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Grandangolo e teleobiettivo, nel paesaggio di montagna

Panorami d’ampio respiro, compressione dei piani e profondità di campo

Non esiste fotografo che non abbia mai desiderato, almeno una volta nella vita, avere un obiettivo in più

John Shaw

 

Dinnanzi a una suggestiva catena montuosa viene spontaneo cercare di inquadrare la maggior parte di vette possibili, in modo da rendere “giustizia estetica” all’imponenza e all’incombenza di questo grandioso ambiente. L’utilizzo di un obiettivo grandangolare, ovvero con focali inferiori ai 35 mm (su formato FX), sembra la scelta più logica, consentendo di riprodurre sul sensore o sulla pellicola scenari molto ampi. Non è però, l’unica possibilità. Il paesaggio, infatti, può anche essere interpretato con inquadrature più selettive, che ne isolino una singola parte che diviene il soggetto dello scatto. In questo caso si utilizzano teleobiettivi, ottiche con focali superiori ai 50 / 60 mm (su formato FX).

Monte Rosa dal Lago Bianco. Foto Cesare Re

Prospettiva grandangolare

Il grandangolo è un obiettivo che abbraccia un angolo di campo molto esteso, ovvero consente di comprendere nell’inquadratura un soggetto molto grande o, in caso di un paesaggio, una porzione molto ampia di una catena montuosa, per esempio. Usando un grandangolo si abbracciano, quindi, scenari dilatati, d’ampio respiro, ma occorre tener presente alcuni fattori. Innanzitutto, la distanza tra i piani della fotografia sembrerà essere maggiore di quanto non sia in realtà. Il primo piano, per esempio dei fiori, sembrerà essere più vicino e più grande e lo sfondo, per esempio una cima, risulterà essere più piccola e più lontana. Si può dire, quindi, che il grandangolo renda più vicino il primo piano e più lontano lo sfondo. Se, quindi, fotografiamo delle cime, con un super-grandangolare, tipo un 18 mm o un 20 mm, queste risulteranno molto lontane e piccole, nell’inquadratura, a meno di non trovarsi sotto un’incombente parete. È necessario, quindi, prestare sempre attenzione al primo piano, occupandolo con un qualche tipo di soggetto, come dei fiori, dei tronchi o delle rocce che avranno notevole importanza anche per conferire il senso di profondità all’immagine stessa. Attenzione, però, a non rendere l’immagine confusionaria, a causa di un primo piano troppo invasivo. Se ci sono delle persone o degli animali, nell’inquadratura, è opportuno sempre valutare le dimensioni che assumeranno nell’immagine: piccoli, come effetto proporzione, oppure più grandi, come elemento principale della composizione. Più il grandangolo è estremo e maggiore sarà la profondità di campo, ovvero la sensazione di avere “il tutto nitido”, dal primo piano all’infinito.

Teleobiettivo e compressione dei piani

Il teleobiettivo viene spesso associato alla fotografia sportiva o a quella naturalistica. In realtà non esiste una “classificazione d’uso” così specifica. È possibile utilizzare le focali lunghe per ogni genere fotografico. Spesso utilizzo i teleobiettivi anche nella fotografia di paesaggio sia per isolare una parte di uno scenario, sia per selezionare, in maniera molto netta, una porzione ancor più piccola dell’inquadratura. Non mi riferisco solo ai medio tele, tipo 85, 100, 135 mm, ma anche ai super tele, dai 200 mm in su. Scattando con i tele è necessario prestare attenzione al mosso e al micro-mosso, dovuto al peso degli obiettivi stessi che, spessissimo, richiedono l’uso del treppiede. Per il paesaggio, suggerisco di usare sempre il cavalletto, perché, oltre a evitare i problemi di mosso, consente anche di inquadrare con più calma e tranquillità e di ottenere foto con miglior composizione. Uno degli effetti ottici, accentuati dall’uso dei teleobiettivi, è la compressione dei piani. In pratica, se fotografo un filare di alberi, per esempio con un 300 mm, la distanza tra un albero e l’altro sembrerà essere minore di quanto non sia nella realtà. Se fotografo un paesaggio con un prato, degli alberi e una cima sullo sfondo, usando un teleobiettivo da 400 mm, la distanza tra il prato, gli alberi e la cima sembrerà essere minore di quanto non sia, un po’ come se questi tre elementi fossero compressi. Questo effetto può essere usato per fini creativi, consentendo di scattare foto particolari. Non a caso ho citato teleobiettivi potenti, come 300 e 400 mm. Infatti, l’effetto di compressione aumenta all’aumentare della focale ed è quindi molto evidente nei super tele. Da un punto di vista compositivo, sarà necessario tener presente questa caratteristica e usarla e sfruttarla al meglio. Altra caratteristica ottica del teleobiettivo è la ridotta profondità di campo. Più le ottiche sono lunghe e più sarà difficile ottenere una profondità di campo estesa, anche usando diaframmi molto chiusi.

