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Torre Egger, la sfida della "vera" Ovest. Intervista ad Ermanno Salvaterra

Salvaterra e compagni alla Ovest della Egger (Photo Ermanno Salvaterra)
Salvaterra e compagni alla Ovest della Egger (Photo Ermanno Salvaterra)

PINZOLO, Trento – È appena tornato dalla Patagonia dove questo autunno ha salito una buona parte della cosiddetta “pera” della Torre Egger, chiamata da molti la “vera parete Ovest” della montagna. Da quel versante nessuno è mai arrivato in cima passando al centro del muro verticale, che costituisce una grande sfida: Ermanno Salvaterra e i suoi tre compagni però quest’anno hanno fatto un passo avanti per risolvere uno dei “problemi” ancora aperti dell’alpinismo patagonico. Due suoi compagni di spedizione, Tomas Franchini e Francesco Salvaterra, hanno poi aperto un’altra bella via sul Cerro Rincòn: una linea che sale costantemente sotto la minaccia di un seracco strapiombante e proprio per la sua pericolosità, mai salita da nessuno. Dettagli, foto e vie: Ermanno Salvaterra ci ha raccontato tutto in questa esclusiva intervista.

Allora Ermanno, la vera Ovest della Torre Egger si può fare?
Eh sì…(ride). È andata bene e direi che la parete è stata meglio di quel che ci aspettavamo, nel senso che l’abbiamo trovata più lavorata di quel che credevamo. È stata una grossissima soddisfazione.

La via di Salvaterra e soci sulla Pera della Egger (Photo Ermanno Salvaterra)
La via di Salvaterra e soci sulla Pera della Egger (Photo Ermanno Salvaterra)

La via dove sale?
Più o meno in centro. Parte esattamente dove erano partiti nel ’96 Sarchi, Dal Prà e Nadali: dopo lo zoccolo iniziale, avevano fatto un paio di tiri che noi abbiamo risalito e poi, spostandoci appena a destra, siamo andati su dritti. Dall’inizio della parete vera e proprio, più o meno, avremo salito 350 metri. Come via di roccia saremo a metà strada dalla fine. È impegnativa, soprattutto perché si sta tanti giorni in parete.

Chi erano i tuoi compagni?
Tomas Franchini, che è diventato aspirante Guida alpina quest’anno, è maestro di sci e ad arrampicare è davvero molto forte. Nonostante la giovane età, ha 24 anni, è anche uno con la testa. Era già stato in Patagonia l’anno scorso. Poi c’era Francesco Salvaterra: gli manca un esame per diventare aspirante guida e anche lui tecnicamente ad arrampicare è molto forte, e tutti e due fisicamente sono due mostri. Io e Francesco non siamo imparentati, viene solo dallo stesso paese di mio padre. Li ho conosciuti entrambi ai corsi Guida perché sono stato loro istruttore. Infine c’era Paolo Grisa, lui è di Bergamo ed è un ragazzo molto più tranquillo degli altri due.

Come vi siete trovati?
Molto bene. Inizialmente era venuto fuori che ci poteva essere qualcuno che ci avrebbe potuto aiutare a portare i materiali nei trasporti, pagando, ma io ho detto subito di no. Perché mi piace portarmi le mie cose, pur avendo la mia età, mi piace vivere la fase dei trasporti perché anche quelli fanno parte della storia. Con i giovani mi trovo bene, vado ad arrampicare spesso con i ragazzi, ma la spedizione è un’altra cosa: un conto è una via sulle Alpi dove alla sera o al giorno dopo torni a casa, un conto è una spedizione in cui bisogna convivere per tanto tempo. Con gli anni si ha una testa diversa dai giovani. Con loro è stato molto bello, io sono stato molto contento di loro e loro di me.

10 giorni in parete, sono stati duri?
Sì.10 o 11 giorni in parete, e in totale avremo trovato un paio di giorni di bel tempo. Abbiamo arrampicato anche col brutto tempo.

Tu quella via l’avevi già pensata nel ’97 ma quella volta avevate cambiato idea. Ti era rimasta in testa?
Sì. Era rimasta anche ad Andrea Sarchi che da qualche anno mi diceva ‘se torno in Patagonia voglio andare a provare la Ovest della Egger’, e lo scorso anno glie l’avevo proposto. Inizialmente mi aveva anche detto sì, poi alla fine mi ha detto che sinceramente non se la sentiva.

Qual è la parte più dura della salita? E come mai secondo te nessuno prima era riuscito a salire tanto?
La via è tutta difficile. Forse ai tempi nostri sono pochi quelli disposti a rimanere in parete molti giorni.

La via al Cerro Rincon di Franchini e Francesco Salvaterra (Photo Ermanno Salvaterra)
La via al Cerro Rincon di Franchini e Francesco Salvaterra (Photo Ermanno Salvaterra)

I tuoi compagni poi hanno aperto una via al Cerro Rincòn, vero?
La vedevano di fronte e gliene ho parlato, perché quella linea io l’avevo vista molti anni fa. Il problema della via è che quando sali in alto hai un grosso seracco, e avere un seracco sopra la testa per tutto il tempo è un bel rebus, è un alto rischio. Anche se poi devo dire che delle due volte che sono stato lì, quel seracco non l’ho mai visto scaricare. Quando Tomas e Francesco hanno deciso di andare io ho deciso di lasciar stare, perché avevamo in mente i giorni dopo di tentare la via dei Ragni al Torre, che poi non abbiamo fatto per il brutto tempo, e quindi volevo conservare le forze. Li ho seguiti da lontano e vedendoli mi è dispiaciuto non essere lì con loro. Sono stati bravi, molto veloci a salire, in 7 ore erano in cima. La loro è una via nuova: parlando con Rolo (ndr. Rolando Garibotti) mi ha detto ‘ah però, alla fine l’hanno fatta..’, perché nessuno ci aveva provato finora per via del seracco. Quel seracco sarà alto 70, 80 metri e strapiomba sulla parete in modo esagerato, 50 metri. Scendendo Tomas e Francesco, anziché la parete, hanno scelto i ghiacciai e i nevai di lato, facendo una sola corda doppia in fondo. Quando ci siamo incontrati alla truna abbiamo visto tre grosse scariche staccarsi da dove erano passati loro. Infatti la via l’hanno chiamata la “Ruleta trentina” perché alla fine è stata una roulette.

E dopo la Egger Tomas Franchini si è fatto male…
Si negli ultimi giorni avevano ancora voglia di arrampicare, perché sono giovani ed eravamo lì. Tomas ha salito la via Exocet alla Standhardt  e lo stesso giorno Francesco è andato alla Mermoz senza arrivare in cima. Poi hanno deciso per la Supercanaleta al Fizt Roy. Io non sono andato perché avevo un appuntamento a El Calafate con un fotografo. Tomas e Francesco hanno salito i primi mille metri veloci slegati, poi quando si sono messi in cordata Tomas ha messo la piccozza su una lastra di roccia ed è venuto via, cadendo un paio di metri. L’ha tenuto un friend ma è finito con un piede in una fessura e gli si è proprio girata la gamba. Ha detto di aver sentito male e il rumore delle ossa. A quel punto sono scesi ovviamente. Adesso è in ospedale e forse lo operano oggi.

 

Foto di Ermanno Salvaterra

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