Alpinismo

Fabio Salini: la nostra sfida al Cerro Torre

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MORBEGNO, Sondrio — Due settimane di bivacco in una buca nella neve, alla base della parete, in attesa di un paio di giorni di bello per tentare la scalata sull’infido e verticale ghiaccio patagonico. Ecco come descrive, Fabio Salini, la salita alla Ovest del Cerro Torre, che nelle prossime settimane tenterà di compiere in cordata con Matteo Bernasconi, ripetendo la storica via dei Ragni del 1974. I due alpinisti sono partiti ieri pomeriggio alla volta della Patagonia.

Salini e Bernasconi hanno preso il volo da Milano Malpensa ieri, nel primo pomeriggio, e stasera sbarcheranno a El Chalten, nel cuore della Patagonia. Compreranno viveri e materiali che non hanno potuto trasportare in aereo, noleggeranno due slitte e "alla prima occhiata di sole" partiranno per raggiungere la base della parete che vogliono salire.
 
"Per arrivare alla base della Ovest ci vorranno circa 3 giorni – spiega Salini -. Lì faremo un buco nella neve, monteremo la tenda e aspetteremo il momento di attaccare la via. Speriamo di riuscire ad entrare sotto la Ovest il prima possibile, per essere pronti a sfruttare ogni giorno di bello".
 
Come al solito infatti, la principale incognita della Patagonia è il meteo, irriverente e imprevedibile. I due alpinisti, infatti, hanno messo in conto di passare nella "cueva" alla base della ovest un paio di settimane, con gli occhi puntati al barometro per anticipare le variazioni del meteo, che al momento laggiù non sembra essere dei migliori. 
 
"Ho parlato con Uberto Piloni – prosegue Salini -, è una guida alpina di Edolo ed è appena tornato dalla Patagonia. La situazione attuale, laggiù, è pessima per via del freddo, che sta mettendo in difficoltà tutti quelli che scalano su granito. Tutte le Nord, le pareti esposte al sole, sono ricoperte di lastre di ghiaccio. La nostra, in realtà, è una pura via di ghiaccio, dunque dovrebbe essere quasi meglio. Neve e freddo dovrebbero rendere più veloce la nostra eventuale progressione… ma lo vedremo sul posto".
 
La salita, con buone condizioni meteo, dovrebbe richiedere due giorni, con un bivacco all’Elmo dove i Ragni, nel 1974, avevano installato campo 5. "L’Elmo è una torre coperta da un fungo di neve – spiega l’alpinista -. Di solito si bivacca in una truna sulla sommità. Fino all’Elmo sono circa 1800, 2000 metri di dislivello con alcuni tratti impegnativi di scalata, ma più che altro si tratta di "pestar neve". Il secondo giorno, invece, dovrebbero essere tutti tiri verticali su ghiaccio fino in vetta".
 
Ghiaccio che però avrà caratteristiche particolari, soprattutto verso la vetta."Pare che negli ultimi tiri sia come granatina – spiega Salini – trasformato dal freddo e dal vento patagonico. Un ghiaccio dove le piccozze non fanno molta presa… per questo monteremo sulle picche delle specie di "ali di gomma" che dovrebbero dare maggior stabilità".
 
Prima di partire, Salini ha incontrato Mario Conti, che nel 1974 aprì la via e arrivò in vetta con Casimiro Ferrari, Pino Negri e Daniele Chiappa. "Mario era entusiasta del nostro tentativo – racconta Salini -. Mi ha fatto avere un libro di Ferrari del 1984 e dato molti consigli. La sfida è ambiziosa, perchè siamo una spedizione leggera. Anzi, non siamo una spedizione… siamo più due persone che vogliono provare una parete impegnativa. Ma l’animo è tranquillo".
 
Salini e Bernasconi non avranno modo di comunicare, una volta sotto la Ovest, e probabilmente saranno i soli sulla parete. Al momento, infatti, sembra che nessuno sia entrato nella valle che conduce all’attacco della via dei Ragni. C’è invece molta attenzione rivolta alla parete Nord, dove un gruppo di alpinisti, secondo quanto riferito da chi è appena tornato dalla Patagonia, pare stia organizzandosi per ripetere la via Maestri.
 
La cordata italiana avrà solo un mese per raggiungere l’obiettivo. Il 20 dicembre, infatti, Salini e Bernasconi saranno già di rientro in Italia. Per questo, la clemenza del meteo sarà fondamentale. E se la tanto attesa finestra di bel tempo non dovesse presentarsi? Si dovrà pensare ad un piano B. "Se entro 6 o 7 giorni non dovessimo riuscire a raggiungere i piedi della Ovest – riflette Salini – penso che dovremo cambiare obiettivo. Ma ancora non so quale alternativa potremmo scegliere… in ogni caso, c’è sempre l’opportunità del classico boulder patagonico!"
 
 
Sara Sottocornola
Foto courtesy L.Maspes

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