Profondità di campo

A differenza dei grandangolari, i teleobiettivi non consentono una profondità di campo estesa (la zona dalla fotocamera al soggetto e dal soggetto allo sfondo). Con un grandangolo, chiudendo il diaframma ad un valora tra gli f 11 e gli f 16, otterremo immagini nitide, al nostro occhio, dal primo piano allo sfondo. Con un teleobiettivo, invece, anche utilizzando un diaframma chiuso, la profondità di campo sarà comunque ridotta, nei diversi piani dell’immagine. Sono queste caratteristiche di cui tener conto e che si possono sfruttare, nel momento dello scatto. Utilizzando, per esempio, una focale lunga e un diaframma aperto si può ottenere il solo punto di messa a fuoco nitido, isolandolo dal resto dell’inquadratura.

Distorsione

A differenza dei teleobiettivi, molti grandangolari sono affetti da distorsione. In pratica, possiamo dire che se fotografiamo, per esempio, una casa, un rifugio, i lati, potrebbero risulteranno distorti, con effetto tanto più evidente, quanto più l’ottica ha un angolo di campo spinto. Esistono, però, anche obiettivi specifici studiati per la fotografia d’architettura, che sono particolarmente corretti per minimizzare la distorsione. Merita, infine, una citazione il Fish Eye lineare, ottica con 180 gradi di angolo di campo, ove l’unica linea dritta è quella al centro dell’inquadratura. Le altre risulteranno tutte distorte.

La regola del reciproco della focale per scatti a mano libera

È bene ricordarsi, inoltre, che per scattare a mano libera, senza incorrere in problemi di mosso dell’immagine, è opportuno non servirsi di tempi di posa eccessivamente lunghi, soprattutto con il teleobiettivo. In pratica si consiglia di non utilizzare mai un tempo più lungo del reciproco della focale; se si impugna un 200 mm è consigliabile non scattare a meno di 1/250, con un 100 mm si utilizza 1/125. Se si utilizza un ottica zoom, tipo un 70-300, anche scattando a 70 mm sarà opportuno mantenere sempre un tempo di posa più vicino al trecentesimo che non al settantesimo. Il peso dell’ottica rimane comunque lo stesso a qualsiasi focale sia regolato lo zoom. La regola è empirica ed è riferita al formato FX. Se utilizzate un formato diverso, dovete utilizzare un tempo di posa aumentato del fattore di moltiplicazione (1,5 x, oppure 2 x e così via). È chiaro che sono dati soggettivi e che è impossibile scattare con un 800 mm (pesa parecchi chili) a 1/1000! Se avete bevuto troppo, nessuna regola vi salverà dal mosso, mosso creativo, mosso piacevole… magari un bel mosso rosso, opportunamente imbottigliato.

Teleobiettivi e stabilizzatore

Negli ultimi anni sono stati inventati appositi dispositivi, detti “stabilizzatori di immagine” che compensano le vibrazioni della mano del fotografo, con dei micro movimenti delle lenti interne alle ottiche. Con questi sistemi è possibile scattare anche con tempi di posa un po’ più lunghi, a seconda dei modelli. Alcuni stabilizzatori promettono tempi di posa più lunghi anche di 4 stop, rispetto al canonico “reciproco della focale”, di cui sopra. In linea di massima possiamo dire che sono valori soggettivi e dipendono molto anche dall’operatore. Alcune fotocamere hanno lo stabilizzatore interno, quindi sono in grado di sminuire le vibrazioni con tutte le ottiche. Da ricordare, in ogni caso, che, usando il treppiede, è meglio disabilitare lo stabilizzatore, altrimenti rischiamo di ottenere comunque foto mosse, in quanto il sistema tenterebbe di compensare un movimento che non esiste, “bloccato” proprio dal cavalletto.


