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Chi ha paura dell’orso?

Testo di M.R.

TRENTO — “Ero in Alaska per un trekking… Volevo avvicinarmi il più possibile… per fargli solo una foto, magari due. Ma mi sono fatto prendere dalla situazione e ho esagerato… Ad un certo punto il Grizzly mi ha fiutato, poi mi ha visto… Quando me ne sono reso conto stato un attimo: senza neanche pensarci ho iniziato a scappare correndo da dove ero venuto. E l’orso è partito dietro di me, velocissimo. Ero diventato la preda perfetta. Si avvicinava… Ad un certo punto, non so come, mi è venuto in mente quello che mi avevano detto un sacco di volte prima e durante il trekking i ranger, e quello che anche a casa avevo imparato della convivenza con l’orso: mi sono fermato. Non so come ci sono riuscito. Mi sono girato e sono rimasto immobile. Ha rallentato e poi si è fermato anche lui, ha guardato verso di me, è stato un po’ lì quasi confuso, si è drizzato sulle zampe posteriori, ha fiutato l’aria, curioso… e poi tranquillo si è allontanato da dov’era venuto”.

Ecco, in quattro righe, direttamente dal racconto di Mattia Tosi, vicepresidente dell’associazione Comano Mountain Runners,  quello che non si dovrebbe e invece si dovrebbe fare (in teoria) durante un accidentale incontro con un orso nei boschi.

Siamo a Ponte Arche, Trentino occidentale, nel pieno delle Valli Giudicarie Esteriori, a ridosso delle Dolomiti di Brenta meridionali. Con noi, davanti ad uno Spritz all’ora dell’aperitivo del sabato, ci sono alcuni dei ragazzi dell’associazione Comano Mountain Runners. Sono loro gli organizzatori del Comano Ursus Extreme Trail che si svolgerà per la prima volta a fine luglio. Una gara di ultratrail in due tappe, il cui percorso attraverserà gran parte del territorio del Parco Naturale Adamello Brenta, dove il progetto Life Ursus nel 1999 ha liberato i primi 10 esemplari e dove oggi vive e si riproduce il più numeroso contingente di plantigradi in Italia. D’altra parte, durante le ultime estati, di notizie e articoloni sui quotidiani e sui siti riguardanti alcuni attacchi da parte dell’orso, in particolare a trail runner, ne avevamo letti diversi, per cui ci sembrava interessante verificare come stessero le cose. “Partecipo da anni a gare di trail e ultratrail in giro per l’Italia e mi alleno spesso da solo, anche di sera tardi, quando finisco di lavorare” racconta Marco Buratti, presidente della Comano Mountain Runners: “Esco col mio cane e vado su e giù per i monti e nei boschi qui in giro, anche col buio, con la frontale. Non mi è mai successo nulla, non ho mai incontrato un orso correndo e da quel che so neanche agli altri ragazzi dell’associazione e della zona che si allenano come me. A volte durante gli allenamenti il pensiero mi balena per la testa, in effetti l’incontro con un orso potrebbe anche verificarsi; ma se devo dirla tutta, ho più paura ad andare in giro di notte in qualche grande città, o anche in una più piccola come Trento, piuttosto che girare da solo in questi boschi”.
Ma torniamo alla storia con cui abbiamo aperto: Mattia Tosi, vicepresidente della CMR, ci racconta la sua esperienza in Alaska. “I grizzly sono più aggressivi, grandi e veloci del nostro orso bruno”, aggiunge, “ma quello che mi è successo, nel bene e nel male, mi ha insegnato con l’esperienza sul campo quel che in tanti mi avevano più volte raccomandato e che io stupidamente in quell’occasione ho dimenticato. Me la sono vista brutta ma è stata colpa mia, l’orso non mi sarebbe venuto a cercare se non l’avessi in qualche modo disturbato cercando di fare una foto da più vicino”. Continua Marco Buratti: “L’orso è a capo della catena alimentare e non ha predatori rivali che lo possano impensierire, ma come tutti gli animali selvatici quando incontra l’uomo scappa per istinto, bisogna solo permetterglielo rispettando i suoi spazi”.

Durante la chiacchierata emergono altre informazioni: i ragazzi ci spiegano che nell’area intorno alle Dolomiti di Brenta, con una concentrazione di presenza di orsi maggiore nella parte meridionale, dove i plantigradi trovano la condizione ambientale ideale per corteggiamento e riproduzione, le cifre sono ben superiori ai 50/60 orsi ufficiali. “Durante le chiacchiere da bar o nelle osterie, i cacciatori della zona si lasciano andare a conti approssimativi che secondo loro si avvicinerebbero ai 100/150 esemplari. D’altra parte ogni femmina partorisce in media un paio di cuccioli a stagione e, senza animali carnivori rivali, si fa presto ad aumentare di numero”.

