Agostino Da Polenza: troppo affollamento genera liti, contingentare le spedizioni
BERGAMO — – “All’Everest oggi ci sono centinaia di sherpa e alpinisti. E’ come infilare 30 persone in una barca da 10: è inevitabile che scoppino liti furibonde. Bisognerebbe tornare a contingentare le spedizioni, per evitare altri eventi incresciosi come quelli capitati a Simone Moro”. Ecco il parere di Agostino Da Polenza sugli spiacevoli e a tratti incredibili eventi avvenuti all’Everest nei giorni scorsi, che hanno visto una “rissa” tra un gruppo di sherpa e gli alpinisti Simone Moro, Ueli Steck e Jon Griffith.
Da Polenza, che lavora da oltre vent’anni in Nepal, dove ha organizzato diverse spedizioni alpinistico-scientifiche e dove con il Comitato Evk2Cnr che presiede gestisce il Laboratorio Piramide, ha affidato il suo parere alle pagine del Corriere della Sera, dove nell’edizione odierna appare una sua ampia intervista a firma di Franco Brevini. Ne riportiamo alcuni brevi stralci, rimandandovi a pagina 12 del corriere per approfondire.
“Gli sherpa sono sempre stati un’etnia di montagna – dice Da Polenza -. erano carovanieri con una particolare capacità di muoversi a grandi altezze. La loro qualificazione tecnica in alta quota è iniziata negli anni 50. I guai invece sono cominciati 15 anni fa. L’elemento perturbante sono le spedizioni commerciali: da allora chiunque desiderasse, a volte per ragioni assai poco alpinistiche, salire sun un ottomila, ha potuto affidarsi a organizzazioni che sono delle vere e proprie balie della montagna”.
“Le cose sono cresciute fino al punto da esplodere – prosegue Da Polenza -, come è accaduto pochi giorni fa. In occasione del 60esimo anniversario della prima salita all’Everest, in questo momento al base ci sono circa 500 sherpa e altrettanti alpinisti occidentali. Quando hanno cominciato a salire sulla montagna gli spazi minimi vitali sono saltati. Immaginiamoci di pretendere di infilare 30 persone in una barca d a 10 posti. Non scoppierebbero forse liti furibonde? La quota e la fatica non aiutano a mantenere i nervi rilassati”.
L’unica soluzione, secondo Da Polenza, è pensare di nuovo ad una limitazione del numero di spedizioni permesse per ogni montagna, come del resto accadeva alcuni decenni fa. “Bisogna tornare a regole precise – afferma il presidente del Comitato Evk2Cnr -. Anche su una via molto richiesta come la normale dell’Everest non si dovrebbero consentire più di una decina di spedizioni, quante la montagna può fisicamente reggere. Credo che la soluzione migliore sarebbe che a questo scopo il Nepal costituisse una commissione internazionale, in cui far sedere grandi alpinisti, organizzazioni che operano sul territoiro come Evk2Cnr, soprattuto rappresentanti dei portatori, degli sherpa piu esperti, delle popolazioni del Khumbu. Da questa commissione dovrebbero emergere indicazioni operative sul futuro alpinismo dell’Himalaya”.
Ho letto di recente un libro di Michael Kodas, “”Der Gipfel des Verbrechens”, la cima del crimine, la mafia dell’Everest etc., non è un genere letterario che ami particolarmente, mette di cattivo umore, ma vi sono descritte molte situazioni simili. Se ne ricava, sicuramente, la ferma convinzione che lassù le cose siano degenerate da tempo e che si debba mettere un freno alle spedizioni commerciali. I professionisti conoscono bene la situazione, per i profani, come me, è stata una sorpresa non bella.
Un’idea:
preparare i coloro che vogliono salire l’Everest anni prima facendogli fare altri 8000, aumenterebbe il guadagno per il Nepal, aumenterebbe la sicurezza e l’Everest meno affollato. Sei andato bene? allora sei pronto per tentare l’Everest. Altrimenti no.
Il prezzo da pagare? Un pò più di affollamento sugli altri 8000.
Diminuire i prezzi per l’Everest dando la possibilità solo ad alpinisti preparati ed esperti che abbiano già salito altri 8000 e che rispettino i criteri che si decideranno al tavolo come dice Agostino.