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Le “due vite” di Walter Bonatti nel nuovo spazio del Museo della Montagna di Torino

La memoria del più amato alpinista italiano è tornata a casa. Non è un bagaglio da poco, perché l’archivio di Walter Bonatti, che è scomparso nel 2011, comprende materiale alpinistico, appunti e dattiloscritti, interviste e filmati, onorificenze e documenti, una macchina da scrivere marca Everest (un nome, un programma) e alcune macchine fotografiche, sessant’anni di corrispondenza e di ritagli stampa. Completa l’elenco una mole impressionante di fotografie, circa 110.000 in tutto. Da oggi, una parte delle immagini, degli oggetti e delle straordinarie storie di Bonatti è esposta al pubblico nel Museo della Montagna di Torino, in uno spazio prima dedicato alle Olimpiadi invernali. É un nuovo, importante passo in un viaggio iniziato nel 2016 quando gli eredi di Rossana Podestà, l’amatissima compagna di Walter, hanno affidato al Museo l’intero archivio.

Nell’estate del 2021, nel decennale della morte, una parte dei materiali e delle foto sono stati esposti nella mostra Stati di grazia. “Il lavoro per catalogare e riordinare l’archivio, e per preparare la mostra, ha richiesto tre anni. L’allestimento dello spazio nel Museo ha richiesto un altro anno e mezzo. Raccontare Walter Bonatti è un lavoro immenso, che continuerà ancora a lungo” ha spiegato ieri Daniela Berta, direttrice del Museo della Montagna. “Bonatti ha avuto una vita straordinaria, ha vissuto un’enorme quantità di avventure. In questa sala, come in Stati di grazia, non abbiamo voluto creare un’immagine completa. Abbiamo cercato di creare suggestioni, di realizzare accostamenti, di lasciare spazio alla fantasia del visitatore” aggiunge Angelo Ponta, curatore del nuovo spazio espositivo. É stato fondamentale anche il lavoro di Roberto Mantovani, di Marco Ribetti e di Veronica Lisino, responsabile dell’archivio fotografico del Museo.

All’inaugurazione hanno preso la parola anche Angelo Schena a nome del CAI nazionale, e Marco Battain, presidente della Sezione di Torino. Tommaso Vicario ha parlato a nome degli eredi, Daniele Valle, vicepresidente del Consiglio Regionale, ha portato il saluto della Regione Piemonte. Sono intervenuti i rappresentanti dell’International Mountains Museums Alliance, della Lions Cooperation e della Fondazione Cassa di Risparmio di Asti, che hanno contribuito alla realizzazione dello spazio.

Walter Bonatti non è stato un uomo facile. Alpinista di classe immensa, ha sfidato e vinto vette e pareti di straordinaria difficoltà, dal Grand Capucin fino all’“impossibile” Pilastro sudovest del Dru, dallo Sperone Walker delle Jorasses d’inverno fino al Gasherbrum IV in Karakorum. Ragazzo povero nell’Italia devastata dalla Seconda Guerra Mondiale, ha saputo costruirsi una vita come guida alpina, e poi come reporter e scrittore famoso. Schivo e sincero, incapace di compromessi, ha sofferto in modo terribile le polemiche dopo la spedizione italiana del 1954 al K2, quando la sua sofferenza non è stata celebrata a sufficienza (secondo Bonatti) dal capospedizione Ardito Desio e da Achille Compagnoni e Lino Lacedelli che avevano raggiunto gli 8611 metri della cima. Qualcosa del genere, sette anni dopo, è successo quando una bufera sul Pilone Centrale del Monte Bianco ha ucciso quattro dei suoi compagni di cordata, e una parte della stampa ha indicato Walter come un cattivo maestro.

Gli anni della collaborazione al settimanale Epoca, e dei reportage nei luoghi più selvaggi della Terra, sono stati un momento di liberazione. La felicità, quella vera, è arrivata con l’incontro con l’attrice Rossana Podestà, e con la nascita di un amore straordinario. Nel 2013, due anni dopo la scomparsa di Walter, anche Rossana ci ha lasciato. Lo spazio dedicato a Walter Bonatti dal Museo della Montagna racconta al visitatore le “due vite” di questo straordinario personaggio. La prima è stata quella dell’alpinista, la seconda quella del viaggiatore e del reporter. “Ha intuito il legame tra le asprezze della montagna e i luoghi primordiali della Terra. Ci ha accompagnato tra ghiacciai e foreste, deserti e vulcani, permettendo a tutti di condividerle. In lui emergono lo stupore e il rispetto del piccolo uomo al cospetto della grande natura. Questa sua dedizione, e quel suo riempirsi i polmoni di libertà, sono parte di ciò che riesce a trasmetterci, e di cui ancora sentiamo l’attualità e il fascino” spiega la direttrice Daniela Berta.

Il Museo della Montagna, nato nel 1874 sul Monte dei Cappuccini che si affaccia sul Po e su Torino, offre una carrellata sulla storia dell’alpinismo italiano e non solo. Nelle sue sale si scoprono la storia del turismo e quella del CAI, l’evoluzione dei rifugi (con un bivacco portato qui dal Monte Bianco) e quella dello sci di pista. In altri spazi si vedono le opere d’arte riportate nel 1913 dal Ladakh dalla spedizione di Mario Piacenza, e le tende utilizzate ad alta quota dalla spedizione italiana del 1954 al K2 e da Reinhold Messner. Dal terrazzo, nelle giornate serene, si scoprono le Alpi piemontesi e valdostane dal Monviso fino alla Valle di Susa, e dal Gran Paradiso fino al Monte Rosa. In un contesto simile, com’è ovvio, ha trovato spazio solo una piccola parte della collezione di Walter Bonatti. Una grande foto a colori lo mostra accanto a una tenda nella giungla, un’altra in bianco e nero ce lo fa vedere sorridente tra vette e ghiacciai. Completano lo spazio altre immagini di esplorazione e di alpinismo, e delle pagine di giornale che raccontano le sue imprese.

In due vetrine sono esposti, alla rinfusa, le prime pedule da arrampicata di Walter, degli scarponi invernali, chiodi da roccia e ramponi, le sue prime macchine fotografiche e la macchina da scrivere che ha usato per decenni per raccontare le sue avventure e le sue storie. Può sembrare poco, invece è un primo passo straordinario. Chi vuole prolungare il viaggio può scoprire altri documenti e altre foto grazie a un touch-screen nel Museo. L’intero archivio può essere consultato online su CAISiDoc.cai.it, il portale del sistema documentario dei beni culturali del Club Alpino Italiano, gestito dal Museo e dalla Biblioteca Nazionale del CAI. Dal Monte dei Cappuccini, la fantasia dei giovani di oggi e di chi ha qualche anno di più può spaziare verso le grandi montagne delle Alpi e del mondo, oppure verso i fiumi e i grizzly dello Yukon, le savane e gli animali selvaggi dell’Africa, i vulcani e i ghiacciai che Bonatti ha percorso con stupore e passione per decenni. Forse non è un viaggio completo, ma è un meraviglioso inizio.

 Il Museo Nazionale della Montagna Duca Degli Abruzzi è in Piazzale Monte dei Cappuccini 7, ed è aperto dal martedì alla domenica dalle 10 alle 18. Per saperne di più www.museomontagna.org, 011.6604104.

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