Scienza e tecnologia

Una torre italiana al Polo Nord

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ROMA — Una torre d’alluminio, alta trenta metri, che osserva clima ed atmosfera dal cuore del Polo Nord. E’ stata presentata ieri la "Amundsen-Nobile Climate Change Tower", un gioiello della ricerca scientifica italiana che da giugno dell’anno prossimo fornirà nuovi e preziosi dati su surriscaldamento dell’atmosfera, aumento del livello dei mari, cambiamenti metereologici. E aiuterà a rilevare segnali d’allarme per agire con più tempestività tramite interventi correttivi.

La Amundsen-Nobile Climate Change Tower (Cct) è stata presentata durante il convegno "L’Italia del Polo Nord, una nuova prospettiva di ricerca in Artico", organizzato dal dipartimento Terra e Ambiente del Cnr. La torre italiana per gli sudi sul clima in Artico è il nuovo progetto di Polarnet, il network polare del Cnr, per l’anno polare internazionale.

Tutta realizzata in alluminio, la torre sarà alta 30 metri e installata a Kolhaugen, a circa 2 chilometri sud-est dalla base "Dirigibile Italia" di Ny-Alesund, nell’arcipelago delle Svalbard. Sarà operativa da giugno 2009 e studierà i processi fisici e dinamici della troposfera e dello strato limite, molto importanti per lo studio dei cambiamenti climatici.

"L’Artico è la regione dove le conseguenze dei cambiamenti climatici in atto sono maggiormente sensibili – spiega Giuseppe Cavarretta, direttore del Dta del Cnr -. Basti pensare che, mentre su scala globale negli ultimi 20 anni si è avuto un aumento medio di 0,57 gradi, in Artico si è valutato un incremento di 1,1 gradi, cioè due volte tanto. Già questa osservazione è sufficiente a qualificare l’Artico come un early warning system, cioè un sistema di allarme precoce di cambiamenti a scala globale."

Oltre al riscaldamento del pianeta, anche la ritirata dei ghiacciai artici desta molta preoccupazione. "L’estensione della banchisa artica nel 2008 ha raggiunto il suo minimo il 12 settembre, con un’estensione di 4.52 milioni di chilometri quadrati – spiega Vito Vitale dell’istituto di scienze dell’ambiente e del clima di Bologna e coordinatore scientifico del progetto Cct -. Il minimo del 2008 rappresenta la seconda minore estensione mai registrata a partire dal 1979, anno in cui iniziano le osservazioni sistematiche dal satellite, ed è solo di poco più grande del minimo assoluto raggiunto nel 2007 con 4.3 milioni di chilometri quadrati. Considerando che la media 1979-2007 è di 6.7 milioni di chilometri quadrati, è evidente il trend di riduzione della banchisa artica durante l’estate."

L’estensione dei ghiacciai, la distribuzione spaziale della banchisa, l’età dei ghiacci non danno un quadro confortante. "Tutti questi parametri insieme – continua Vitale – indicano che la banchisa continua ad assottigliare il suo spessore e a presentare sempre maggiore presenza di ghiacci più recenti e soggetti a scioglimento."

Modelli climatici hanno stimato che nel 2080 la navigazione nell’Artico sarà possibile da 3 a 6 mesi, contro i 20-30 giorni attuali. E non solo. Le previsioni indicano che dal 2040 il ghiaccio artico potrebbe sparire del tutto in alcuni periodi dell’anno. Ma questi studi teorici hanno margini di incertezza molto ampi. Gli scienzati hanno bisogno di aumentare le misurazioni per rendere più affidabili le previsioni e individuare i campi di azione preventiva.

Da questo punto di vista la torre Amundsen-Nobile ospiterà strumentazione per l’acquisizione di dati utili allo studio delle interazioni che minano l’equilibrio del pianeta. "Il progetto Cct si propone di realizzare un’attività di ricerca ad ampio spettro – spiega Roberto Azzolini, coordinatore di Polarnet -: dai profili verticali dei principali parametri meteorologici come pressione, temperatura e umidità, ai flussi di calore, fino al bilancio di energia alla superficie, passando per la misura della riflettività di neve, ghiaccio, roccia, vegetazione e per lo studio della copertura nuvolosa e delle caratteristiche di aerosol e gas superficiali."

Obiettivo ultimo è dunque prevenire il riscaldamento globale e la ritirata dei ghiacciai, mitigandone gli effetti, e salvaguardare la fauna artica a rischio estinzione. "L’allarmante prospettiva richiama strategie urgenti – avverte Guido di Prisco dell’Istituto di Biochimica delle Proteine del Cnr – tese da un lato a ridurre l’accelerazione del riscaldamento dovuta a fattori antropici, e dall’altro a studiare l’impatto che i cambiamenti stanno avendo sugli adattamenti degli organismi marini artici, anche in paragone con quelli antartici".

Jenny Maggioni


Foto courtesy polarnet.cnr.it

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