Storia dell'alpinismo

Donne e montagne: La forza di Tamara

[:it]La Festa della Donna è l’occasione perfetta per inaugurare quello che spero diventerà una rubrica, in cui raccontare le storie delle tante donne che in molti modi sono legate alle montagne.

Molto spesso le montagne e le vette, tra l’altro sostantivi femminili, sono associate agli uomini ed il pensiero comune, che per secoli ha dominato il mondo della montagna, è tutto riassunto nelle ironiche parole, citate anche da Messner nel proprio libro “On top. Donne in Montagna”, di Paul Preusa: “La donna è la rovina dell’alpinismo”.

Grazie alle tante donne che nei secoli hanno sfidato i pregiudizi che sentenziavano senza appello la loro incapacità di andare in montagna, per presunte ragioni fisiche e mentali, questi sono stati abbattuti. Ciò ha permesso di scoprire che, nella realtà dei fatti, le donne e le montagne hanno un rapporto speciale, grazie proprio alla forza del gentil sesso, che, per natura, è capace di soffrire, lottare e sacrificarsi quando necessario.

Questa prima “puntata” la voglio pertanto dedicare ad una grande donna che in questi mesi abbiamo seguito da vicino fino a due passi dalla cima del Nanga Parbat: Tamara Lunger.

Photo courtesy Tamara Lunger website
Photo courtesy Tamara Lunger website

Tamara Lunger, nata a Bolzano nel 1986, vive tutta la sua vita sulle montagne. Inizia nel 2002 come scialpinista, seguendo le orme del padre, vincendo importanti gare e diventando campionessa italiana (nel 2006 e nel 2008) e campionessa mondiale sulla lunga distanza (nel 2008). Nel 2003 galeotto è un articolo che raccontava la salita sull’Everest di Manuela Di Centa: “ci pensai e decisi che un giorno lo avrei fatto anche io”.

A giocare un ruolo fondamentale è certamente anche il fato: l’insegnante di educazione fisica delle medie di Tamara è infatti Barbara Zwerger, moglie di Simone Moro, la quale da subito intuisce la grande forza, mentale e fisica, dell’allieva, che ama la fatica ed è capace di soffrire.

Grazie a Barbara, Tamara, finito il liceo, conosce Simone, a cui fa la domanda che le cambierà la vita: “quando mi porti in Himalaya?”. È il 2009 e Simone Moro risponde finalmente all’appello di Tamara portandola con lui in Nepal a tentare la vetta del Cho Oyu. Nonostante i due debbano ripiegare sulla vetta dell’Island Peak (6189 m), a causa della chiusura da parte della Cina del confine tra Nepal e Tibet, da quel momento nessuno ha più fermato Tamara, perché nulla poteva esserle più chiaro: “Questa è la vita che voglio, niente di diverso”. Così inizia a realizzare i suoi sogni.

Nel 2010 Tamara diventa la più giovane donna ad aver raggiunto la vetta del Lothse, 8.516 metri, con l’ossigeno, giurando a se stessa che mai lo avrebbe più usato. Nel 2010 tenta nuovamente il Cho Oyu fermandosi a 7750 mt. In quell’anno, sulla stessa montagna moriva Walter Nones: Tamara contribuisce al recupero del corpo di Nones, un’esperienza che la segna tanto da affermare “mi portò via il mio amore per le montagne”, che fortunatamente però torna.

Nel 2011 sale il Khan Tengri (7010 m), nel 2012 il Muztgah Ata (7546 m) e tenta il Broad Peak (8047 m). Nel 2013 arriva la vetta del Pik Lenin (7134 m) ed esegue anche “The Great Crossing”, una traversata in Pakistan con 150 Km di sci alpinismo e la salita di due vette inviolate di 6345m e 6489m. Nel 2014 diventa la seconda donna italiana a conquistare il K2 dopo Nives Meroi.

È il 2015 quando Simone Moro le propone di far cordata con lui per un’invernale al Manaslu: i due non arrivano in vetta, ma certamente pongono le fondamenta di quella che diverrà una pagina importante dell’alpinismo: l’invernale al Nanga.

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Photo courtesy Tamara Lunger facebook page

Quello che è successo sul versante Diamir è storia dei nostri giorni, lo abbiamo ampiamente narrato durante gli ottanta giorni di permanenza sulla montagna e purtroppo abbiamo anche raccontato che Tamara non è riuscita a raggiungere assieme ai suoi compagni la vetta del Nanga Parbat, diventando così la prima donna a salire un 8000 inviolato in inverno, un primato assoluto.

Ma forse proprio da lei e dalla sua rinuncia arriva uno dei messaggi umanamente più belli di questa impresa, che probabilmente non a caso giunge dall’anima forte e gentile di una donna.

Rinunciare alla propria gloria personale per non mettere in pericolo i propri compagni di cordata, che in quelle condizioni non sarebbero riusciti ad assisterla nella discesa: una decisione che in pochi avrebbero saputo prendere, come ha raccontato Simone Moro.

Tamara, la ragazza che sorride sempre anche a 50 gradi sotto zero, ci dà un esempio splendido di forza fisica, ma soprattutto mentale, di coraggio, determinazione, altruismo e solidarietà. La sua storia è un perfetto augurio a tutte le donne in questa giornata a loro dedicata.[:]

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2 Commenti

  1. Dai ,alla fin fine simone e tamara ,si son fatti una bella luna di miele và là .Direi che ora son pronti ambedue per l’ISOLA DEI FAMOSI magari in compagnia anche del Da Polenza…………………

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