaco che si è schiantato a luglio presso Porto Sant’Elpidio, nelle Marche, con un parapendio a motore. A renderlo celebre, nel 2012, era stato il Red Bull Stratos Leap, un lancio da 38.969 metri, nel quale ha raggiunto la velocità massima di 1357,64 km/h, pari a Mach 1,24. Con la tuta alare si è lanciato più di 1.000 volte, anche da luoghi celebri come le Petronas Towers di Kuala Lumpur e il Redentore di Rio de Janeiro. Con lo stesso sistema ha sorvolato il Canale della Manica.
Cristian Brenna

Una scivolata su terreno facile, sul Monte Biaina, nell’Alto Garda bresciano, è costata a giugno la vita a Cristian Brenna, 54 anni, uno dei più forti arrampicatori italiani. Nato a Bollate, alle porte di Milano, Brenna fino a 25 anni si era dedicato alle gare di arrampicata, salendo sul podio anche in gare di Coppa del Mondo, e alle falesie salendo vari 8c+ e raggiungendo il 9a su Underground al Pueblo di Massone (Arco). Più tardi è diventato guida alpina e soccorritore del SAGF, e ha compiuto spedizioni sul Chogolisa (Karakorum), sul Cerro Piergiorgio (Patagonia) e nella Miyar Valley (Himalaya indiano).
Laura Dahlmeier

A luglio la caduta di un masso sul Laila Peak, in Pakistan, è costata la vita all’alpinista tedesca Laura Dahlmeier, 31 anni, una delle atlete più titolate del biathlon mondiale. Marina Krauss, la sua compagna di spedizione, ha spiegato che la frana si è staccata durante la terza calata in doppia su una parete di ghiaccio, e di non aver potuto raggiungere Laura perché si era già staccata dalla corda. Inutili i tentativi di soccorso del bavarese Thomas Huber e degli statunitensi Jackson Marvell e Alan Rousseau. Laura Dahlmeier aveva vinto due medaglie d’oro nel biathlon nei Giochi di Pyeongchang 2018, e sette titoli Mondiali.
Virginio Epis

A febbraio, a 93 anni, ci ha lasciato Virginio Epis, componente il 7 maggio 1973 della seconda cordata di alpinisti italiani che ha raggiunto la vetta dell’Everest con la spedizione diretta dall’imprenditore Guido Monzino. Nato a Oltre il Colle, in provincia di Bergamo, Epis ha prestato a lungo servizio come maresciallo della Scuola Militare Alpina di Aosta, dove è stato istruttore di sci e alpinismo. Ha compiuto ascensioni importanti nel gruppo del Bianco e nelle Dolomiti. Dopo essere andato in pensione ha lavorato per altri otto anni come maestro di sci a Torgnon e a Cervinia.
Guglielmo “Memmo” Fornari

A novembre una malattia ha stroncato Guglielmo Fornari, 69 anni, un alpinista di Palestrina, nel Lazio, che tutti conoscevano come “Memmo”. Dagli anni Ottanta, è stato un protagonista dell’alpinismo sul Gran Sasso con vie nuove e ripetizioni importanti. Attivo in tutte le falesie dell’Italia Centrale, ha frequentato soprattutto Guadagnolo, a pochi chilometri da casa, dove ha aperto o riattrezzato decine di vie, e alla quale aveva dedicato da pochi anni una guida. A Palestrina “Memmo” era un mito, ed è stato uno dei pilastri dell’attivissima sezione locale del CAI.
Matteo Franzoso
Ha destato enorme commozione nel mondo dello sci alpino (e non solo) la tragica scomparsa di Matteo Franzoso, a settembre, a seguito di una caduta in allenamento sulle nevi di La Parva, in Cile. L’atleta, 26 anni, originario di Genova, era sulle Ande insieme ad altri azzurri per la preparazione della stagione 2025-‘26. La sua morte, preceduta in meno di un anno da quelle degli italiani Matilde Lorenzi e Marco Degli Uomini e della francese Margot Simond, ha aperto un duro confronto sulla sicurezza in allenamento, troppo spesso inferiore a quella sui tracciati di gara.
Franco Gaspari

A settembre, un volo sulla via normale della Cima Grande di Lavaredo è costata la vita a Franco Gaspari, 64 anni, guida alpina di Cortina d’Ampezzo e autore di vie nuove sulla Gusèla, sul Sass di Stria e su altre cime. Componente del Soccorso Alpino dal 1985, ha compiuto centinaia di interventi e ha scritto nel 2024 il volume Di roccia e di cuore. Negli ultimi anni aveva dedicato il suo interesse e il suo lavoro alle testimonianze della Prima Guerra Mondiale sulle montagne d’Ampezzo.
Kancha Sherpa

Il 16 ottobre, a 92 anni, è morto a Kathmandu l’ultimo sopravvissuto della spedizione britannica che nel 1953 ha compiuto la prima salita dell’Everest. Kancha, all’epoca diciannovenne, ha raggiunto gli 8000 metri di quota, ed è tornato a Namche Bazaar, la “capitale” degli Sherpa, senza congelamenti o ferite. Più tardi ha accompagnato decine di spedizioni e di trekking, e ha aperto un lodge, un piccolo albergo a Namche, quota 3400 metri. Gli sono stati dedicati un libro e un film, per anni ha raccontato la sua storia a trekker e alpinisti di passaggio.
François Labande

