Lukas Furtenbach: “perché l’Everest con lo Xenon in sette giorni è stato importante”
Poche ore dopo che Garth Miller, Alastair Carns, Anthony Stazicker e Kev Godlington hanno raggiunto la vetta dell’Everest con l’aiuto dello Xenon, l’ideatore e organizzatore dell’impresa ha scritto questo commento sulla sua pagina Facebook. Merita di essere letto con attenzione
Salire l’Everest non significa mai soltanto salire alla vetta. Consiste nello spingere avanti i confini dell’uomo con sicurezza, responsabilità e integrità.
La “7-Day Mission Everest” non è mai stata una bravata, anche se il risultato è il record della più veloce spedizione, andata e ritorno, sull’Everest. È stata una spedizione scientifica e medica, meticolosamente pianificata, realizzata per esplorare il futuro dell’alpinismo d’alta quota.
Con l’appoggio di anni di ricerca, di protocolli di acclimatazione guidati da esperti, e con il supporto salvavita di un’applicazione d’avanguardia dello Xenon, puntavamo a dimostrare che con la tecnologia, la preparazione e l’etica giusta è possibile accelerare le ascensioni – senza rischiare vite.
Avevamo un controllo continuo della saturazione di ossigeno (SpO2), attenzione alle emergenze 24/7, simulazione dell’alta quota per la pre-acclimatazione, e un team di sicurezza dedicato. Ogni passo è stato calcolato, ogni rischio mitigato. Il nostro scopo? Migliorare la sicurezza in montagna per tutti, non glorificare la velocità.
Non tentate di replicare questa ascensione rapida senza l’esperienza, l’infrastruttura medica, la scienza dell’acclimatazione e la responsabilità etica che abbiamo messo in campo noi. Non c’è margine per errori. Non si può scambiare la sicurezza con la ricerca di titoli in prima pagina. Chi lo dovesse fare esporrebbe a grave rischio delle vite. L’Everest non perdona le scorciatoie e punisce l’arroganza.
Questa montagna richiede rispetto. La “7-Day Mission” è stata un tributo a questo rispetto. Un test controllato, non un modello predefinito da seguire ciecamente.
Per favore, nell’interesse dei futuri alpinisti, delle guide, degli Sherpa e dei soccorritori: non imitate quello che non capite. La velocità non significa nulla se si sacrifica la sicurezza. Spingiamo avanti i confini, ma mai al prezzo di vite.
C’è un aspetto importante e da non dimenticare. I quattro alpinisti hanno fatto questo per un progetto di beneficenza. Ognuno di loro ha una storia plasmata dal servizio, dal sacrificio e dalla resilienza. Tutto questo non è stato fatto solo per raggiungere la cima, ma per spingere avanti i limiti, ispirare gli altri, e sollevare attenzione per cause che per loro contano profondamente. Non hanno solo salito una montagna, hanno portato avanti un progetto di speranza.