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Trento Film Festival, i vincitori della 62esima edizione


Serata finale 62esima edizione del Trento Film Festival (Photo www.trentofestival.it)
Serata finale 62esima edizione del Trento Film Festival (Photo www.trentofestival.it)

TRENTO — E’ il regista tedesco Sebastian Mez il vincitore della Genziana d’Oro – Gran Premio Città di Trento del 62esimo Trento Film Festival. La giuria internazionale ha premiato con la genziana più ambita il suo film “Metamorphosen”, un’opera che mette in scena con rigore la visione del regista, attraverso un linguaggio cinematografico impressionante e coerente. Usando la potenza del cinema, il film rivela una catastrofe ambientale e le popolazioni che tuttora ne subiscono le conseguenze”. Il film di Sebastian Mez, racconta la vita della popolazione di una remota e vasta zona degli Urali contaminata alla metà degli anni ’50 da un’esplosione nucleare. Abbandonata a sé stessa abita ancora oggi lungo il fiume Techa, nel bel mezzo di un placido inferno radioattivo.

Al regista polacco Bartek Swiderski è andata la Genziana d’oro del Club Alpino Italiano per il miglior  film di alpinismo. E’ “Sati”, film inusuale per la giuria questo toccante ricordo di Piotr Morawski, conquistatore di sei Ottomila, morto in Himalaya nel 2009 attraverso le parole della moglie Olga.

La Genziana d’Oro della Città di Bolzano per il miglior film di esplorazione e avventura è andata al documentario “Janapar: love on bike” del regista inglese James Newton, racconto di un lungo viaggio in bicicletta che diventa un’avventura di vita.

Il premio della Giuria se lo aggiudica “Happiness” del regista francese Tomas Balmès, la storia di monaco bambino che vive con sua madre a Laya, un villaggio del Bhutan abbarbicato sulle alture himalayane. Un documentario che costituisce uno straordinario scorcio sulla società bhutanese e sui cambiamenti che sta affrontando, creato con rispetto e amore.

Le genziane d’argento sono state così assegnate: per il miglior cortometraggio al documentario francese “Le lampe au beurre de yak” del regista Hu Wei, un ritratto sfaccettato della situazione tibetana, e delle diverse reazioni del popolo Tibetano a questo momento storico difficile e di mutamento. La genziana d’argento per il miglior contributo tecnico artistico al documentario “The creator of the jungle” del regista spagnolo Jordi Morató, documentario su un personaggio eccentrico quanto straordinario, il signor Garrel, fedele alla sua visione artistica, malgrado ogni condizionamento.

Per quanto riguarda i riconoscimenti dell’edizione del Festival 2014 il Premio Museo usi e costumi della gente trentina è stato asegnato a “Still” del tedesco Matti Bauer, mentre il premio “Mario Bello” per il miglior film di alpinismo realizzato da cineasti emergenti o professionisti, anche con budget limitato è andato a “De Balans” del regista olandese Mark Ram. Il Premio “Citta’ di Imola” 2014 per il miglior film, documentario o fiction di autore italiano e prodotto in Italia, lo vince “Verso dove” di Luca Bich. Ancora: il premio solidarieta’ cassa rurale di Trento va a “The grocer” di Dimitris Koutsiabasakos; il premio studenti Università di Trento, Bolzano e Innsbruck va a “La lampe au beurre de yak”; il premio Lorenzo Lucianer al miglior reportage televisivo è vinto da “Mezzalama maratona di ghiaccio” di Angelo Poli. Infine il premio ‘Spirito Outdoor IOG’ lo vince il film “Berge im kopf” di Matthias Affolter.

“La 62a edizione è andata così bene che diventa una spinta per le edizioni del futuro – ha dichiarato Roberto De Martin, presidente del Festival -. Saranno edizioni che affronteranno anche filoni nuovi come ho avuto modo di dire in occasione dell’ultima serata all’Auditorium Santa Chiara, come il rapporto tra montagna e architettura, in analogia al fatto che quest’anno abbiamo approfondito il rapporto tra montagna e musica. Credo comunque che l’eredità più significativa di questa edizione sia il rinnovato auspicio che ci sia una montagna per la vita e non per la morte, così come ha sintetizzato il bel documento di Oreste Forno presentato in occasione dell’incontro dedicato al suo ultimo libro La farfalla sul ghiacciaio. Ben sette incontri di questa edizione hanno dato eco a questo messaggio, ad incominciare dalla serata dedicata al valore della rinuncia di Simone Moro. In questa  linea abbiamo richiamato una mostra di trent’anni fa del Festival ‘Montagna da salvare Montagna da vivere’. Oggi potremmo dire  ancora ‘Alpinismo da salvare, montagna da vivere’.”

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2 Commenti

  1. una volta era il festival della montagna
    adesso la montagna è diventata un tema secondario
    povera montagna …
    per me era assai meglio prima

  2. al festival della montagna
    scarseggiano i film di montagna
    povera montagna …
    eppure in montagna si incontra più gente appassionata di una volta, alpinisti compresi
    ciao ciao

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