A marzo, nella sua casa di La Salle-les-Alpes, ci ha lasciato l’alpinista, ambientalista e scrittore francese François Labande, 83 anni. Autore di molte ascensioni importanti sui massicci del Monte Bianco e dell’Oisans, François ha sempre sottolineato l’importanza dell’etica per limitare l’impatto delle ascensioni in montagna. E’ stato tra i fondatori di Mountain Wilderness, e il presidente dal 1995 al 2002 della sezione francese dell’associazione. La sua Guide du Haut-Dauphiné e la sua Guide du Mont Blanc hanno accompagnato migliaia di alpinisti.
Krystyna Palmowska

A luglio, una caduta mentre arrampicava sugli Alti Tatra è costata la vita, a 76 anni, alla leggendaria alpinista polacca Krystyna Palmowska. Il suo impressionante curriculum comprende la prima salita invernale della parete Nord del Cervino compiuta da una cordata di donne (1978), una via nuova sul Rakaposhi (1979), la prima salita femminile del Broad Peak (1983), la prima del Nanga Parbat da parte di una spedizione di sole donne (1985) e la salita fino a 8200 metri della Magic Line del K2, con Anna Czerwinska, nella tragica estate del 1986.
Francesco Parisotto
Ad agosto, ad Asolo, si è spento a 98 anni uno dei protagonisti nella storia delle calzature da montagna. Francesco Parisotto, classe 1927, che aveva fatto della sua azienda una ragione di vita. Cresciuto in una famiglia contadina, ha rilevato il calzaturificio Scarpa negli anni Cinquanta con i fratelli Luigi e Antonio, e lo ha trasformato negli anni in un punto di riferimento a livello internazionale. La sua azienda ha puntato su qualità e innovazione, mantenendo un profondo legame con il territorio. Oggi i figli Sandro e Cristina portano avanti il suo impegno.
Rima Rinje Sherpa e Ngima Tashi Sherpa

I successi delle spedizioni commerciali agli “ottomila” non devono nascondere una dura realtà: accompagnare clienti su quei pendii e su quelle cime è un lavoro estremamente pericoloso. Ad aprile, una valanga ha spazzato la via normale dell’Annapurna tra i campi 2 e 3, mentre un gruppo di Sherpa stava piazzando le corde fisse e un altro gruppo stava salendo con dei carichi. Rima Rinje Sherpa e Ngima Tashi Sherpa sono stati spinti in un crepaccio, i loro corpi sono stati recuperati 48 ore dopo.
Luca Sinigaglia

Ad agosto sul Pik Pobeda, 7439 metri, la vetta più alta del Tien Shan, ha perso la vita Luca Sinigaglia, 49 anni, di Melzo, in Lombardia. Nel suo curriculum spiccano molte vette delle Alpi occidentali, dell’Africa e dell’Asia centrale. Sulla cima del Pobeda, che ha salito da solo, Luca ha conquistato il Leopardo delle Nevi, il riconoscimento ai salitori dei 5 “settemila” dell’ex-URSS. Dopo un bivacco a 6900 metri in discesa, Luca è risalito per soccorrere la russa Natalia Nagovitsyna, che si era fratturata una gamba. Poi il maltempo ha investito la montagna Pik Pobeda, e per Luca e Natalia non c’è stato più nulla da fare.
Roberto Sorgato

A dicembre, a Belluno, si è spento a 88 anni Roberto Sorgato, grande esponente dell’alpinismo dolomitico. A renderlo famoso sono state la prima invernale della via Livanos alla Cima Su Alto (1962) e della Solleder della Civetta con Redaelli, Ignazio Piussi, Toni Hiebeler, Marcello Bonafede Natalino Menegus. Nel 1965, con Piussi e Pierre Mazeaud, ha aperto una via sulla Punta Tissi. Nel 1961, in un tentativo di prima ripetizione della via Couzy a Cima Ovest, era stato soccorso dagli Scoiattoli di Cortina dopo un pauroso volo. Sorgato è stato protagonista dei film Abîmes e Una cordata europea, vincitore del Festival di Trento nel 1964.
Andreas Tonelli

A luglio, una caduta in Vallunga, in Val Gardena, è costata la vita ad Andreas Tonelli, biker altoatesino seguito da 120.000 follower. Nato a Fié allo Sciliar, guida di mountain bike, affrontava spesso bici in spalla ferrate e vie di arrampicata, per poi scendere a valle in mountain-bike. “La zona in cui sono cresciuto e vivo si chiama Alto Adige. Ma poiché trascorro 7 mesi all’anno in viaggio, chiamo casa mia anche tutti gli altri luoghi del mondo in cui mi sento felice e libero”, aveva scritto recentemente. Ha salito in bici anche il vulcano Ojos de Salado (6893 metri), in Cile, la seconda vetta delle Ande.












