Alpinismo

Da Polenza: ho voglia di Riccardo Cassin

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BERGAMO — Ho voglia di Riccardo Cassin, di Walter Bonatti, perfino di Casimiro Ferrari e del Negri, il Pino s’intende, e delle accese polemiche di Maestri, di Aste, del limpido alpinismo di Comici. Ho voglia di gente con idee chiare, ho necessità di lucidità…di coerenza, ma anche di palle…

Non se ne può più: di quelli che pensano e dicono tutto e il contrario di tutto, di quelli che filosofeggiano, di quelli che sociologizzano (si dice?) su tutto e tutti, pensieri e cose. Passi che lo facciano perché non hanno idee proprie. Ma nella maggior parte dei casi, si tratta di "ruffianeria congenita" o di "leccaculismo mediatico".
E così, l’uso dell’ossigeno – che nel privato e nel semipubblico è deprecato e condannato dalla stragrande maggioranza degli alpinisti per ragioni di etica sportiva e di giustizia alpinistica (nel senso che chi ha salito gli ottomila senza ossigeno non ci sta a essere paragonato agli altri ossigenati) – in pubblico sfuma e si perde. Si preferisce il “sì… ma”. Si tira in ballo che l’alpinismo, in fondo, non è uno sport. Che ci sono altre motivazioni, e poi la natura…Che non ci sono classifiche e premi. E poi siamo tutti buoni…onesti…soprattutto adesso.
“Non sta bene parlarne ora che un alpinista che conosciamo…” mi ha redarguito telefonicamente il giovane portavoce dell’associazione “Fancy Mountain” (?) Marco Astori, assicurandomi che lui è totalmente contrario all’ossigeno anche se l’ha usato, che ho ragione…ma non adesso.
Alla domanda di una giornalista su cosa pensavo della scomparsa di Pierangelo Maurizio sull’Everest – l’altro giorno in occasione della conferenza stampa su ossigeno e doping convocata da Gnaro Mondinelli in partenza per il suo 14° ottomila, il Broad Peak – ho risposto che, probabilmente, se non avesse avuto l’ossigeno Pierangelo non sarebbe salito sin lassù dove lo avevano visto l’ultima volta, si sarebbe fermato a una quota inferiore, forse sarebbe stato più facile per lui scendere o essere soccorso. Lo suggerisce la dinamica dei fatti che hanno coinvolto anche il suo compagno Marco Epis e che ci sono stati raccontati dai giornali.
Aggiungo, però, che anche altri senza ossigeno e con grandissima preparazione, penso al mio grande amico Benoît Chamoux, sono scomparsi vicino alla cima di un ottomila, perché in quell’occasione avevano in ogni caso spinto troppo avanti il limite delle loro possibilità.
Ebbene, tutto questo non si può più dire: ma come? Non è dall’esperienza, anche dalla più tragica, che si impara maggiormente? E lo scopo della stampa, dell’informazione non è quello di far sapere, affinché la gente si faccia un’opinione? Non lo vorrebbe anche Pierangelo?
C’è poi chi con grande evidenza, mentre si compiva la tragedia di Pierangelo, ha scritto che “lo spirito libero non è tutto”, insomma che ci vuole ben altro, che l’alta quota è una cosa seria e talvolta pericolosa e come tale va affrontata. Ben detto. Salvo poi, il giorno dopo, sostenere che in queste occasioni sarebbe d’uopo il silenzio. Non quello di tutti, evidentemente.
Ho dato il via a una riflessione sull’uso dell’ossigeno, aiutato dagli amici di “montagna.tv” che hanno fatto un eccellente lavoro giornalistico, perché i Cinesi stanno preparandosi a portare la fiaccola in cima all’Everest in occasione delle Olimpiadi di Pechino. Perché ho sognato che gli alpinisti – a cominciare dai più grandi come Messner, Bonatti, Diemberger, Bonington, per passare a tutti quelli che hanno salito i 14 ottomila e le pareti e le montagne più belle e difficili della terra e finire alle associazioni come l’UIAA e l’UIAGM e i club alpini di tutto il mondo – chiedessero ai cinesi di portare la fiaccola in cima all’Everest, ma con le gambe, il cuore e la testa di uomini che rispettano la montagna e lo spirito di lealtà olimpica. Ergo, senza ossigeno.
Mi rendo conto però di quanto, allo stato dei fatti, della babele e del disinteresse in cui versa l’alpinismo, sia preferibile occuparsi d’altro, guardando all’alpinismo con disincanto e con il rimpianto per la consapevolezza che le cose belle delle montagne e degli uomini che le salgono meriterebbero invece di essere ancora raccontate alla gente.
Agostino Da Polenza

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