Curiosità

Il gene “esploratore” che guida i neuroni verso la giusta destinazione prende il nome di Cassin

Il DNA umano contiene 21.306 geni codificanti per proteine, ognuno dei quali ha il suo nome, scelto dal suo scopritore. A volte si tratta di semplici sequenze di lettere e numeri, difficili da ricordare per non addetti al settore.

Ma quando il ricercatore ha una spiccata fantasia succedono cose strane. E allora ecco che ci ritroviamo di fronte a geni denominati Cleopatra, Kryptonite, persino Fuck. Più facili da ricordare, senza dubbio, ma di certo il gene di cui stiamo per parlarvi vi resterà ancora di più a mente, perché il suo nome è Cassin, in memoria del famoso alpinista e esploratore Riccardo Cassin di cui quest’anno ricorrono i 110 anni dalla nascita.

Il ricercatore che ha scelto di ribattezzarlo in tal modo è Dario Bonanomi. È lui ad aver coordinato il gruppo di ricercatori dell’Irccs ospedale San Raffaele di Milano il cui studio, pubblicato sulla rivista Neuron, ha condotto alla scoperta di questo tratto di DNA definito “gene bussola”. Una scoperta giunta a conclusione di un progetto di ricerca avviato da Bonanomi presso il Salk Institute di La Jolla (California) dove lavorava prima di rientrare in Italia grazie a una borsa della Fondazione Giovanni Armenise-Harvard.

Cerchiamo di capire cosa fa un gene bussola e perché a Bonanomi sia balenata l’idea di chiamarlo Cassin.

Si tratta, come spiegato dal suo scopritore, di un gene “esploratore”, che come nell’alpinismo, è in grado di identificare la via che porta alla vetta.

Su quale “parete rocciosa” è impegnato questo Cassin? Non siamo in Himalaya ma nel sistema nervoso, anzi più nello specifico nel midollo spinale. Qui risiedono miliardi di neuroni, tra cui i motoneuroni spinali, così definiti perché il loro compito è di portare impulsi nervosi dal sistema nervoso centrale alla muscolatura. Cellule con lunghe estensioni (assoni) che li connettono alle estremità del nostro corpo, al di fuori dunque del midollo, con una precisione al millesimo di millimetro.

Questi prolungamenti si formano in fase embrionale, quando il neurone deve capire dove deve andare, deve trovare la sua via. La vetta è dunque la fibra muscolare a lui destinata. Come il baby motoneurone comprenda quale sia la sua vetta è stato a lungo un mistero della neurobiologia ma Cassin, che come dicevamo in precedenza, è un gene-bussola, forse aiuterà a comprendere meglio il meccanismo.

Abbiamo dunque un alpinista che è l’assone del motoneurone in uscita dal midollo, che deve arrivare alla sua cima. La situazione è critica perché lì fuori è come essere in piena stagione turistica sull’Everest. Ce ne sono tanti altri di assoni-alpinisti che vogliono salire, altri che stanno scendendo, altri che sono di passaggio per raggiungere altre vette, la confusione è enorme, ognuno segue le istruzioni della sua guida che indica dove andare nella sua lingua e l’assone-alpinista non deve deconcentrarsi.

In termini più scientifici, le istruzioni ricevute dai singoli assoni sono proteine che si legano a dei recettori sulla loro superficie in maniera specifica. Il neurone ha dunque per orecchie dei recettori, in grado di legare selettivamente solo le parole che vengono riconosciute.

Finora si pensava che un singolo neurone esprimesse lungo il percorso verso la sua destinazione recettori via via differenti, orecchie in grado di capire lingue diverse. Un meccanismo altamente dispendioso. Il gene Cassin ha invece chiarito che venga scelta la via più semplice, quella di coprire le orecchie con delle cuffie selettive, che non lasciano passare il rumore delle altre cordate e consentono al nostro assone di ricevere solo i segnali che lo porteranno alla sua vetta.

Il ruolo del gene-bussola è cruciale, perché interviene nel momento più delicato, quello in cui l’esploratore rischia di perdersi. Quando un moto-neurone perde la via resta sostanzialmente bloccato nel midollo e inizia a risalire cercando una via di uscita che non troverà mai.

 

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