Montagna.TV

Nanga Parbat, montagna di sogno e del destino

Dal punto di vista dell’innovazione alpinistica e pure della bellezza estetica vale più il sogno della prima salita invernale dell’inviolata via Mummery o la vetta conquistata in inverno sulla via Kinshofer, attrezzata in gran parte da altri?

Bella domanda, vero?

Ma dentro questa domanda e la conseguente risposta sta tutto il senso del futuro dell’alpinismo himalayano e non solo. Non è una provocazione, anche se lo sembra.

Per carità, non è che la prima invernale sul mastodontico Nanga (contiene 40 volte il Monte Bianco, come sempre ci vien ricordato) sia una passeggiata: esige nervi d’acciaio, determinazione, gambe e polmoni di titanio, se poi hai anche un’esperienza formidabile, come quella di Moro, il gioco è, diciamo così, fatto. Anche lui per la verità era partito con il sogno di una via nuova sul Nanga, quella tentata da Messner e Eisendle nel 2000, in estate ovviamente e senza riuscire ad arrivare sulla vetta. Ma ci racconta di averla scelta perché la riteneva la più accessibile e tecnicamente facile, un po’ riduttiva come motivazione.

Nardi invece sogna a occhi aperti e sbatte il muso da tre anni su per il colatoio ed i salti di ghiaccio e roccia della via Mummery. L’anno scorso era con la fortissima Elisabeth Revol, ma lei se ne andata sulla Messner, con Tomeck Mackievicz. Dopo settimane di insistenza anche da solo Nardi arriva a 6500 metri, sopra le difficoltà. S’incontra quindi al campo base con Alex Txikon e con Ali Sadpara e vira sulla via Kinshofer e con loro ce la fa quasi ad arrivare in vetta, senonché sbagliano strada e pure strategia, ma ormai è fine inverno e se ne tornano a casa.

Ma il tarlo rode e quando Nardi torna quest’inverno alla base della parete Diamir, per finire il lavoro sulla Kinshofer con Alex e Ali, l’attrazione fatale della Mummery lo riprende, gli rivolta lo stomaco ed il cervello e lui, chiacchierone com’è ed anche un po’ imbonitore, riesce a convincere i suoi due compagni a seguirlo per una ricognizione. I due arrivati sotto la verticale, che vien giù diritta dalla cima, gli dicono è matto e se ne tornano alla più rassicurante Kinshofer. Lui si tiene la voglia e li segue di malavoglia e con un po’ di delusione. Il resto della storia la conosciamo.

Ma la domanda iniziale che ho posto rimane tutta.

Exit mobile version