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Precipita e muore l’uomo che volava con le aquile

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CATANIA — “Ero a campo 3, mentre partiva con il suo delta a motore verso il suo tentativo di sorvolo dell’Everest”. E’ il ricordo commosso di Marco Confortola – alpinista della spedizione K2-2004 – di Angelo D’Arrigo, l’uomo che volava con le aquile.

Il cielo che gli aveva dato la vita, la notorietà, e l’orgoglio di avere compiuto imprese eccezionali, se l’è infatti portato via. Angelo D’Arrigo, l’uomo che volava con gli uccelli, è morto ieri precipitando con un piccolo aereo da turismo, durante una manifestazione di volo ultraleggero.

Alla guida del velivolo c’era il generale in pensione Giulio De Marchis, 70 anni, morto anch’esso. Secondo alcune testimonianze oculari l’aereo non sarebbe esploso in volo ma precipato di punta sul campo di volo di Comiso. Inutili i soccorsi, pur se tempestivi. L’aereo è precipitato da un’altezza di 200 metri finendo sugli alberi. I due occupanti sono morti sul colpo.

Quarantacinque anni, una vita spesa per "amore della natura e della conoscenza", D’Arrigo era balzato agli onori della cronaca per le sue imprese in deltaplano, volando  volava insieme agli uccelli, sulle rotte migratorie attorno al mondo. Con loro era entrato in simbiosi. Con le gru aveva volato dal Circolo Polare Artico fino al Mar Caspio. Il 24 maggio 2004, in volo con l’aquila Gea dal campo base, sfruttò una corrente ascensionale per salire fino a quota 9.000 metri, sopra l’Everest. Con un’altra aquila, Nike, sorvolò anni fa tutto il Sahara.

I suoi maestri, Leonardo e Konrad Lorenz. "Gli uccelli mi hanno insegnato cosa significa veleggiare. E io ho imparato", scriveva nel suo libro "In volo sopra il mondo", pubblicato lo scorso anno. L’ultima grande impresa era stata sfidare i condor, volando lungo la Cordigliera delle Ande e sull’Aconcagua, la vetta più alta del Sudamerica (7453 metri) dove arrivò il 31 dicembre scorso. Per il 2007 aveva in mente un altro progetto: sorvolare il monte Wilson, in Antartide.

Un progetto rimasto lassù, forse cullato dalle aquile che amava così tanto. E forse ora Angelo potrà volare a quote mai raggiunte, vivo nel ricordo di chi guardava le sue imprese con entusiasmo o con un pizzico di invidia.

 
Massimiliano Meroni

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