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Giapponesi trovano orma dello Yeti

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KATHMANDU, Nepal — Non sono riusciti a filmarlo, come avevano intenzione di fare, però hanno trovato una misteriosa impronta che, secondo loro, non può che appartenere allo Yeti. Torna in patria con questo bottino la spedizione esplorativa giapponese guidata da Yoshiteru Takahashi, che ha passato quasi due mesi nel cuore dell’Himalaya con il preciso obiettivo di scovare la tana del celeberrimo uomo delle nevi.

Takahashi e il suo gruppo di sette alpinisti e ricercatori sono stati per 42 giorni sulle pendici del Dhaulagiri IV, una defilata montagna di 7.661 metri nell’Himalaya nepalese, ritenuta una delle probabili dimore dello Yeti. La loro è la terza spedizione organizzata dalla Yeti Project Japan per rintracciare il leggendario abitante delle nevi, e finalmente sembra che gli sforzi dell’associazione siano stati premiati.
 
"Abbiamo trovato delle impronte di circa 20 centimetri – ha annunciato ieri Takahashi a Kathmandu -. Sono lunghe e ricordano un piede umano. Sono anni che io e i miei collaboratori veniamo qui e sappiamo riconoscere impronte di orsi, cervi, lupi e leopardi delle nevi. Vi posso assicurare che questa impronta non appartiene a nessun animale: è dello Yeti, senza alcun dubbio".
 
L’obiettivo di questo viaggio era in realtà quello di filmare lo Yeti, di cui sembra che i giapponesi avessero già trovato alcune tracce durante le spedizioni precedenti. Il team aveva infatti piazzato ben 9 telecamere sensibili al movimento nella zona dove ritenevano più probabile l’avvistamento. Non sono riusciti ad ottenere il video sperato, ma per ora l’impronta (nella foto a sinistra), secondo il capospedizione, sarebbe già una prova sufficiente dell’esistenza dell’uomo delle nevi.
 
"Siamo convinti che sia realmente il suo piede ad averla lasciata – ha affermato solennemente Takahashi -. Quest’impronta, insieme alle storie che vengono raccontate nei villaggi locali, ci portano ad essere sicuri che lo Yeti è tutt’altro che un essere immaginario".
 
La sicurezza del capospedizione giapponese deriva anche dall’avvistamento di cui lui stesso è stato protagonista nel 2003. "L’ho visto – racconta Takahashi – era una silhouette a circa 200 metri da me. Camminava come gli esseri umani, su due gambe, ed era alto circa un metro e mezzo".
 
Per questo la Yeti Project Japan non ha intenzione di fermarsi qui. "Torneremo – assicura Takahashi – continueremo a tornare fino a quando non avremo in mano quel filmato".
 
 
Sara Sottocornola

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