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Schianto aereo a Lukla: 19 morti

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LUKLA, Nepal — Diciannove morti, tra cui dodici trekkinisti tedeschi, due svizzeri e alcuni nepalesi. Questo il tragico bilancio del terribile incidente aereo accaduto questa mattina nei pressi del piccolo aereoporto di Lukla, nella regione dell’Everest. Secondo le prime ricostruzioni, il pilota sarebbe stato disorientato dalla nebbia e avrebbe mancato la pista di atterraggio, andando a schiantarsi inesorabilmente contro le rocce, prima di prendere fuoco. Testimone del disastro, Maurizio Gallo, volato a Lukla proprio ieri con un gruppo di ricercatori del Comitato EvK2Cnr.

“Erano circa le 7.30 del mattino, qui in Nepal – racconta Gallo -. L’aereo si è schiantato all’improvviso. Sembra che i piloti avessero visto la pista dell’aeroporto, ma al momento di atterrare è arrivata una nuvola di nebbia improvvisa. Il pilota non ha più visto niente e si è incastrato sotto la pista. Poi il velivolo ha preso fuoco”.

L’aereo, della Yeti Airlines, era partito da Kathmandu nelle prime ore di questa mattina. A bordo, il personale di volo più una quindicina di turisti di diverse nazionalità diretti sull’Himalaya per un trekking. Tutti sono morti nello schianto.

“A bordo c’erano 12 tedeschi, due svizzeri, due sherpa, due piloti e una hostess – spiega Gallo -. Solo uno dei due piloti è scampato al disastro, ma è morto per le ferite durante il volo che lo trasportava in ospedale a Kathmandu. Posso confermare che nessun italiano è rimasto coinvolto nell’incidente. Noi siamo volati qui a Lukla solo ieri: abbiamo davvero avuto fortuna”. Gallo, guida alpina, si trova in Nepal con i ricercatori Gabriele Tartari, Alessandro Oggioni e Adolfo Depaolis. Il gruppo, impegnato in una missione del Comitato EvK2cnr per lo studio dei laghi d’alta quota, è diretto al laboratorio Piramide.
Subito dopo lo schianto, il velivolo ha preso fuoco. Ci sono volute due ore prima che le forze dell’ordine nepalesi riuscissero a domare le fiamme. Dell’aereo, ora, resta ben poco: solo pochi resti, scivolati a valle di una cinquantina di metri, lungo il dirupo, durante l’incendio.
La notizia ha fatto in pochi minuti il giro del mondo. Il piccolo aeroporto di Lukla, situato a 2.860 metri di quota e dedicato a Sir Edmund Hillary e Tenzing Norgay, i primi salitori dell’Everest, è infatti lo snodo principale del turismo nella valle del Khumbu. Dista mezz’ora di volo da Kathmandu e ha una pista lunga poco più di 500 metri e larga soltanto 20.
L’aeroporto serve praticamente tutte le spedizioni alpinistiche e i gruppi di trekkinisti diretti sulle montagne dell’Himalaya orientale. Una ventina di voli quotidiani, effettuati da diverse compagnie aeree, che in questi giorni incontrano gravi problemi a causa del maltempo.
“E’ una stagione bruttissima – spiega Gallo -, abbiamo avuto una fortuna micidiale a volare ieri perchè ogni giorno piove ed e i voli vengono cancellati proprio perchè non è facile far atterrare. Ieri hanno fatto una dozzina di voli, ma erano fermi da due giorni. All’aeroeporto di kathmandu c’è una pressione elevata, molte persone cercano di volare. Stamattina il tempo era un po’ incerto ma alla fine sono partiti”.
“Dicono che questo sia l’incidente aereo più grave che si sia mai registrato all’aereoporto di Lukla” conclude Gallo. Il più grave, finora, contava 17 morti: avvenne nel 1991, quando un aereo della Royal Nepal Airlines si schiantò a causa del maltempo. Nel 2004 tre persone dell’equipaggio morirono su un aereo della Yeti Airlines che per le nubi, andò a sbattere contro la Lamjura hill mentre si avvicinava all’aeroporto di Lukla. L’anno dopo un altro aereo, della Gorkha Airlines mancò la pista d’atterraggio e ci furono 12 feriti.
Nella storia dei voli su Lukla, è da citare anche l’incidente in cui morirono, nel 1975, la prima moglie e la figlia di Sir Hillary, venute in Nepal per fare un sopralluogo sulle attività e i progetti svolti dall’Himalayan Trust.
Sara Sottocornola

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