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Pakistan fra tensioni e leggi marziali

ISLAMABAD, Pakistan — Legge marziale e repressione. E’ questo il clima che si respira da qualche giorno in Pakistan, dove il leader Pervez Musharraf è passato alle maniere forti per difendere la capitale messa ferro e fuoco dai dissidenti dopo il rientro in patria di Benazir Bhutto. Ecco il commento di Lorenzo Cremonesi, inviato del Corriere della Sera, che abbiamo raggiunto a Islamabad poche ore dopo la sua intervista con il presidente pakistano.

Cremonesi, che clima si respira oggi in Pakistan?
Fino ad ora, a circa dieci giorni dal mini-golpe bianco di Musharraf e dopo le tensioni relative alll’attentato alla Bhutto del 18 ottobre, le proteste dell’opposizione sono molto limitate. Lo osservavo anche pochi minuti fa in uno dei quartieri residenziali della città, dove si sta svolgendo una manifestazione di giornalisti e avvocati: non sono più di 300-400 persone. Il fenomeno della diffidenza è legato a pochissime elìte intellettuali: cioè poche migliaia di persone in un Paese di 160 milioni di abitanti.
 
La tensione quindi non riguarda altri territori?
Al di fuori delle grandi città c’è una vita assolutamente normale. Per esempio Lahore, grande città dove la Bhutto tra l’altro è stata rinchiusa ai domiciliari e dove oggi è stato arrestato uno dei leader del movimento di opposizione, dovrebbe essere il cuore della resistenza civile a Musharraf. Ma ieri, nel giorno che doveva essere quello della "lunga marcia" fino a Islamabad invocata dalla Bhutto, non c’era assolutamente nulla al di là dello schieramento limitato delle truppe – un migliaio circa di militari e poliziotti – attorno alla residenza della Bhutto. Per il resto, tutto normale: traffico, negozi aperti, gente in giro per le strade.
 
Sulle montagne com’è la situazione?
Anche nelle campagne sembra tutto calmo. Con la sola eccezione delle zone tribali al confine con l’Afghanistan dove sono cresciuti i movimenti della guerriglia islamica estremista legata ai talebani e a Al Qaeda: sono zone tradizionalmente di radicalismo islamico e opposizione al regime.
 
Tra la Bhutto e Musharraf, chi la spunterà?
Le variabili in ballo sono troppo grandi per fare una previsione. Io comunque non credo che la Bhutto abbia un grande seguito: è guardata con sospetto anche dalla stessa opposizione cui lei invece guarda nella speranza di diventare il leader. Non si fidano di lei e non hanno gradito l’accordo che aveva stipulato con Musharraf due mesi fa. La dichiarazione dura, di ieri – in cui diceva che non avrebbe mai più collaborato con Musharraf, che anzi dovrebbe abbandonare la sua posizione – le ha però fatto guadagnare molti punti presso l’opposizione. Più lei rompe con Musharraf più può sperare di trovare maggior seguito in questi ambienti.
 
La Bhutto è davvero la "paladina" della democrazia che dipingono i media occidentali?
No. La Bhutto, non dimentichiamo, è stata due volte primo ministro e non è una nuova arrivata. Tutte e due le volte è finita male ed è andata in esilio. Ma non perchè espulsa: ci è andata perchè ha scelto di fuggire di fronte a gravissime accuse di corruzione mosse contro di lei e il marito. Lei è un personaggio ambiguo, che la vera opposizione guarda con estremo sospetto e con estrema cautela.
 
Musharraf è davvero l’unico che può dare stabilità al Paese, oggi?
Lui si presenta come l’unico perchè si sente forte degli americani che continuano a dargli il loro sostegno. Gioca la carta dell’unico che può battere il terrorismo. In un certo senso "strumentalizza" la paura del terrorismo "pro domo sua". In questo momento, infatti, è l’uomo dell’esercito, è il vero potere forte e riesce a imporsi sul Paese. Ma questo non vuol dire che non possa un giorno cadere per un colpo di stato interno o per altri motivi. Per ora, comunque, è un uomo forte.
 
C’è il pericolo che Al Qaeda si inserisca in questa lotta di potere?
Ci si è già inserita nel momento in cui la Bhutto è arrivata ed è scoppiata la bomba che ha ucciso quasi centoquaranta persone e ferito altre quattrocento. Si è inserita per il modo in cui è strumentalizzata da Musharraf che lo usa per legittimare la legge marziale, la repressione. E poi comunque perchè è un elemento in crescita nelle zone tribali e sta guadagnando terreno.
 
Questo clima continuerà fino alle elezioni di gennaio?
E’ fin dagli anni Novanta che le zone tribali pakistane sono influenzate dal fenomeno talebano. Anzi, grazie all’impunità goduta dagli estremisti in queste zone tribali, retrovie sicure dell’Afghanistan, il loro movimento si è fortificato. I terroristi quasi certamente colpiranno ancora. Un regime militare, dal punto di vista strettamente dell’efficienza, ovviamente aiuta.
 
Sara Sottocornola
 
 
Leggi l’intervista di Lorenzo Cremonesi a Musharraf (Corriere della Sera): 
"Occidente, ti sbagli: non sono un dittatore"

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