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In montagna è scoppiata la guerra…tra professioni

Non è la “grande guerra” delle montagne ricordata di questi tempi nel suo centenario, quella delle trincee e degli assalti alla baionetta sui ghiacciai. No di certo. Ma di guerra si tratta. E non coinvolge solo le Alpi, ma tutte le montagne italiane, isole comprese. Contrappone una “nobile istituzione professionale” e mestiere, come quella delle Guide Alpine, che una legge dello stato riconosce e protegge con un Albo Professionale, che piaccia o no, e tutti gli altri che in montagna accompagnano turisti, fanno canyoning, speleologia, arrampicata indoor e sportiva e rilasciano ricevute in base a leggi regionali. Sono migliaia a fronte di poche centinaia di Guide Alpine. E se le stanno dando di santa ragione.

Un nostro lettore commenta l’articolo “Le Guide Alpine Italiane rispondono alle accuse dell’Associazione Guide Canyoning, scrivendoci:

“È arrivato il momento che il CAI con la federazione d’arrampicata Fasi e il Canyoning e il corpo speleologico si uniscano per far valere i propri diritti in materia di attività andando in Parlamento e cambiando determinate regole. Purtroppo una GA non può essere capace di fare tutto, così come lo sci in pista è solo per i maestri di sci, l’arrampicata in falesia e in palestra deve essere solo per gli istruttori FASI e il canyoning lo stesso. Mi sembra che le GA non abbiano più voglia di accompagnare le persone in alta montagna perché faticoso e pericoloso quindi per campare cercano di rubare i mestieri malamente alle altre attività. Basta vedere nell’arrampicata GA che non hanno mai salito oltre il 6b ma organizzano corsi in falesia, mentre personaggi come Manolo o Ondra non possono perché non guide…Poi però se c’è da promuovere ca….te come eliski o reality che creano solo danni alla natura la gente deve pure stare zitta ed ammirarli. Concludo col ricordare che 100 anni fa le prime Guide Alpine venivano formate dagli Accademici del CAI…”

L’ hashtag #BastaCastaDellaMontagna promosso dall’Aige, le guide ambientali escursionistiche, e dal suo presidente Spinetti la dice ancor più lunga sul clima che c’è tra le professioni della montagna.

Siamo alla rivolta delle professioni montane.

L’accusa alle Guide è semplice: “Siete arroccati nella difesa corporativa (casta) di privilegi riconosciuti da vecchie leggi, che sono anacronistici e antieconomici e penalizzano la montagna, dovete essere rottamati”. E fin qui si tratta di lavoro e soldi. Non poco.

Ma l’aria che gira è anche di rivalsa morale. Sintomatico il caso di Gérard Ottavio, capo delle guide di Cervinia che un paio di settimane fa è ha perso la vita col compagno Joel Déanoz sul Cervino mentre ripetevano una complicata via. Alcuni alpinisti hanno accusato le Guide di non aver detto interamente come stavano i fatti o di averli raccontati in modo parziale per difendere i loro colleghi che son caduti a detta delle Guide per fatalità, ma per gli antagonisti per scelte sbagliate che a semplici alpinisti non Guide Alpine sarebbero stati brutalmente rinfacciati.

C’è una rivolta, non solo di mestieri e soldi, del tutto legittima, ma come capita sempre più spesso di trasparenza e moralità.  E in montagna dove queste cose valgono la non poco sottile differenza tra la vita e la morte, val la pena di tenerne conto. Anche se talvolta la trasparenza e la moralità vengono usate nelle competizioni economiche e commerciali come armi improprie.

Sarebbe interessante capire, al di la delle difese in punta di diritto, quali considerazioni il Collegio Nazionale delle Guide Alpine stia facendo di fronte a questo montare d’insofferenza nei confronti di una professione ritenuta da sempre “nobile”, ma anche conoscerne il pensiero di fronte alla certa e importante espansione del mercato dell’outdoor in montagna nelle sue molteplici e differenti espressioni sportive. Non è solo una questione corporativa, ma di interesse dei territori montani a poter espandere le proprie opportunità di lavoro e benessere.

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