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Verza: ghiacciai rischiosi, ecco cosa fare

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BERGAMO — "E’ un problema che tocca tutti coloro che fanno le vie classiche su ghiaccio, quelle che una volta si facevano con una certa tranquillità perchè c’era molta neve, e perchè la neve teneva". Così la guida alpina Giampietro Verza, grande curriculum alpino e himalayano, commenta il fatto che l’alpinismo possa essere diventato più rischioso a causa del riscaldamento climatico. E invita alla prudenza.

"Tra i numerosi allarmi climatici odierni – spiega Verza -, questo è sicuramente uno dei più immediati e tangibili, perchè quando quest’estate ci sarà una grande affluenza ai rifugi e sulle cime, le difficoltà saranno reali. E toccheranno la maggior parte del pubblico, anche i semplici escursionisti. Non solo gli alpinisti in parete, che sono se vogliamo una porzione del totale di appassionati d’alta quota.
 
Oggi, infatti, il pericolo sui ghiacciai è da considerare molto più elevato per la maggior parte delle camminate su ghiacciaio. Oggi, andare al Cevedale potrebbe essere considerato molto più pericoloso e più complesso di una volta, perchè bisogna evitare più crepacci, perchè i ponti tengono di meno, perchè le giornate estive non sono mai abbastanza fredde il mattino presto.
 
Ad esempio, l’approccio ai ghiacciai diventa più complesso perchè il loro livello si è abbassato. In molti punti, dove una volta si accedeva al ghiacciaio col sentiero, oggi bisogna fare dei saliscendi impegnativi. Le morene sono recenti, molto umide e molto fangose.
 
Tante vie nevose diventano vie dove devi usare i ramponi. Bisogna prestare molta attenzione all’attraversamento dei torrenti glaciali, perchè se la mattina alcuni si possono superare facilmente, con temperature alte possono diventare impetuosi, pericolosi, e rendere impraticabili alcuni ponti.
 
Un altro problema – avverte Verza – sono le crepacciate terminali. Molte che prima erano facili diventano complicate perchè il ghiacciaio si abbassa rispetto alla montagna. Naturalmente ci vuole un’estrema attenzione ai bordi dei ghiacciai, dove lo spessore del ghiaccio si assottiglia, e alle zone possibilmente franose o esposte.
 
Un’altra conseguenza di questi cambiamenti è che si trova meno acqua in giro. Sorgenti che arrivano da nevai o ghiacciai, spesso si trovano solo ad inizio stagione e poi seccano.
Nelle Alpi questi problemi sono sicuramente più gravi che in Himalaya – prosegue Verza -. Laggiù i monsoni alimentano ancora bene l’innevamento delle montagne anche se l’abbassamento dei ghiacciai si vede anche lì e l’avvicinamento può diventare pericoloso in alcuni punti.
 
Quest’anno poi, sulle Alpi avremo un’estate più calda del solito per l’azione del Nino – prosegue Verza, che è anche responsabile delle stazioni meteo del Comitato Ev-K2-Cnr -. Quest’inverno il Nino ha scaldato le zone tropicali, e noi sulle Alpi ne risentiremo l’effetto durente l’estate che sarà torrida e magari allo stesso tempo temporalesca.
Testimonianza è il fatto che a fine maggio, sul ghiacciaio dei Forni, in Alta Valtellina, scompariva già la neve a 2700 metri.
 
E’ quindi indispensabile – conclude Verza – che le persone prestino la massima attenzione quando si dirigono in alta quota. Più del solito. Bisogna stare attenti alle mattine calde, se si devono affrontare salite impegnative o lunghe. E arrivare fino a cambiare obiettivo, se di notte non ha gelato o ha fatto caldo.
 
Diventa più importante di prima il motto di partire presto. Perchè se le temperature medie sono più alte, è l’unico modo per avere maggior sicurezza. Bisogna saper dire di no ai compagni ed eventualmente anche ai rifugisti che propongono colazioni e partenze tardi.
 
Piuttosto, farsi preparare il thermos, ma partire di notte, con il buio. Adesso c’è la filosofia
che "siamo tutti veloci, va sempre bene, ce la prendiamo comoda". Invece no, è pericoloso. Se si vuole affrontare con serenità e tranquillità la salita su ghiacciaio, è necessario prendere le debite precauzioni.
 
Giampietro Verza

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