Alpinismo

Himalaya: il ruolo sempre più importante delle previsioni meteo

12418922_838619136249155_8501836103762129857_o-219x300Una querelle tra il giornalista Alessandro Filippini e il meteorologo Filippo Thiery mette in luce l’importanza delle previsioni meteorologiche nelle valutazioni degli alpinisti impegnati in salite su montagne o pareti complesse e difficili. Sono decisioni che si prendono sulla base delle informazioni che i meteorologi di fiducia forniscono in tempo reale via satellite.

Nell’ambiente degli himalaysti tutti conoscono Karl Gabl, il suo numero di telefono è nella memoria del satellitare di ogni alpinista di buon livello. Gabl fornisce per amicizia, e talvolta dietro un compenso, informazioni meteo, previsioni, scenari probabilistici a chi programma la vetta, un’azione di soccorso o semplicemente a chi se ne vuole tornare a casa senza rimorsi, tanto il tempo rimane brutto. È molto bravo e si è specializzato in questo settore.

Se rileggiamo le vecchie cronache di spedizione, ci accorgiamo che la mancanza di informazioni meteo, fatti salvi i dolori reumatici e le osservazioni a vista, aveva una enorme incidenza sia nel verificarsi di eventi catastrofici sia riguardo il successo alpinistico. Si rimaneva bloccati in quota a ausa l’incapacità di prevedere l’arrivo, la durata e l’intensità di eventi atmosferici: il brutto tempo era o improvviso o non finiva più.

Oggi sappiamo in anticipo, con un buon margine di attendibilità, quasi di certezza per i primi tre giorni dell’elaborazione predittiva, quel che accade nel cielo e ad una settimana il valore probabilistico è ancora molto alto. Thiery ce lo dice in modo chiaro. Le carte e i dati a disposizione in tempo reale dei meteorologi sono in rete e la loro interpretazione avviene per modelli matematici condivisi. Per produrre buone previsioni basta essere buoni scienziati e conoscere bene la materia e la tecnica.

Sta all’alpinista poi farne buon uso e prendere le decisioni più appropriate.

Ma il margine di errore rimane, sia nella previsione, sia soprattutto nella sua interpretazione e trasformazione in attività sulla montagna da parte dell’alpinista.

Tanto che ho personalmente constatato come da una previsione comune per 6 spedizioni al campo base siano sortite almeno 4 diverse strategie operative.

Reinhold Messner alcune settimane fa ci ha detto che il Nanga ce lo si gioca con la “pazienza e la velocitá”, applicate alle corrette informazioni sul meteo, che insieme a quella umana, rimane la variabile assoluta riguardo il successo o l’insuccesso dell’impresa.

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2 Commenti

  1. Articolo lineare e preciso, mi permetto solo un piccolo approfondimento: capitano situazioni un po’ al limite (non è assolutamente il caso attuale) in cui quel margine di affidabilità o “quasi certezza” delle previsioni a breve termine si assottiglia molto, e ci riporta ai tempi in cui contava tanto il fiuto del’alpinista.
    I massimi secondari della corrente a getto, per esempio, hanno dinamiche molto più rapide e impredicibili del letto principale del jet stream: se la dinamica di quest’ultimo riesce a essere delineata con giorni di anticipo senza troppe sorprese, quella dei primi a volte si comporta come una palla da biliardo impazzita, portando alcune ore di raffiche anche molto forti, il cui verificarsi ti appare nelle carte praticamente in tempo reale.
    Questo per dire che, anche nell’era di previsioni molto affidabili, resta un ruolo cruciale al naso dell’alpinista nel leggere i segnali del cielo e della montagna, naso che a volte arriva prima delle carte meteorologiche.

  2. Articolo estremamente interessante. Io chiaramente mi limito a scalare in italia/europa su pareti dove alla peggio una doppia ti salva sempre, ma sono sempre stato incuriosito dal meteo, qui si parla di modelli matematici tranquillamente condivisi, qualcuno sa dirmi quali vengono usati / dove possono essere reperiti? Ho spulciato internet in lungo e in largo ma ho sempre e solo trovato software preconfezionati di dubbia utilità. Grazie a tutti e complimenti per l’articolo

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