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Karakorum, Arandu: le porte dell’inferno ghiacciato o la vita vera?

Arandu, il villaggio più alto attorno al parco del K2: 3300 metri, in un piccolo spazio fra due ghiacciai
Arandu, il villaggio più alto attorno al parco del K2: 3300 metri, in un piccolo spazio fra due ghiacciai

ARANDU, Pakistan – “Salgo ad Arandu, il villaggio più alto attorno al parco del K2: 3300 metri, in un piccolo spazio fra due ghiacciai. Da un lato c’è il lunghissimo Chogo Lugma, che scende dai 7027 metri dello Spantik peak fino a meno di 500 metri dal villaggio, dall’altro un ghiacciaio minore, appena sotto il villaggio che chiude la strada verso valle, e purtroppo per loro, sta crescendo di anno in anno”. Questo il racconto di Maurizio Gallo, responsabile delle attività in Pakistan del Comitato EvK2Cnr attualmente in Pakistan per seguire il Seed – Social, Economic and Environmental Development – un progetto promosso dal Comitato EvK2Cnr e dalla Karakorum International University e realizzato nel quadro dell’accordo della conversione del debito per lo sviluppo tra Italia e Pakistan.

“Il ghiacciaio ha già coperto parte del terreno coltivato che circonda il villaggio. Si tratta della “Karakorum anomaly”: i ghiacciai del Karakorum non si stanno riducendo per effetto di riscaldamento del pianeta ma sono stabili o addirittura si estendono, studiata dai glaciologi diventa per Arandu motivo di pericolo e rischio di distruzione dell’intero villaggio.

Siamo  nei giorni che precedono l’arrivo dell’inverno, la vita è frenetica  per sfruttare a pieno gli ultimi giorni utili prima della neve.  Poi inverno:  da fine novembre ad aprile il villaggio rimane isolato da tutto, con temperature che per due mesi non superano i -25 e spesso  vanno sotto i -35, se poi si aggiunge l’effetto del vento, che attraversa le case scendendo dal ghiacciaio…

Senza ospedale, senza telefono , senza strada, senza base militare che può garantire collegamento radio. Qui si vive con la natura , e contro la natura: 1000 umani, 3000 capre, 3000 pecore,  1000 bovini con diversi incroci, 50 yak.

Ogni anno più di 150 animali vengono predati dallo snow leopard, dal lupo e dall’orso: per difendersi che fare?  Ho visto per la prima volta la trappola per lo snow leopard, un recinto di pietra altro più di 2 metri con tetto che sporge all’ interno e con reti metalliche che completano la copertura.  Come funziona? Dopo che ha assalito di notte il gregge, alcuni capi morti rimasti vengono trattati con un infuso di un erba velenosa raccolta dalle donne  e portati dentro al recinto: lo snow leopard infatti, torna sempre sul luogo del delitto, risalta dentro il recinto e azzanna le capre già morte, così da morire avvelenato anche lui.

Le piante medicinali e il loro uso fanno parte della cultura ancestrale del villaggio e sono il rimedio ad ogni problema. Le donne sono le maestre: c’è l’erba per le digestione, per la dissenteria, per il dopo parto,  per il ciclo mestruale.

Donne,  che si sposano a 14 anni e poi hanno spesso 12 figli, che in questi  giorni si riuniscono in cerchio per battere la lana con dei bastoni flessibili. In cerchio per setacciare il Daal, lenticchia che, con la farina, è alla base dell’alimentazione e viene poi conservato in rudimentali madie e protetto dai topi con trappole fatte scavando i sassi del fiume. Donne che lavano per ultima volta i vestiti sul gelido fiume prima dell’inverno e li mettono ad asciugare sulle pietre, che vanno a raccogliere legna con carichi che superano abbondantemente i 30 kg, legna che viene depositata tutta intorno alla casa per poi creare un cuscinetto d’aria una volta coperta dalla coltre di neve.

Uomini che spargono sui campi il letame,  che cercano oro sul fiume scavando una buca nella sabbia accumulatosi durante il periodo estivo e setacciandola su attrezzi rudimentali.

Bambini che portano al pascolo il gregge,  che battono con lunghi legni i rami degli alberi per far cadere le foglie, che portano in spalla i fratellini più piccoli che la madre non può seguire, presa da mille altre cose, che si rincorrono prima di rinchiudersi in casa.

Casa:  durante l’inverno si vive al piano interrato nel “kaza” una buca senza finestre in cui si accende il fuoco che deve rimanere acceso 24 ore su 24, dandosi i turni fra la nonna, le donne e le bambine  con fumo dappertutto , dove si vive insieme a capre e pecore per il latte, si esce solo per portare dentro la legna da bruciare. Io sono stato in molti altri villaggi “estremi”: Askole, Husey , Hispar, ma qui e veramente più dura.

Sono qui per portare a 30 case delle stufe che ho pensato prendendo spunto dal principio delle stufe cortinesi, prodotte a Skardu con tecnologia locale, che nel prossimo inverno faremo testare da 30 famiglie per verificare il risparmio di legname e le migliori condizioni di vita dentro il Kaza portando fuori il fumo e con boiler acqua calda. Vedremo , ma comunque tutti vogliono provarle…

Da trekker, quando sono passato qui con dei clienti, non mi ero accorto di nulla: si, ho scattato qualche foto, ho visto un po’ di sporcizia nelle facce e per terra, ma quando come questa volta sono entrato nelle loro case, mi sono seduto con loro, ho sentito l’odore nauseabondo dello yogurt fatto dentro la pelle della capra morta, dei cavoli immersi a macerare in acqua sporca, ho capito che chi frequenta queste montagne in realtà non si rende minimamente conto di niente. Pure mi è venuta subito in mente la settimana scorsa trascorsa nelle aule dell’università ad ascoltare presentazioni sul climate change, sull’ inquinamento prodotto dal legno bruciato nei Kaza, misurato da sofisticatissimi e costosissimi strumenti. Mamma mia!”

 

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