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The Summit. Il film sulla tragedia del 2008 al K2

Ger McDonnell The-Summit (www.bigstar.tv)
Ger McDonnell The-Summit (www.bigstar.tv)

DUBLINO, Irlanda — Si chiama “The Summit” ed è il film documentario che racconta la tragedia del 2008 al K2. Selezionato in numerosi Festival cinematografici di tutto il mondo, dall’Australia agli Stati Uniti, è stato diretto dal regista irlandese Nick Ryan che insieme all’autore Mark Monroe ha cercato di ricostruire fatti e dinamiche che in quei giorni hanno portato alla morte di 11 di oltre 20 persone che si trovavano sulla “montagna delle montagne”. Solo il 20 per cento delle immagini in ambiente sono state ricostruite: il 45 per cento infatti, sono riprese originali filmate dagli alpinisti durante la salita.

Il film irlandese e americano è dedicato in particolare a Gerard McDonnell, primo alpinista d’Irlanda a toccare la vetta del K2. Secondo il racconto dei fatti di Marco Confortola, che ha condiviso con lui il cammino su quella montagna, McDonnell era morto travolto dal crollo di un seracco mentre insieme tentavano di salvare la vita a tre alpinisti coreani travolti da un altro crollo precedente.

La tragedia si svolse durante l’attacco di vetta al K2, l’1 agosto 2008. Erano 7 le spedizioni che tentavano la cima quel giorno: quella spagnola di Alberto Zerain, una coreana, una olandese, una serba, una norvegese, alcuni membri di quella organizzata dall’americano Nick Rice, e infine quella italiana di Marco Confortola. In totale 24 gli alpinisti sulla montagna, secondo i dati ricostruiti a posteriori e tenuti validi dal film di Ryan. Due alpinisti morirono durante la salita: il serbo Dren Mandic, caduto sul collo di bottiglia, e il suo portatore pakistano Jehan Baig, precipitato nel tentativo di recuperarlo. 18 arrivarono in cima, 7 dei quali senza ossigeno: durante la discesa morirono 9 persone. Le dinamiche, le colpe e le responsabilità furono poi ricostruite nei mesi successivi, sotto il fumo di tante polemiche, alimentate da ripensamenti, nuove versioni, accuse e dubbi di ogni genere.

“The Summit” tenta una ricostruzione delle dinamiche, mettendo insieme testimonianze e immagini della scalata, sia amatoriali sia professionali, sia repertorio sia ricostruite appositamente per la pellicola stessa. Ryan ha intervistato i protagonisti della vicenda al K2, a partire da Wilco van Rooijen, Pemba Gyalje Sherpa, Cecilie Skog, Marco Confortola, e Lars Nessa. Secondo quanto ha raccontato il regista ai giornalisti del magazine Outside che l’hanno incontrato al Sundance Film Festival dove il film è stato presentato, lo scopo era quello di capire e andare a fondo a quegli eventi, proprio in ragione delle contraddizioni, e delle discrepanze che fin da subito erano emerse nei racconti di chi li aveva vissuti.

Pemba Sherpa in The Summit
Pemba Sherpa in The Summit

La lavorazione della sceneggiatura è iniziata nel marzo 2009, mentre i primi test per le riprese sono stati realizzati nel 2010. Le parti ricostruite sono state girate in Svizzera, a 3700 metri di quota. Ma le immagini che suscitano più interesse sono sicuramente quelle originali. Secondo quanto ha spiegato il regista al magazine Outside “Ger aveva una telecamera. Stava facendo un documentario su Pemba, quindi lo filmava mentre scalava e al campo base. C’erano 8 o 9 ore di girato. L’alpinista svedese Fredrik Strang aveva la sua incredibile telecamera con lui, sia al base sia mentre scalava”.

Alla domanda del giornalista di Outside: “c’è o ci sarà mai un consenso unanime sulle cause dell’accaduto?”, il regista è stato ben poco possibilista. “L’alpinista basco Alberto Zerain ha detto che il problema è stato nel contare troppo sugli altri, nel dividere le responsabilità; in questo modo ti rilassi troppo e succedono cose del genere. Il climbing leader si era ammalato, il capo spedizione non voleva uscire dalla tenda, così Pemba ha preso il comando. Voglio dire, la gente si può anche chiedere perché le corde fisse non siano state attrezzate prima. Perché è stato permesso che succedesse tutto ciò. Ma i coreani controllavano tutta la situazione e avevano paura. I coreani non escono molto bene da questo film, ma questo esclusivamente in ragione delle scelte che hanno preso. Il loro è un alpinismo diverso da quello degli occidentali. Sono più propensi al rischio degli occidentali”.

Quanto alla collaborazione al film da parte dei protagonisti, non è stato sempre facile ottenere la loro disponibilità. “Per prima cosa ovviamente ho parlato con gli alpinisti – spiega Ryan -. Alcuni volevano parlare, altri no. Marco all’inizio è stato duro. E la famiglia di Ger, con cui ho parlato subito tra dicembre 2009 e gennaio, dire che era sospettosa è usare un eufemismo. Semplicemente non volevano che nient’altro fosse detto o fatto. Ma ho parlato con loro di quello che volevamo fare e come l’avremmo fatto. Poi però hanno capito la storia che volevamo raccontare e alla fine ci hanno dato pieno sostegno. Sono stati i primi a cui ho mostrato il film finito ed è stata forse la più difficile proiezione che io abbia mai fatto”.

Pemba Gyalje Sherpa ha aiutato nelle riprese. “Pemba era li con noi al momento della ricostruzione – ha concluso il regista -. E’ stato il nostro technical advisor e più di una volta ci ha fermato con i suoi ‘no, no, questo era lì, Ger era qui, Marco era là’. Ho approfondito e verificato ogni cosa. Siamo stati molto cauti perché quando fai un film come questo, con 11 morti, non puoi mai dimenticartene”.

 

Info www.outsideonline.com – http://thesummitfilm.com

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