Valle Spluga

Mi trovo in Valle Spluga, nei pressi del Rifugio Bertacchi, lungo il sentiero che diparte dal Passo Spluga, ai piedi del Pizzo Spadolazzo. A volte è il punto di vista che rende diverso uno scatto. Mi sdraio a terra, con la Nikon D700, e mi appoggio sui gomiti. Metto a fuoco sui fiori, sul primo piano e chiudo il diaframma a f 16, in modo da avere una profondità di campo estesa, favorita anche dall’ottica super grandangolare, un Sigma 15 AFD 2,8; f/16; 1/60; ISO 100.


Vedretta del Veneròcolo

La Vedretta del Veneròcolo, ai piedi dell’Adamello. È il ghiaccio che disegna le forme. Dal punto di vista compositivo, ho cercato una parte di ghiacciaio con un primo piano molto diverso, con un elemento che “stacchi”, dal punto di vista estetico, dal resto della massa bianca di neve e ghiaccio. Lo zoom è regolato alla focale di 12 mm (18 equivalente) Nikon D300; Nikkor 12-24 AFG; f/16; 1/125; ISO 100.


Pian delle Nere

Lo spettacolo dei Narcisi, al Pian delle Nere, in Piemonte. È molto importante scegliere accuratamente il punto di messa a fuoco, in questo caso sul primo piano e sui pistilli. La focale è regolata a 17 mm.
Nikon D800; Nikkor 17-35 AFS 2,8; 1/100 sec; f/16; ISO 100. Treppiede.


Crampiolo

Il paesino di Crampiolo, “frazione” dell’Alpe Devero. Sullo sfondo, il Cervandone. La focale di 35 mm, medio grandangolare, rende la prospettiva naturale, con una proporzione realistica tra le case e le cime sullo sfondo.
Nikon D850; Nikkor 24-70 AFG 2,8; 1/100 sec; f/11; ISO 100.


Pale di San Martino

L’alternarsi di sole e nubi rende uniche le Pale di San Martino. E’ un continuo cambio di scenario. A volte non c’è neanche tempo di piazzare il treppiede. Questo scatto è stato ottenuto a mano libera, grazie anche alla leggerezza della mirrorless e all’utilizzo dello stabilizzatore dell’obiettivo.
Fuji XT 4; XC50-230 4,5 / 6,7 OIS; f/6,4; 1/800; ISO 200. Lo zoom era regolato a 150 mm.


Monviso

Classico esempio di compressione dei piani. Il Monviso dalla cima della Testa Grigia, tra Val d’Ayas e Valle di Gressoney. La focale di 200 mm ha compresso i piani, rendendo la distanza tra le varie cime e il “Re di Pietra” molto più ridotta di quanto non fosse in realtà.
Nikon F90x; Nikkor 80-200 AFD; Fujichrome Velvia 50. Treppiede.


Monte Rosa dal Lago Bianco

Lo spettacolo del Monte Rose, nelle acque del Lago Bianco, nel Parco del Mont Avic, in Valle d’Aosta. Le cime ghiacciate si trovano a parecchi chilometri di distanza dallo specchio d’acqua. L’utilizzo di una focale lunga (180 mm) ha, però, compresso i piani, “avvicinando” le cime.
Nikon D850; Nikkor 70-200 AFG 2,8; 1/40 sec; f/11; ISO 100. Treppiede.


Monte Rosa dal Parco del Ticino

Il Monte Rosa, ripreso dalla pianura padana, dal Parco del Ticino, a circa 130 km di distanza, in linea d’aria. La focale di 400 mm, molto lunga, ha compresso notevolmente i piani. Nonostante il diaframma chiuso ad f/11 non è possibile avere una profondità di campo estesa dal primo piano all’infinito.
Nikkor D800; Nikkor 80-400 AFG 4,5 / 5,6; 1/320 sec; f/11; ISO 100. Treppiede.

Scopri la rubrica Fotografare in Montagna: qui la prima puntata, dedicata all’alba e al tramonto.

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