La curiosità di saperne un po’ di più e verificare se le chiacchere da bar fatte con i ragazzi del posto sono veritiere, ci porta a bussare alla sede del Parco Adamello Brenta a Strembo dove incontriamo Andrea Mustoni, responsabile tecnico della fauna del parco e grande conoscitore dell’orso e delle sue abitudini. Apprendiamo che Andrea, oltre ad essere un appassionato di outdoor, in primis di arrampicata, correva in montagna. Da qualche anno alcuni problemi alle ginocchia, in cui molti di noi appassionati incorriamo, l’hanno costretto a ridimensionare l’attività. “Partiamo innanzitutto col dire che l’orso non è un animale terribile che ci aspetta dietro l’albero per aggredirci quando passiamo. Al contrario, l’orso è un animale dall’indole pacifica che, a differenza di altri carnivori come il lupo o la lince, che mangiano solo carne, è un onnivoro, mangia cioè tutto: frutta, vegetali, radici, bacche, insetti e carne. L’orso è un animale solitario, schivo, molto difficile da incontrare e da vedere anche per gli addetti ai lavori come noi che lo studiano e lo monitorano. Un nostro collega che abita a Ragoli, all’interno del parco, è da 10 anni che quasi tutte le mattine, che piova o sia bello, va a correre nei boschi all’alba con i suoi cani. Pur vivendo in una delle zone con più concentrazione di orsi, non ne ha mai incontrato uno, mentre sono convinto che più di un orso abbia rilevato la sua presenza. La pericolosità di questo animale va ridimensionata, anche quella di femmine con i cuccioli, di cui si è sempre detto siano più aggressive. E’ chiaro, ed è capitato, che se l’orso si sente in pericolo può aggredire anche l’uomo, ma è soprattutto una reazione a quello che potrebbe vivere come una minaccia, come un attacco. Un dato che fa pensare, per esempio, è che a livello mondiale non è mai stato registrato un attacco di un orso a un bambino. Forse perché la mole e l’atteggiamento di un bambino non sono in grado di spaventarlo. Detto questo, il pericolo di un aggressione c’è, è molto basso, ma esiste, come i due casi accertati in Trentino. Perché ciò non accada, o per ridurre il pericolo al minimo bisogna rispettare l’animale, capirlo e conoscerlo; basterebbe ogni tanto fare un po’ di rumore, parlare ad alta voce. Come hanno detto i trailrunner del posto l’orso, come tutti gli animali selvatici, in presenza dell’uomo scappa. Considerando chi corre nei boschi, il fatto di muoversi velocemente potrebbe mettere l’orso nella situazione di non avere il tempo di realizzare la presenza dell’uomo che gli corre incontro, soprattutto in discesa o in piano. L’animale, trovandosi all’improvviso una persona che sbuca dal nulla e gli corre contro, potrebbe spaventarsi e sentirsi in pericolo reagendo con aggressività. Il fatto di correre da soli e non in gruppo, dove si parla e si fa più rumore, potrebbe essere un fattore da tenere in considerazione. Secondo le testimonianze sappiamo che in un caso di attacco un trailrunner, non lontano da Cadine, ha provato a difendere sé e il proprio cane con un bastone, urlando e cercando di spaventare l’orso che invece l’ha attaccato con l’intenzione di ferirlo ma probabilmente non di ucciderlo, cosa che se avesse voluto sarebbe stato in grado di fare in pochi istanti. In generale è possibile ipotizzare che l’altezza e la mole delle persone sia un fattore discriminante perché, a livello mondiale, i casi di attacco sono accaduti più frequentemente a carico di persone alte e grosse, forse viste dall’orso come più pericolose per la sua incolumità o per quella dei cuccioli. Un altro fatto discriminante è la presenza di un cane, che correndo nel bosco potrebbe attirare l’attenzione dell’orso o addirittura innervosirlo. Dagli studi che abbiamo, l’orso è un animale che fa di tutto per evitare lo scontro. Un’altra cosa da sapere e da sfatare è che quando si alza in piedi l’orso manifesta curiosità non aggressività. In casi estremi l’orso può simulare un attacco per spaventare l’uomo e indurlo ad allontanarsi. Anche questo atteggiamento di minaccia, può essere interpretato come il tentativo da parte dell’orso di evitare lo scontro, anche se da parte di chi lo subisce non deve essere molto piacevole…”. 

Ma ecco qualche accorgimento da tenere a mente: “Non rimanere incuriositi e cercare di fargli una fotografia in più, andare a correre in compagnia, parlando e facendo un po’ di rumore, come per voler avvisare l’orso e dargli il tempo di scappare; nel caso si incontri un orso bisogna subito interrompere il movimento, non mettersi a correre, scappare, gridare o cercare di spaventarlo, tutti comportamenti che potrebbero essere interpretati come un atteggiamento ostile. L’ideale sarebbe farsi piccoli e accucciarsi cercando di assumere un atteggiamento di disinteresse. Non è facile, ma nel caso in cui l’orso dimostrasse particolare aggressività o agitazione, la cosa migliore sarebbe quella di sdraiarsi a pancia a terra, facendo comprendere all’orso che non siamo una minaccia, allontanandolo dall’intenzione di difendersi. Certo, per poter seguire queste regole ci vuole veramente tanto sangue freddo, perchè incontrare un orso minaccioso non è un’esperienza felice”.

Venendo ai numeri e alle voci degli abitanti delle valli, “qui intorno, basandoci sull’indagine genetica effettuata nel 2015 e sulle nascite del 2016, la popolazione di orsi presenti nelle Alpi Centrali è di circa 45-55 individui. Questi orsi non vivono tutti nel Parco e nemmeno tutti in Trentino. Sappiamo infatti che diversi individui sono andati in dispersione verso la Lombardia e l’Alto Adige. Le nascite avvengono spesso all’interno del Parco dove gli animali si sentono più protetti, poi col tempo si disperdono viaggiando e spostandosi in aree diverse. E’ vero che le femmine prolificano ogni due o tre anni ma è anche vero che tanti orsi muoiono, per cause naturali, per malattie, per incidenti e purtroppo alcuni anche per bracconaggio. Nell’ ultimo periodo si avverte comunque una contrarietà verso l’orso, ed è probabile che alcuni orsi siano morti a causa di bocconi avvelenati che tradizionalmente vengono lasciati sul terreno per volpi o altri animali per difendere le proprietà (coltivazioni e allevamenti). In ogni caso, negli ultimi 3 anni il numero degli esemplari è sostanzialmente stabile, con un leggero aumento. Quel che ci aspettiamo è che anche le femmine nei prossimi anni inizino a disperdersi come fanno i maschi giovani e vadano a prolificare anche fuori dal parco”.

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