SALERNO — Una commovente storia montagna sbarca al Giffoni Film Festival, celebre rassegna internazionale del cinema per ragazzi che si tiene in provincia di Salerno. Il film fiction di Carlo Alberto Pinelli “La Storia di Cino – Il bambino che attraversò la montagna”, è stato selezionato per il festival e verrà mostrato al pubblico e alla giuria il 25 luglio prossimo. Il film, 120 minuti e ambientato a fine Ottocento, è stato girato nelle Alpi Marittime e nel Mercantour.
Il piccolo Cino viene affidato dai genitori montanari a un losco carrettiere francese per essere condotto in Francia per lavorare negli alpeggi estivi. Durante il viaggio, Cino stringe amicizia con la coetanea Catlin, una bimba che una volta colpita da polmonite viene abbandonata lungo il percorso. Dopo svariati maltrattamenti, decide di scappare, ritrovando inaspettatamente Catlin e affrontando un incredibile viaggio di ritorno verso casa attraverso le Alp. Sarà pieno di sorprese, insidie e forze misteriose e oscure.
“Il soggetto dal quale sono partito – racconta Pinelli – affonda le sue radici in una storia realmente e forse ripetutamente accaduta alla fine dell’ ottocento. Me ne parlò, per primo, molti anni fa, lo scrittore Nuto Revelli. Poi, nelle valli del Cuneese, vari vecchi montanari mi confermarono che effettivamente in passato più di un bambino locale, dato in affitto a pastori francesi, era fuggito ed aveva attraversato alla cieca, tutto solo, la catena delle Alpi Marittime, per ritornare a casa. Nuto Revelli mi rivelò anche l’esistenza del carro che trasportava da Saluzzo al mercato di Barcelonnette i bambini più miserabili, destinati a lavorare praticamente come schiavi nelle malghe del Mercantour e dell’Ubaye. Questa storia poco nota, specchio di una miseria difficile oggi da immaginare, mi ha subito commosso e incuriosito. Mi sono presto reso conto che solo un opera di finzione avrebbe potuto penetrare davvero nelle pieghe di quella vicenda per coglierne il senso e viverne gli sviluppi con gli occhi e il bagaglio culturale di un pastorello di allora”.
Il protagonista, Cino, è interpretato da Stafano Marseglia anni 8 anni e mezzo, mentre Catlin è Francesca Zara, un anno più piccola. Nel cast anche Giovanni Anzaldo, Marc Andréoni, Jean-Louis Culloc’h, Giada Laudicina, Joana Preiss, Luca Mercier, Philippe Nahon.
“Sappiamo bene che la montagna – prosegue il regista -, per le popolazioni che vivevano stentatamente nelle sue valli, non era soltanto un accidente geografico contro cui quotidianamente lottare. Intorno alle sue gole oscure, ai suoi canaloni ghiacciati, alle sue improvvise valanghe, alla sua inquietante solitudine, si erano coagulate, nei secoli, superstizioni, credenze, leggende. Del resto chi ha pratica di alta montagna sa bene come la fatica, la paura, la radicale disumanità dei luoghi, la stessa rarefazione dell’aria, possono provocare nella psiche umana slittamenti della percezione del reale e suggerire, con insistenza, l’intervento di presenze immaginarie, positive o nemiche. Questo film può essere etichettato come una fiaba? Cioè si riduce ad una fiaba d’evasione? Si e no. Tutto dipende da cosa si intende per fiaba. Intanto perché si svolge entro un orizzonte di povertà, di fame, di brutalità molto lontano dal clima edulcorato che siamo abituati ad attribuire alle fiabe rielaborate dalla cultura borghese. Anche quelle in cui compaiono orchi e streghe. Inoltre, come tutti i veri viaggi, il film racconta la storia di un’avventura dello spirito di cui è evidente il carattere emblematico e non soltanto fiabesco: vicende che stimolano la crescita sentimentale e caratteriale del protagonista proprio perché costantemente in bilico tra una realtà particolarmente dura, spigolosa, difficile da dominare e le doti di rielaborazione fantastica proprie di un età infantile inconsapevolmente già alle soglie dell’adolescenza”.
“A dire la verità i protagonisti sono due – conclude Pinelli -. Perché il nostro Cino nella sua ardimentosa traversata delle Alpi è accompagnato, sfidato e sorretto da una co- protagonista, la quale si muove e agisce al fianco di lui, con tutta la carica della sua prorompente, infantile vivacità, perché non è consapevole di librarsi su una ambigua soglia, sospesa tra il mondo dei vivi e quello dei morti; o forse invece tra l’esserci davvero e l’essere soltanto una proiezione della fantasia del suo compagno. Comunque sia, Catlìn persegue, senza rendersene conto, una provocatoria missione di guida. Missione che assume, via via, il significato di un itinerario “ iniziatico” indispensabile per giungere alla finale e divaricata liberazione di entrambi i protagonisti. Non deve stupire che forze oscure tentino ripetutamente di impadronirsi dell’anima di quella insolita bambina (che non sa di fare già parte del mondo dei trapassati?), risucchiandola in una negativa e paurosa dimensione sovrannaturale. Infatti era tipico delle culture contadine, eredi di una tradizione pre-cristiana, considerare il cosmo come un eterno campo di battaglia in cui si scontravano, alla pari, le forze contrarie del bene e del male”.
In calce una gallery del film, con foto di Margherita Ciliberti.
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